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Se un big del tabacco entra nell’healthcare, vuol dire che la disruption non risparmia nessuno

Philip Morris ha speso oltre 1 miliardo di dollari per comprare Vectura Group, che produce farmaci per le malattie respiratorie. Sembrerebbe un paradosso ma è l’approdo di un percorso che sta portando la compagnia lontano dalle sigarette. Quante sono le aziende capaci di trasformare radicalmente il loro business?

Pubblicato il 20 Lug 2021

Photo by Mathew MacQuarrie on Unsplash

La notizia del mese (o forse dell’anno) è quella dell’acquisizione di Vectura Group, azienda che produce farmaci per le malattie respiratorie, da parte di Philip Morris. Prezzo: 1,2 miliardi di dollari. Sì. Una delle 4 Big Tobaccos entra nel comparto health care. Non ci sono più le mezze stagioni, è forse il commento che potremmo fare.

La diversificazione di Philip Morris in tre passaggi

Philip Morris aveva, già da tempi non sospetti, iniziato il suo percorso di diversificazione dal mercato sigarette che, secondo le loro previsioni, dovrebbe, in un futuro più o meno prossimo, non esistere più. Di seguito alcuni dei passaggi più significativi di questo percorso di “cannibalizzazione” (in contrasto con la First Rule di ogni cigarette maker: “Don’t touch Marlboro”).

  • La creazione di un R&D center – il famoso Cube di Neuchâtel, totalmente separato e inaccessibile al resto dell’azienda – ha portato – sia pure con una gestazione non breve e lineare – alla nascita di IQOS – heated-tobacco device – oggi leader di mercato del prodotti alternativi a tabacco riscaldato.
  • Nel 2018 l’acquisizione (sia pure attraverso Altria) del 35% di Juul per 12,8 miliardi di dollari ha rappresentato una mossa forte che ha permesso di acquisire il controllo strategico dell’azienda che stava rivoluzionando il mercato delle e-cigarettes (per la cronaca, come noto, Juul è oggi bloccata in attesa della decisione da parte della U.S. Food and Drug Administration vista la proliferazione del prodotto nelle categorie più giovani).
  • L’acquisizione di Fertin Pharma (annunciata un mese fa) per oltre ottocento milioni di dollari ha portato in dote nicotine chewing gum più altri farmaci.

Ma l’acquisizione di Vectura rappresenta qualcosa di più. Indica un’azienda che si sta avviando verso una sorta di “zero-nicotine transition”, per fare propria una analogia suggerita da Mattia Voltaggio (la persona dietro a Joule di ENI, quindi con un occhio allenato sulle transizioni industriali).

A prescindere da come andrà a finire, è una scelta coraggiosa e forte di chi non vuole piegarsi alla disruption cui l’industria del tabacco sta andando incontro.

Le obiezioni (sbagliate) alla disruption che avanza

Anticipo due obiezioni che potreste farmi.

“Facile a farsi quando si è così grandi e si hanno tante risorse”.

Non direi, anche perché, guardando alle altre 3 Big Tobaccos (quindi aziende con dimensioni e marginalità simile), nessuna ha fatto, neanche lontanamente, scelte di questa portata. Se usciamo dal mondo del tabacco e guardiamo ad altri settori, poche sono le aziende protagoniste di azioni di trasformazione radicale del proprio business (al riguardo, vi invito a condividere esempi). Ad esempio, nel settore bancario – in cui oggi si vedono bene le crepe della disruption – forse solo BBVA ha, negli anni scorsi, provato veramente a disrupt il proprio business (sotto una intervista del 2013 – quindi in tempi non sospetti in cui ancora si credeva che le banche fossero al riparo da ogni attacco– all’allora Sr EVP, General Manager of New Digital Businesses Teppo Paavola).

Teppo Paavola, BBVA - SEP Matching Event - London 2015

Teppo Paavola, BBVA - SEP Matching Event - London 2015

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Vero, però non tutti i settori sono soggetti a disruption

Questo è l’alibi dietro cui si nasconde chi pensa che lo status quo sia mantenibile ad oltranza. Brutta notizia. Non esistono settori che non siano esposti a disruption. Questa arriva, prima o poi, portandosi via, in tempi brevissimi, un pezzo importante del fatturato. E questo vale per tutti i settori, senza esclusioni.

Innovare (davvero): una scelta tanto semplice quanto difficile

Quindi c’è un’unica via possibile. Innovare per andare oltre l’oggi e il core business. Il che significa investire risorse oggi per assicurarsi una possibilità di sopravvivenza domani. E non ci sono preclusioni di settore né di dimensione. Solo limiti di visione strategica e di coraggio.

Preservare l’ebidta e l’efficienza operativa è una tentazione forte (oltre che comprensibile). Ma è una scelta miope e paradossalmente rischiosa.

Chiudo con un esempio. Settimana scorsa sono stato in visita a Pelliconi, micro-multinazionale del bolognese leader al mondo nel mercato delle chiusure. Nonostante una dimensione non grande (meno di duecento milioni di fatturato) e un quotidiano di produzione di 30 miliardi di tappi (di cui in gran parte a corona, un prodotto che esiste di fatto immutato da oltre un secolo), hanno un team di innovazione di dieci persone che pensa a modi alternativi di chiusure (plastic free), business model diversi e a come essere protagonisti in un possibile futuro senza bottiglie.

Si – può – fare!”, scomodando Gene Wilder in Frankestein Junior.

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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