Ivan Vigolo (Acea): il nostro modello di Innovation as a Service

Nei prossimi tre anni il gruppo Acea investirà oltre 600 milioni sui progetti innovativi. Ivan Vigolo, Responsabile della funzione Technology & Solutions, racconta come sono organizzate le attività di innovazione, interne ed esterne. E i risultati raggiunti. “La nostra innovazione è al servizio del business”

Pubblicato il 23 Ago 2021

Ivan Vigolo,  Responsabile della funzione Technology & Solutions del Gruppo Acea

“Siamo passati dall’open innovation alla pragmatic innovation”. Così Ivan Vigolo, 49 anni,  Responsabile della funzione Technology & Solutions del Gruppo Acea, sintetizza l’evoluzione delle attività di innovazione in un gruppo che fattura circa 3,4 miliardi, ha oltre 6mila dipendenti e milioni di clienti raggiunti dai servizi che spaziano dall’idrico alla raccolta rifiuti fino all’energia. Come fa innovazione una delle maggiori multiutility del Paese? Ne parliamo in questa intervista con Ivan Vigolo, che sottolinea: “La nostra innovazione è al servizio del business, con un modello che potremmo definire di Innovation as a Service”

Vigolo, nei prossimi tre anni Acea investirà oltre 600 milioni sui progetti innovativi. Nei prossimi tre anni dovrà trovare esecuzione il PNRR. Quale sarà il ruolo delle utility nella transizione digitale ed ecologica?

Tutte le utility – e quindi anche Acea – hanno compreso la necessità di innovare e il cammino che c’è da fare. È importante non perdere l’opportunità del PNRR per accelerare la transizione digitale del paese e realizzare tutti i progetti in ottica sostenibile. Non solo in merito ai fondi che il PNRR porta, ma soprattutto con una spinta alla semplificazione delle procedure ad oggi in essere, così da rendere più veloci tutte le progettualità. Le utility giocano un ruolo rilevante in questa evoluzione, sono i loro stessi business a costituire la chiave per operare la transizione verso un modello di sviluppo sostenibile: energia, idrico, ambiente. Acea con il suo piano industriale 2020-2024 e i 615 milioni di investimenti in progetti innovativi si vuole posizionare come player chiave dell’innovazione, grazie anche al suo approccio aperto e condiviso tramite la collaborazione con l’ecosistema esterno. L’utilizzo dei propri asset strategici ed un approccio di Open Innovation permetteranno di realizzare progetti essenziali per la digitalizzazione e la sostenibilità del paese.

In Acea l’innovazione è tecnologica ma anche di processo e di business. Può farci qualche esempio su queste tre diverse frontiere?

In Acea l’innovazione è una leva strategica trasversale ed è parte integrante del nostro DNA aziendale. Infatti abbiamo un forte orientamento all’adozione di processi innovativi, coniugando il nostro know-how con lo scouting delle tecnologie più avanzate, lo dimostra il lancio di numerose sperimentazioni con l’utilizzo di tecniche di frontiera in ambito energetico ed idrico. Inoltre l’innovazione tecnologica a servizio dei processi aziendali è uno dei pillar del piano industriale del Gruppo: lo facciamo tramite un modello di innovazione che parte dall’individuazione dei bisogni interni, arrivando alla generazione partecipata di idee, passando alle sperimentazioni e all’avviamento di progetti. Lo facciamo generando un forte impatto sul business, infatti la nostra innovazione è al servizio del business, con un modello che potremmo definire di Innovation as a Service che punta a fare innovazione, non a parlare di innovazione. Siamo passati da Open Innovation a Pragmatic Open Innovation.

In occasione del vostro Innovation Day sono stati presentati alcuni dei 50 cantieri aperti. Quali sono i settori per voi strategici e come si “incontrano” con le tecnologie digitali?

L’Innovation Day Acea dello scorso 5 luglio è stata una meravigliosa occasione di confronto, che ha dimostrato l’importanza di fare sistema. Nell’ambito dei numerosi cantieri che stiamo portando avanti ovviamente il processo di digitalizzazione sempre più spinto è la strada maestra che ci porta a generare impatti su settori strategici essenziali in linea con gli SDGs: sostenibilità ed economia circolare, transizione energetica, centralità del cliente e salvaguardia della risorsa idrica.

Ci racconta un progetto che ritenete particolarmente significativo per la sua genesi e l’equilibrio di tecnologia e business?

I progetti innovativi di Acea da raccontare sono veramente numerosi, come ad esempio l’utilizzo di una tecnologia che sembrerebbe distante dal business Acea, come la tecnologia satellitare, che è stata utilizzata per monitorare nostri asset fondamentali in ambito energetico oltre allo stato dell’illuminazione pubblica. L’apertura verso l’utilizzo di una nuova tecnologia di frontiera comporta un miglioramento del nostro servizio e anche la definizione di nuovi processi per il monitoraggio dei nostri asset con vantaggi essenziali per il nostro business.

Ci può parlare dei progetti nati dall’imprenditorialità interna?

