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Lavorare a San Francisco? Attenzione: l’AI ha fatto schizzare alle stelle gli affitti



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San Francisco, meta di tanti startupper, anche italiani, sta vivendo un’impennata senza precedenti dei canoni d’affitto, trainata dall’industria dell’intelligenza artificiale. Un fenomeno che solleva interrogativi sulla sostenibilità dei prezzi e sull’equilibrio tra innovazione e accessibilità abitativa. L’insegnamento per Milano e l’Italia

Pubblicato il 3 nov 2025



San Francisco e il caro affitti
San Francisco e il caro affitti

San Francisco è una città che, da sempre, rappresenta l’epicentro della tecnologia e dell’innovazione. Ma negli ultimi mesi, qualcosa sta ulteriormente cambiando nel panorama urbano. Non è solo il mercato del lavoro a mutare: i canoni degli affitti sono aumentati del 6% nell’ultimo anno, più del doppio del tasso di crescita registrato a New York, che si attesta a un +2,5% (fonte: CoStar, citato dal New York Times). Un aumento che ha trasformato l’affitto medio a San Francisco in una cifra record: 3.315 dollari al mese, posizionandola appena sotto New York (3.360 dollari). Questo incremento, oltre a superare le media nazionale, segna un distacco evidente rispetto alle altre città americane. Ed è un dato utile da conoscere, in particolare per quegli innovatori e startupper non statunitensi che, per vari motivi, stanno valutando di trasferirsi nella terra dell’innovazione.

L’effetto AI sugli affitti di San Francisco: la gentrificazione tecnologica

La causa di questo balzo dei prezzi risiede in una sola parola: intelligenza artificiale. Le aziende di AI hanno attirato nella metropoli californiana un numero crescente di professionisti, intensificando la domanda di spazi residenziali. Le startup come Cluely, che affittano interi complessi di lusso, sono il cuore pulsante di un movimento che sta portando la città verso una gentrificazione tecnologica. Le storie raccontate dai residenti, dai proprietari e dai manager del settore sono tutte simili: lunghe file per visitare appartamenti, offerte per pagare le caparre in contante sul posto, e decisioni rapide per rispondere a una concorrenza che si fa sempre più spietata. Questo fenomeno, sebbene normale in altre metropoli durante i periodi di alta domanda, è amplificato dalla concentrazione delle aziende di A.I. e dalla crescente competizione tra i lavoratori del settore tech e quelli che non appartengono a questa nicchia.

Questi numeri parlano chiaro. Quando Cluely ha aperto il suo complesso residenziale a maggio 2025, le richieste sono state così alte che metà degli appartamenti sono stati affittati in meno di 60 giorni.

Questa situazione ha portato anche a una competizione serrata tra professionisti e non. Caroline Roche, che lavora come demand planner per Backroads, ha vissuto personalmente la difficoltà di trovare una casa, come riferisce il New York Times in questo articolo. Arrivata a San Francisco nel 2022, ha dovuto fare i conti con il mercato degli affitti sempre più stretto e competitivo.

Roche, insieme al suo partner, ha cercato per settimane e ha visitato ben 25 appartamenti in una sola settimana, prima di riuscire a trovare finalmente un monolocale che si adattasse al loro budget di 3.200 dollari. La sua esperienza non è un caso isolato, ma la realtà di chi cerca casa in una città in cui la domanda supera l’offerta, soprattutto nelle zone vicine agli hub tecnologici come Mission Bay, dove ha sede OpenAI.

Il ruolo della tecnologia nel determinare i prezzi degli affitti

Nonostante i dati riportati da Ted Egan, capo economista di San Francisco, che evidenziano come i canoni di affitto siano ancora sotto i livelli pre-pandemia se corretti per l’inflazione, i prezzi continuano a crescere. Le tecnologie come l’A.I. non solo fissano un “benchmark” per i salari e le offerte, ma influenzano direttamente anche i prezzi degli immobili, determinando un ciclo di crescente difficoltà per i non-operatori del settore tecnologico.

“La tecnologia sta fissando l’asticella dei prezzi delle case”, ha dichiarato Egan, sottolineando che gli sviluppatori immobiliari e i proprietari stanno reagendo a una domanda sempre più alta proveniente dalle aziende tecnologiche. Ma questa situazione ha delle conseguenze. I lavoratori dei servizi, che avevano ottenuto un’abitazione con affitti controllati, stanno trovando sempre più difficile ritornare a vivere in città, spinti via dai prezzi che non sono sostenibili per loro.

L’effetto del proximity bias: vivere vicino al lavoro

Molti dei giovani professionisti delle aziende di A.I. cercano di ridurre al minimo il commuting. Per questo motivo, sono disposti a pagare cifre più alte per vivere vicino ai loro uffici, specialmente quando questi si trovano in zone molto richieste, come Mission Bay. Qui gli affitti sono aumentati del 13% in un anno, mentre la maggior parte delle città americane non ha visto aumenti simili.

Flo Crivello, CEO di Lindy, una startup di AI., ha offerto a 40 dipendenti un bonus affitto di 1.000 dollari al mese se vivevano a meno di 10 minuti dal suo ufficio. Questo tipo di incentivo è diventato comune nelle aziende A.I., dove il proximity bias — il desiderio di vivere vicino al proprio posto di lavoro — sta modellando i mercati residenziali di zone come SoMa e North Beach.

Le nuove sfide per i non-tech: il mercato residenziale diventa esclusivo

L’ascesa di aziende come Cluely e OpenAI sta creando una realtà in cui i non-tech workers sono progressivamente esclusi dal mercato immobiliare delle zone più richieste. Questo ha sollevato preoccupazioni per la sostenibilità a lungo termine della città. La crescente competizione tra lavoratori della A.I. e lavoratori non tecnologici sta accelerando il processo di gentrificazione, e le risposte alle richieste di affitto stanno arrivando sempre più velocemente. Ryan Shane, presidente di Housing Guild Management Company, ha osservato che i proprietari di immobili stanno ricevendo oggi fino a tre domande per appartamento nello stesso giorno.

Cosa possiamo imparare dal caso di San Francisco? I suggerimenti per Milano e Torino

San Francisco è diventata un laboratorio per capire come l’intelligenza artificiale influenzi non solo l’economia digitale ma anche la geografia urbana. La città, che da sempre ha vissuto da protagonista dell’innovazione, si trova ora a dover fare i conti con un nuovo modello economico che porta con sé sfide abitative senza precedenti. Per le città italiane che stanno costruendo i propri ecosistemi A.I., come Milano e Torino, la situazione di San Francisco è un segnale d’allarme e una guida su come gestire l’aumento della domanda residenziale senza compromettere l’accessibilità e la sostenibilità sociale.

Le politiche pro–AI dovrebbero essere affiancate da politiche pro–housing. Le città devono adottare misure concrete, come la razionalizzazione dei permessi edilizi, il rafforzamento delle politiche di housing accessibile, e l’incentivazione di accordi pubblico-privato per garantire che l’innovazione non escluda chi lavora nei settori non-tecnologici. Solo in questo modo potremo evitare che città come Milano o Torino subiscano gli stessi effetti che oggi stanno comprimendo San Francisco.

In conclusione, l’ascesa delle tecnologie A.I. non è solo una questione economica, ma una questione urbana che richiede una gestione proattiva per evitare che l’innovazione diventi una barriera all’ingresso per molti. Se la Silicon Valley ha qualcosa da insegnare, è che l’innovazione, per essere veramente inclusiva, deve necessariamente andare di pari passo con l’accessibilità per tutti.

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