L'INTERVISTA

Grossi (Ducati):”Con l’open innovation le nostre moto diventano intrattenimento”

“Ci piace pensarci non solo come mezzo di trasporto”, dice Piergiorgio Grossi, Chief Information & Digital Transformation Officer della casa motociclistica che ha sviluppato, con e-Novia, un’app basata sull’Intelligenza Artificiale. “Dà la possibilità di continuare a vivere la Ducati anche dopo aver messo i piedi a terra”

Pubblicato il 22 Giu 2018

Piergiorgio Grossi, Chief Innovation Officer, Credem

Il “mondo moto” è molto diverso dal “mondo auto”, perciò anche l’Intelligenza Artificiale, gli algoritmi, le applicazioni e, in generale, le nuove tecnologie vengono usate in modo diverso, come sta sperimentando Ducati. Che, per farlo, utilizza ampiamente l’open innovation. (Che cos’è l’open innovation e perché è utile alle aziende). Lo spiega a EconomyUp Piergiorgio Grossi, Chief Information & Digital Transformation Officer della storica casa motociclistica di Borgo Panigale, che ha appena lanciato l’app Ducati Link in collaborazione con e-Novia, “fabbrica delle imprese” milanese impegnata a costituire e sviluppare società ad alto valore tecnologico. “Ci piace pensarci non solo come mezzo di trasporto, ma come entertainment” dice Grossi. ”Chi compra una Ducati ha piacere nel guidare o nell’andare in pista, perciò la tecnologia serve a potenziare l’elemento di piacevolezza e divertimento, oltre alla sicurezza”. In particolare Ducati Link, presentata il 20 giugno all’evento One More Level di e-Novia (si festeggiava l’estensione di un piano all’hub situato in zona Crocetta), consente di connettere la moto allo smartphone per registrare performance e itinerari, analizzare e migliorare il proprio stile di guida, lanciare sfide a se stessi e raggiungere traguardi da condividere con gli amici. Tutto questo con pochi semplici tocchi sul touch screen dello smartphone, direttamente dal divano di casa. “Questa app è un ulteriore passo avanti nel processo di Trasformazione Digitale dell’azienda” commenta il manager.

L’ennesima dimostrazione della rivoluzione digitale che sta trasformando l’automotive?
Intanto diciamo che noi siamo un automotive particolare. Chi acquista una Ducati ha piacere non solo nel possedere un mezzo di trasporto, ma anche di sapere che ce l’ha e può mostrarlo e condividerlo. È chiaro che se hai un’utilitaria e ti serve per girare in città, non ti importa niente di guidare. Invece per una Ducati il piacere di guida fa parte dell’esperienza. Così cerchiamo di aumentare questa piacevolezza attraverso la nostra app.

In che modo?
Nella vita di un motociclista ci sono due momenti: quando è in moto e quando non lo è. Già oggi, grazie al digitale, questi momenti si possono fondere e dilatare: anche quando non è in moto, il pilota può dialogare con il veicolo. Grazie alla tecnologia Bluetooth, l’applicazione si connette alla moto e, durante la guida, registra i dati forniti dalle centraline di bordo quali velocità, angolo di piega, potenza erogata, accelerazione. In questo modo ogni pilota, al termine dell’esperienza di guida, può controllare le proprie performance, analizzando l’evoluzione dei dati lungo l’itinerario. È un po’ come chi va a correre: c’è la soddisfazione derivata dall’esercizio fisico, ma anche quella di verificare a posteriori la lunghezza del percorso e come è andata la performance. Sempre in fase post, l’app permette di condividere con la community degli amici e degli appassionati itinerari, immagini e suggerimenti per gli altri motociclisti. In una parola: emozioni. Abbiamo cercato di estendere il “dopo” e dare la possibilità alle persone di continuare a vivere la Ducati anche una volta messo piede a terra.

E il “prima”? La tecnologia interviene anche lì?
Il prima è legato ai setting: la particolarità è che si può modificare l’assetto della moto stessa nella fase anteriore alla salita a bordo. Ci siamo detti: perché non permettere a un ducatista di prepararsi alla corsa dal divano di casa? Sta per andare in montagna, si organizza un setting su misura, quindi lavora sulla app, “parla” con la sua moto, in qualche modo inizia l’esperienza di guida in quel momento e poi, quando è a bordo, i setting si sincronizzano.

State innovando anche sul lato sicurezza?
Certamente. Nel prossimo futuro adotteremo i radar, una tecnologia che viene dal mondo della guida autonoma, sviluppata dai nostri ingegneri in modo che possa essere adattata per le moto. Dal punto di vista algoritmico e tecnologico la motocicletta è abbastanza diversa dall’automobile, ma l’obiettivo è comunque renderla più sicura, quindi consentire al pilota di rendersi conto di quello che succede davanti e dietro di lui e di risolvere il problema del blind spot. Un tema sul quale stiamo iniziando a lavorare è la cosiddetta human machine interface, cioè come la persona potrà interfacciarsi e parlare con la propria moto mentre è alla guida.

Quando vedremo una moto che “parla” con il pilota in tempo reale?
Diciamo che entro un paio di anni le tecnologie saranno disponibili. L’obiettivo è rendere la moto un po’ più sensibile a quello che le sta intorno. In automobile si può frenare improvvisamente, se lo si fa con la moto il guidatore cade. È una questione estremamente interessante dal punto di vista della ricerca.

È un self driving diverso?
Diciamo che la moto non si guida da sola. Perciò utilizziamo con sempre maggiore frequenza ricerche che vengono fatte per veicolare servizi di sicurezza nel mondo motive.

Quanto vi aiuta l’attuazione di strategie di open innovation?
Sappiamo bene quanto i nostri ingegneri siano bravi, ma sappiamo anche che ci sono tantissimi ingegneri altrettanto bravi in giro per il mondo. Quindi la nostra capacità di innovazione, sia digitale sia del veicolo, passa attraverso le collaborazioni, per esempio con aziende come e-Novia. I suoi ingegneri hanno progettato e realizzato questa app per unire la potenza di una moto Ducati con le infinite potenzialità dell’intelligenza artificiale. Ma collaboriamo anche molto con startup e moltissimo con le università. Tra queste l’ateneo di Bologna e il Politecnico di Milano.

Quali startup?
Per esempio alcune impegnate sul tema della sicurezza. Una che mi viene in mente è Yoroi, società che si occupa di cybersecurity, costituita da un italiano che ha lavorato molto negli Stati Uniti. Stiamo lavorando anche con alcune aziende di nicchia, perché hanno approcci molto integrati, sono specialisti verticalisti.

Come fate scouting?
In questo momento non abbiamo attività strutturate. Facciamo tantissimo networking e tanti chilometri per partecipare, condividere, essere connessi. Per chi fa innovazione è importante essere lì dove succedono le cose e fare community. Spendiamo tempo nei rapporti e anche nel filtraggio delle proposte. Siamo un brand noto, molte cose ci arrivano e gran parte del lavoro è nella selezione a monte. Cerchiamo di mettere alla prova chi propone idee o soluzioni con piccoli test che ci dimostrino la capacità di deliverare l’idea.

Si può dire che, nel vostro caso, l’Intelligenza Artificiale e gli algoritmi potenziano il divertimento?
Sì. L’AI permette ai nostri fan di avere piacevolezza: che sia piacevolezza a stare in pista, quindi il miglior algoritmo in grado di far derapare la moto in maniera controllata, o che piacevolezza significhi sicurezza in strada, o connessione alla community come in una grande famiglia. Famiglia di cui può far parte anche chi non possiede una Ducati ma magari segue le corse o crede nel prodotto italiano.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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