Il nostro programma di imprenditorialità interna, l’Acea Innovation Garage, ha lo scopo di stimolare l’imprenditorialità delle nostre persone: la scorsa edizione ha visto la partecipazione di 1.800 dipendenti, la generazione di 120 idee innovative e Il processo di incubazione di 3 di queste ha portato alla nascita di Waidy. Si tratta di una applicazione che grazie alla geolocalizzazione dei punti di erogazione di acqua potabile nel territorio rende possibile individuare quelli più vicini, conoscerne la storia e la qualità dell’acqua erogata. Ma non finisce qui, perché è già nella pipeline di execution un altro progetto nato da quell’Innovation Garage: rimanete quindi connessi, così potrete saperne di più. Dopo il successo della scorsa edizione, in occasione dell’Acea Innovation Day, abbiamo lanciato la nuova edizione del programma di imprenditorialità su cui abbiamo grandi aspettative, viste già le numerose idee che stiamo ricevendo.

Più di un anno fa è stata creata l’area Innovation all’interno della divisione Technology & Solutions. Come sta operando? Quali collaborazioni sono state avviate con le startup?

Come detto, l’innovazione fa parte del DNA del nostro Gruppo ed il nostro obiettivo principale è generare impatto per le nostre persone, il nostro business e i nostri clienti. Lo facciamo tramite un modello di innovazione aperto, partecipativo e soprattutto pragmatico. Promoviamo una cultura dell’innovazione, che consente ai dipendenti di proporre idee e partecipare ai nuovi progetti. Raccogliamo i bisogni di tutto il Gruppo, facciamo scouting sulle tecnologie, realizzando sperimentazioni e progetti innovativi per il nostro business.

Questo approccio ci ha permesso in poco tempo di raggiungere il numero di oltre 50 sperimentazioni avviate, tutte con startup e PMI innovative sia in ambito nazionale che internazionale. Fondamentali inoltre le partnership che ci permettono di essere protagonisti nell’ecosistema come quelle con gli Osservatori del Politecnico di Milano, Mind The Bridge, Cassa Depositi e Prestiti, ELIS, abilitando la nostra partecipazione a grandi progetti per l’innovazione e la sostenibilità del paese come Zero Accelerator.

 Acea è una grande azienda. Come riesce a gestire le relazioni con piccole imprese come le startup e quali difficoltà ancora si incontrano?

Un esempio concreto è il nuovo processo di lean procurement che abbiamo creato per poter lavorare con startup e PMI innovative. In molti parlano di come collaborare con loro ma ancora si fermano ai modelli tradizionali che non prevedono e non permettono di avere un fornitore innovativo. Con l’ufficio acquisti abbiamo messo in campo un modello di procurement diverso, che consente anche alla startup in rapporto con noi di rendere reale l’innovazione, iscrivendosi a degli albi dedicati. Il nuovo processo comincia con lo scouting fatto dall’unità Innovation, prima di passare a una qualificazione del fornitore sulla base di criteri di valutazione che non sono quelli tradizionali. Ci sono requisiti giuridici (quelli che definiscono le startup innovative) e requisiti di innovazione (almeno un brevetto, un round di investimento e un POC).

I vantaggi per i nostri fornitori sono maggiore flessibilità, tempi ridotti, semplificazione dei pagamenti. Questo processo ha dato già vita all’aggiudicazione di gare dedicate a startup e PMI innovative, ne voglio citare in particolare 3: la prima ha permesso di individuare una soluzione di customer intelligence per Acea Ato 2, la seconda in ambito Digital HR con soluzioni di machine learning; la terza finalizzata alla ricerca di soluzioni tecnologiche per il monitoraggio infrastrutturale.

Dove e come si trova il punto di equilibrio tra innovazione pragmatica, come lei ama definirla, e la disruption che richiede necessariamente una visione più a lungo termine?

L’obiettivo non può e non deve essere l’innovazione fine a sé stessa. Il fine è rendere pragmaticamente migliori servizi e processi: per farlo serve appunto una visione a lungo termine che renda evidente quali sono i bisogni per affrontare un percorso di trasformazione che sia radicale, senza necessariamente scegliere la tecnologia più disruptive. Si può fare innovazione anche trovando la soluzione più semplice a un problema complesso, generando un beneficio elevato.

Come si misura in Acea il ritorno dell’innovazione?

La definizione dei KPI dell’innovazione è un tema complesso che tutte le corporate si trovano ad affrontare. Non è semplice misurare il ritorno dell’innovazione, noi lo facciamo monitorando valori concreti su come l’innovazione genera impatto internamente ed esternamente al Gruppo. Ad esempio monitoriamo il numero di sperimentazioni avviate e quante di esse generano progetti che vengono poi industrializzati e affrontano una fase di adoption nel Gruppo, correlando il tutto con gli investimenti fatti su progetti innovativi. Inoltre poniamo molta attenzione sul numero di persone che aderiscono al nostro programma di imprenditorialità interna e ai nostri workshop, verificando anche il numero di idee generate grazie alla nostra promozione della cultura dell’innovazione.

L’innovazione spaventa. Come si vince la paura di innovare?

Sicuramente è essenziale partire dalle persone: le persone sono centrali nel processo di innovazione, solo sfruttando a pieno le loro competenze e la loro passione si può generare il cambiamento e vincere la paura di sperimentare e innovare. Parallelamente è fondamentale aprirsi verso l’ecosistema esterno e coinvolgere più attori possibili per stimolare la crescita, facendo sistema tra i vari stakeholder del territorio, come startup e PMI innovative, ma anche Università, Centri di Ricerca, Acceleratori e promuovendo la co-innovazione anche con PA e grandi corporate.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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