INNOVATION DETECTIVE

Innovazione in azienda, l’eccitazione da trend e il club del grilletto facile

In preda al trend IoT si pensa di connettere forni per cucine professionali con una piattaforma per riordinare i detersivi per pulirli. Ma chi ci lavora non ha competenze particolari. Istruzioni sullo smartphone? Non si possono usare. La soluzione? Istruzioni con il linguaggio dei segni attaccate alle macchine

Pubblicato il 09 Giu 2022

Photo by steve woods on Unsplash

Anche nell’innovazione in azienda ci sono quelli dal grilletto facile. Per loro l’attività investigativa è solo un noioso preliminare al vero momento adrenalinico: quando svuotano il caricatore su un problema per farlo fuori. Non vedono l’ora di usare l’artiglieria, e non si accontentano dei bersagli di carta del poligono. Intendiamoci, si tratta di artiglieria tecnologica, e non lascia nessuna traccia di zolfo e nitrato di potassio sui vestiti. Un po’ come i trend, l’artiglieria cambia col tempo. Eppure, anche attraverso numerosi cambiamenti, io dico sempre che il club del grilletto facile perde il pelo ma non il vizio: adegua solo l’equipaggiamento alla moda del momento, ma conserva l’attitudine. Fino a quando…

Quando un trend nasce c’è sempre un momento “Frenzy”, cioè di eccitazione collettiva e incontrollata. Non troppo tempo fa, c’è stato per esempio il Frenzy Moment dell’Internet delle Cose, in gergo IoT (Internet of Things). Non passava giorno che non spuntasse un’applicazione IoT per mettere in comunicazione le cose più disparate, in modo automatico, cioè senza disturbare l’uomo nel compito totalmente superfluo di passacarte. Mi trovavo in un’azienda che produce elettrodomestici per cucine professionali, e il club del grilletto facile aveva ideato un’applicazione IoT per mettere in comunicazione un forno (oggetto A), con una piattaforma di riordino di detersivi per la manutenzione del forno stesso (oggetto B).

Il forno quindi avrebbe “chiesto” in modo automatico, anzi “autonomo”, al negozio online di fargli avere i prodotti per la toilette quotidiana quando fossero finiti. I forni professionali infatti hanno dei contenitori di detersivi speciali per la pulizia automatica. In questo modo gli umani, insomma, non avrebbero dovuto scomodarsi per ordinare i flaconi. Il rischio di non ordinare in tempo i flaconi è che il forno rimane sporco, quindi non è utilizzabile per questioni igieniche, e la cucina si ferma. Perché l’igiene in questi ambienti è cruciale indipendentemente dal Covid.

Sono stata chiamata in causa perché non era la prima volta che il club prendesse delle cantonate e sprecasse costosa artiglieria su finti problemi. C’era la storia quasi mitologica del frigorifero che faceva la spesa, e tante altre. Ho mandato in avanscoperta l’agente Russo, di nome e di fatto, un designer nato a Napoli, con una madre di San Pietroburgo. “Hanno detto di avere un identikit preciso capo”, mi riporta Russo. “E sarebbe?” dico io. “Solo grandi cucine, grossi volumi, alta produttività, dove insomma i flaconi finiscono in fretta. Presumibilmente eh, presumibilmente” Era più forte di lui, pronunciava gli avverbi alla napoletana, con il doppio accento. “E va bene” dico io “mò che si fa Russo?” “Meglio una sbirciata che cento pensate capo, mi sono fatto dare gli indirizzi di alcuni ristoranti che corrispondono all’identikit.”

Non era l’idea di ristorante che l’agente Russo aveva in mente, e nemmeno la mia. Si trattava piuttosto di grandi mense, associate a grandi scuole, villaggi turistici, hotel, centri di accoglienza. Elevata produttività, menù rigidi, uno chef, qualche sous-chef e tanto personale stagionale. Una grande orchestra, ho pensato, che suona alla perfezione una partitura molto semplice, sempre la stessa.

