Industria4.0, i riflettori della politica per superare le barriere culturali
La trasformazione digitale dell’economia è spinta dalla pervasività delle tecnologie ma anche da una profonda revisione dei modelli di business e da una nuova cultura d’impresa. In Italia manca questa consapevolezza. Solo l’attenzione costante della politica può farci superare questo gap
di Andrea Rangone, presidente Digital360
Pubblicato il 18 Nov 2016

A che punto è in Italia la quarta rivoluzione industriale? Per ora semplicemente annunciata, ma si prospetta già il rischio di un avvio lento, a macchia di leopardo, poco convinto. Le ragioni sono numerose, ma quella di gran lunga più importante è la grande barriera culturale che frena da anni l’innovazione digitale del nostro Paese: in Italia la consapevolezza che la diffusione e l’adozione delle tecnologie digitali, insieme alla nascita di startup e alla formazione di una nuova classe imprenditoriale, sia l’unica via possibile per avviare una nuova fase di sviluppo economico è ben poco diffusa, a tutti i livelli. Questa coscienza manca ancora a troppi imprenditori, manager, professionisti, accademici, politici, giornalisti, dirigenti pubblici.
Come si supera questa barriera? Come riuscire nel nostro Paese a generare la necessaria attenzione alla trasformazione digitale? Con i riflettori della politica. Abbiamo visto in altri casi, e in parte lo stiamo vedendo anche con il piano Industria 4.0, che quando l’iniziativa del Governo o dei partiti si porta dietro l’attenzione di giornali, radio, tv, creando così interesse in quella classe dirigente il cui mindset è ancora condizionato dai media tradizionali. A catena si genera anche la diffusione di slogan, parole chiave che comunque finisco per creare un clima favorevole al cambiamento. Questo effetto si ottiene, però, solo se c’è continuità, sia a livello nazionale sia a livello locale, e tutto non si esaurisce nell’exploit di un annuncio o nel dibattito attorno a un provvedimento legislativo. In una sola parola, la classe dirigente, a partire dalla politica, deve esporsi sul fronte della trasformazione digitale per creare quella consapevolezza che ancora manca.
Sia ben chiaro, la situazione non è certo statica. Qualcosa ha cominciato a muoversi e ogni tanto non mancano i segnali di accelerazione. Non bisogna abbassare la guardia. Guai a pensare che basti un nuovo incentivo, un nuovo incarico governativo o una nuova norma per poter considerare superati i nostri gap tecnologici e culturali o addirittura per poter dichiarare finita la rivoluzione digitale. Siamo solo ai primi passi. E saremo in grado di fare i successivi solo se la via sarò ben illuminata dai riflettori, a partire da quelli della politica.
* Andrea Rangone è CEO di Digital360 e fondatore degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano