Il caso

L’innovazione si fa in Tribunale, Uber ritorna in strada

Accolto a Roma il ricorso della società di ride-sharing che potrà riattivare il servizio “Black” a Milano e Roma. Intanto dalla sede italiana della società è già partito un appello: «Adesso cambiamo le regole». Ecco come siamo arrivati a questo punto

Pubblicato il 26 Mag 2017

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Il braccio di ferro tra Uber e i tassisti italiani sembra esser giunto al capolinea. A decretare il vincitore (per il momento?) è stato il Tribunale di Roma che ha accolto il ricorso della società di Travis Kalanick, e revocato la propria ordinanza del 7 aprile scorso in cui disponeva il blocco del servizio Uber-Black, nonché l’oscuramento immediato dell’applicazione.

E così sia a Milano che a Roma si potrà tornare a viaggiare a bordo delle berline nere. Nel frattempo, dalla sede italiana di Uber è già partito l’appello per far cambiare le regole: «Siamo davvero felici di poter annunciare a tutte le persone e agli oltre mille autisti partner di Uber che potranno continuare ad utilizzare la nostra applicazione in Italia – si legge in una nota diffusa dalla società – Ora più che mai è forte l’esigenza di aggiornare la normativa datata ancora in vigore, così da consentire alle nuove tecnologie di migliorare la vita dei cittadini e la mobilità delle città».

Il tira e molla tra Uber e i tassisti va avanti ormai da molto – forse troppo – tempo (EconomyUp lo ha raccontato in questo articolo). Ma il 7 aprile scorso tutto faceva presagire a una sconfitta definitiva per la società californiana. In quella data, infatti il Tribunale di Roma aveva ordinato il blocco, di lì a 10 giorni, dei servizi offerti dal gruppo Uber in Italia con la app Uber Black, e le analoghe Uber-Lux, Uber-Suv, Uber-X, Uber-XL, UberSelect, Uber-Van. L’accusa? Concorrenza sleale nei confronti dei tassisti.

Il blocco avrebbe significato che chi aveva un profilo su Uber poteva continuare a utilizzarlo all’estero, ma se avesse aperto l’applicazione in Italia non avrebbe trovato alcuna automobile disponibile. I profili degli autisti sarebbero stati bloccati. Se la compagnia avesse continuato a essere operativa sul nostro territorio dopo il 16 aprile, avrebbe dovuto pagare una multa di 10mila euro al giorno (3,65 milioni all’anno). Sembrava la mazzata definitiva per Kalanick e soci, che arrivava, tra l’altro, a poco meno di due anni di distanza dallo stop del servizio UberPop. Altro colpo incassato dall’unicorno americano.

E invece, tornando alla storia recente, il 14 aprile ecco l’ennesimo colpo di scena: lo stesso Tribunale di Roma accoglie, a sorpresa, la richiesta avanzata dalla multinazionale di sospensiva dell’ordinanza, che richiedeva l’interruzione dei servizi di mobilità Uber a partire dal 17 Aprile. Il resto è storia nota, con l’ultima decisione dell’Aula destinata a scrivere un nuovo capitolo della storia infinita di Uber in Italia. (F.M.)

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