WELFARE AZIENDALE

Work-life balance, che cosa imparare dalle startup

Anche a causa della pandemia, le esigenze dei lavoratori sono cambiate, orientandosi verso un maggiore work-life balance. Le grandi aziende spesso faticano ad adeguarsi alla nuova situazione, mentre le startup sembrano essere più vicine ai modelli flessibili che si stanno affermando

Pubblicato il 28 Giu 2022

Immagine di Sharomka da Shutterstock

A partire dal 2020 sono stati sempre di più i lavoratori dipendenti che hanno rassegnato le proprie dimissioni. Un fenomeno già in aumento dal 2018 e che, secondo i dati del Ministero del Lavoro, nel 2021 ha raggiunto livelli storicamente elevati: tra aprile e giugno 2021 sono state infatti quasi 500mila le dimissioni registrate, con un aumento del 37% rispetto ai tre mesi prima e dell’85% rispetto allo stesso periodo del 2020.

E se il fenomeno è in parte attribuibile a una ripresa del mercato del lavoro (nel 48% dei casi), il 47% delle persone che si è dimesso ricerca un rapporto lavoro-vita privata (work-life balance) migliore.

La pandemia sembra infatti aver incrinato i vecchi modelli lavorativi, a cui soprattutto i giovani non vogliono sottostare: il 70% delle dimissioni ha infatti riguardato la fascia 26-35enni, seguiti dalla fascia 36-45 anni.

La flessibilità nell’orario di lavoro e nella modalità (smart working e/o lavoro in ufficio), la valorizzazione delle proprie competenze all’interno dell’azienda e una cultura aziendale improntata al miglioramento continuo delle competenze della forza lavoro sono diventati fattori essenziali per i lavoratori.

E mentre le grandi aziende spesso faticano ad attuare questi cambiamenti, dalle startup invece si può imparare molto su come costruire un mondo del lavoro in grado di attirare e trattenere i giusti talenti.

Il ruolo del management nel definire la cultura aziendale

Cruciale è il ruolo giocato dal management, ovviamente, che setta i parametri di quelli che sono i valori aziendali. Per natura, le startup sono realtà più improntate all’innovazione, meno legate alla cultura del “si è sempre fatto così” che spesso frena i cambiamenti all’interno delle grandi aziende.

A spiegarlo è Marianna Poletti, CEO & Founder Just Knock, esperta dell’ambito Digital Recruiting e appassionata di Marketing e Personal Branding.

“Le startup sono caratterizzate da alcuni fattori che le portano ad essere più propense a adottare modelli flessibili e più incentrati sul benessere della persona. In primo luogo, per le loro dimensioni è più facile che ci sia un contatto diretto tra il management e il resto della forza lavoro ed è quindi più probabile che, rispetto a una grande azienda, il dipendente conosca e abbia modo di interagire con il management”, spiega.

Ovviamente non bisogna generalizzare, perché non è tanto la possibilità di contatto a facilitare la soddisfazione del personale, quanto i valori che, attraverso i vertici dell’azienda, vengono diffusi internamente.

Ma molti fondatori di startup, spiega Poletti, piuttosto che seguire un modello di scaleup in fretta, si impegnano a costruire aziende sane. E lo fanno perché comprendono che la produttività e la competitività dell’azienda sono legate anche al benessere del personale e che sostituire una figura che ha lasciato l’azienda richiede tempo e risorse.

Inoltre, nel nostro Paese c’è una modesta presenza di startup fondate da giovani ̵ più sensibili al tema del work-life balance ̵, anche se con la pandemia si è registrata una leggera flessione del numero di startup innovative a prevalenza giovanile (il 17,5% nel 2021, secondo la Relazione annuale al Parlamento).

Altre volte, spiega Poletti, i fondatori vengono da un’esperienza pregressa in grandi realtà e ne conoscono bene i punti di forza, ma soprattutto i limiti, e quindi sono determinati a costruire realtà sane.