“Capo, qui i forni non parlano” mi dice Russo con un tono definitivo. “A no? E cosa succede quando si svuota il serbatoio dei detergenti?” “Ci pensa la ditta che si occupa di pulizie.” Certo, ho pensato. “Il gran finale!” ho detto. “Scusi?” Russo è confuso. “No dicevo, qui è tutto così regolare e prevedibile: il refilling dei serbatoi è un’attività di routine, alla fine di ogni performance quotidiana…” “Vabbè dottò, ma qui, c’è dell’altro. Io intendevo che i forni sono proprio muti capisce, mu-ti! E non solo i forni, anche le lavastoviglie, gli abbattitori, i frigoriferi. Intendo che non si fanno capire, mi segue? Lo vede quello lì?” Punta il mento verso un addetto in grembiule “quello è arrivato una settimana fa, e se ne va tra meno di tre mesi. Queste sono macchine complesse, se non le sai usare si rompono, e nes-su-no le sa usare prima di arrivare.” “Non fanno corsi di formazione?” chiedo io. “Non ci stanno dentro capo, tre mesi di lavoro in totale, una settimana di formazione è troppo…” Si riferiva alla prestigiosa Academy che l’azienda aveva organizzato per il personale delle cucine, ma che in pratica era frequentata solo da chef e sous chef. “… quindi” continua Russo, puntandomi il dito addosso “deve dire a quelli del club che prima di tutto insegnino ai forni a parlare chiaramente a queste persone, e poi, si vedrà!”

Il club del grilletto facile ha avuto cinque minuti di black out quando abbiamo consegnato la notizia. Poi si sono dileguati verso l’armeria, e sono tornati trionfanti sventolando gli smartphone. Che resilienza! L’idea adesso consisteva in una piattaforma online di istruzione per personale stagionale poco qualificato, accessibile comodamente da smartphone e utilizzabile just-in-time, come un assistente privato. Si sono profusi in ringraziamenti un po’ forzati, e con sollievo ci hanno accompagnato all’uscita.

“Un attimo!”, ho detto io, infilando il piede tra la porta e lo stipite. “Siete davvero così sicuri che questa cosa funzionerà così bene come ve la state immaginando?”. Rovesciano gli occhi al cielo, ma li convinco a dare un’altra piccola sbirciata, stavolta rivolta alla fattibilità ipotetica della loro idea di soluzione. “Solo una piccola formalità” minimizzo “potete venire anche voi”. Faccio in modo di piombare nelle cucine nel bel mezzo di una sinfonia, per così dire, anche se nessuno avrebbe definito così quel gran fracasso. Nel giro di poco i componenti del club, che non sono affatto stupidi, cominciano ad abbassare gli occhi e girare i tacchi.

Hanno capito che in tutta quella confusione non c’è video che tenga, e per di più le persone comunicano a gesti, perché nessuno parla la stessa lingua dell’altro. Ma Russo ha notato un’altra cosa, e anche io. Li chiamiamo a raccolta e urlo, per farmi sentire: “La conoscete la storia del cane di notte? Una volta Sherlock Holmes giunge alla conclusione che non c’è stato nessun crimine in una zona, perché nessuno dei testimoni ha riferito del latrato di un cane. Mi seguite? Non conta solo quello che vedete, ma anche quello che non vedete!” Sono affranti, spenti, non hanno voglia di indovinelli. Perciò li porto dal responsabile, e racconto brevemente della soluzione del video didattico sullo smartphone. Il tizio trattiene un sorriso e dice: “Ma qui nessuno può portare uno smartphone, per questioni igieniche!”

Un brutto doppio colpo per il club del grilletto facile. Di quelli che non si dimenticano facilmente. L’agente Russo li guarda e rivede se stesso: anche lui una volta pensava che un buon design fosse la medicina per tutti i mali, e in questo caso probabilmente avrebbe anche avuto ragione. “Peccato non si possa riprogettare l’interazione di tutti i forni, e di tutti gli elettrodomestici…” commenta a voce alta. “Questi no” risorge un membro del club “ma quelli nuovi sì!” “E nel frattempo?” Piagnucola un secondo. “Avete presente le istruzioni modello Ikea? Le incolliamo sugli elettrodomestici, e li facciamo parlare: con il linguaggio dei segni capite, esattamente quello che usano i ragazzi nelle cucine!”.

Le istruzioni Ikea non avevano alcun posto nel loro arsenale, ma era arrivato il momento di trasformarsi in veri innovatori: il brivido di aiutare davvero qualcuno è più forte di qualsiasi scarica tecnologica. Il linguaggio dei segni è finito anche sui manuali ufficiali di utilizzo degli elettrodomestici (che erano comprensibili come un testo di fisica tecnica), il tasso di malfunzionamenti in cucina si è ridotto sensibilmente, e i designer della nuova generazione di forni hanno avuto un nuovo alfabeto a cui ispirarsi. Russo si è preso la licenza di archiviare il caso con il titolo “IoT: Insegnami o Taci!”

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Irene Cassarino
Irene Cassarino

Irene Cassarino, ingegnera di formazione, PhD in Gestione dell’Innovazione, è CEO e fondatrice di The Doers, ora parte del gruppo Digital Magics. Ha dedicato tutta la sua vita professionale alla ricerca di nuovi mercati, lavorando con più di 200 startup e decine di grandi aziende italiane e internazionali.

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