Nuovi attori globali, in particolare dalla Cina e dagli Stati Uniti, stanno rivoluzionando il modo in cui le aziende trasformano un’idea in un prodotto industriale. Secondo McKinsey, è nato un nuovo paradigma chiamato Innovation Execution: un modello che riduce i costi più velocemente, accelera il time-to-market e rende più efficiente l’uso del capitale. E si applica in particolare al settore dell’automotive e alle case automobilistiche.
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Dalla filosofia lean all’era dell’Innovation Execution
Negli anni Settanta il lean manufacturing cambiò radicalmente il modo di fare industria, puntando su efficienza e riduzione degli sprechi. Oggi, secondo McKinsey, stiamo entrando in una nuova fase: l’Innovation Execution. A differenza del passato, il focus non è più soltanto sull’efficienza, ma sulla capacità di portare sul mercato innovazioni tecnologiche ancora “immature” – come veicoli elettrici, robotica, intelligenza artificiale o nuovi materiali – con una rapidità e una scala che non hanno precedenti.
La corsa ai costi: piccoli passi contro salti di performance
I costruttori tradizionali si muovono con gradualità, fissando obiettivi di riduzione dei costi che raramente superano l’1-2% all’anno. I nuovi operatori, invece, puntano a tagli cinque volte superiori, arrivando fino al 10% annuo. Questa differenza spiega perché, dal 2020, i produttori cinesi siano riusciti a ridurre i costi dei veicoli elettrici di circa il 20%. È una dinamica che ha conseguenze dirette anche sul consumatore finale: prodotti più competitivi, accessibili e aggiornati in tempi molto più brevi.
Velocità come leva competitiva
Il tempo è diventato la nuova moneta dell’innovazione. Un produttore cinese può lanciare un nuovo modello in meno di due anni, mentre in Europa possono servirne quasi quattro.
Lo stesso vale per le infrastrutture: una fabbrica di batterie in Cina viene completata in circa 16 mesi, contro i quasi cinque anni richiesti da un costruttore tradizionale.
La rapidità non è solo una questione di immagine: consente di iniziare prima la produzione, di apprendere più velocemente e di ottimizzare la curva dei costi già dalle prime fasi.
Capitale più leggero, fabbriche più agili
Un altro punto di forza dei disruptor è la capacità di investire in modo più mirato. Nel 2017, un produttore statunitense spendeva circa 120 milioni di dollari per ogni gigawattora di capacità installata. Nel 2022 questa cifra era scesa a meno della metà, e l’obiettivo per il 2026 è di arrivare a circa un quarto del valore iniziale. Il confronto con Europa e Cina è impietoso: i player cinesi viaggiano intorno ai 30 milioni di dollari per gigawattora, mentre gli europei spesso restano oltre i 65 milioni.
Una ricetta organizzativa per trasformare le aziende
L’Innovation Execution non riguarda solo fabbriche e numeri, ma richiede una trasformazione manageriale profonda. Le aziende che adottano questo modello definiscono obiettivi ambiziosi, talvolta al limite dell’irrealizzabile, per stimolare l’ingegno interno. Sperimentano rapidamente, coinvolgendo anche comunità di utenti esterni, e portano sul mercato versioni “minime” dei prodotti, che poi vengono migliorate con aggiornamenti e nuove release.
Per le imprese storiche la finestra di opportunità è ancora aperta, ma serve un cambiamento radicale: integrare ricerca e produzione, semplificare le piattaforme, rafforzare la catena di fornitura e affidare la guida del processo al vertice aziendale.