Work-life balance e smart working: la trappola del lavoro da remoto

Con la diffusione dello smart working si è reso evidente che non sempre lavorare da casa vuol dire avere un work-life balance migliore. Se da un lato le tecnologie digitali hanno mostrato come molte mansioni e professioni possono essere svolte anche a distanza dall’ufficio, bisogna tenere a mente i rischi a cui si va incontro con il lavoro da remoto.

Rischi che sono emersi a pochi mesi dall’adozione in massa dello smart working come strumento di contenimento ai contagi da Covid-19. Già nel luglio del 2020, infatti, uno studio realizzato dalla Harvard Business School e dalla New York University  ̵  che ha coinvolto oltre tre milioni di lavoratori in 16 Paesi  ̵  aveva riscontrato un aumento medio di 48,5 minuti in più al giorno. Non solo: i lavoratori hanno segnalato anche un aumento di e-mail ricevute fuori gli orari di lavoro e un aumento delle riunioni.

In alcuni casi, quindi, lo smart working ha alimentato la cultura del “always online” che, ben lontana da contribuire al benessere del lavoratore, lo spinge invece verso il burnout.

“Anche in questo caso la cultura e l’organizzazione interna fa la differenza ̵ spiega Poletti ̵ sia perché se non ben gestito il lavoro da remoto può portare a lavorare di più, sia perché con l’utilizzo degli strumenti di videoconferenza per le riunioni, c’è rischio che alcune persone si trovino a disagio a prendere parola e quindi si limita la contaminazione di idee”.

Contaminazione che invece è fondamentale per promuovere l’innovazione e che è quindi un elemento di elevata importanza per le startup.

Lavoro phygital: modelli, tecnologie e spazi per un work-life balance ottimale

Se ben utilizzate, le tecnologie aiutano a creare un ambiente dove la forza lavoro gode di un buon work-life balance promuovendo collaborazione tra i team aziendali, valorizzando il lavoratore e migliorando l’esperienza lavorativa.

Si delineano quindi i contorni di un mondo del lavoro dove le tecnologie si integrano e potenziano i processi tradizionali, dove realtà fisica e digitale coesistono: un mondo phygital.

Per cavalcare questa transizione, in contesti dove la flessibilità è passata dall’essere un benefit ad un must per i lavoratori, c’è bisogno anche di ripensare gli ambienti di lavoro, che devono adattarsi alle esigenze ̵ e fornire le tecnologie giuste.

Di questo si occupa Phygiwork, azienda che offre soluzioni di lavoro phygital on demand: spazi di coworking, uffici plug & play, sale conference e meeting room altamente personalizzabili e che dispongono delle tecnologie più avanzate.

Soluzioni flessibili, che aiutano le aziende a gestire le sfide del lavoro ibrido, sfruttando le tecnologie per connettere il personale in presenza con quello che lavora da remoto e per offrire un’esperienza lavorativa omnicanale, indipendentemente dal luogo di lavoro.

Grazie alle postazioni di lavoro fruibili in modalità as a Service, le aziende possono offrire alla forza lavoro la flessibilità tanto desiderata. Anche per l’azienda i vantaggi sono numerosi: i costi fissi legati alla gestione dei luoghi di lavoro vengono sensibilmente ridotti senza però dover sacrificare il comfort del personale, o gli strumenti di cui ha bisogno.

Migliora così il clima aziendale e, insieme ad esso, anche la produttività dei singoli. Al tempo stesso, ne beneficia anche l’immagine dell’azienda, sia da un punto di vista di sostenibilità ̵ riducendo gli spostamenti da e verso l’ufficio diminuiscono anche le emissioni prodotte ̵ che di attrattività per il proprio personale e futuri candidati.

Le postazioni e gli spazi di lavoro, inoltre, sono fruibili con contratti flessibili, che l’azienda può rimodulare a seconda delle necessità. Flessibilità e innovazione che permette alle aziende di mettere le persone al centro: con Phygiwork il lavoro ibrido è davvero alla portata di tutti.

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Michelle Crisantemi
Michelle Crisantemi

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