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Unicorn company: significato e caratteristiche delle startup che valgono più di un miliardo

Una unicorn company è una startup che ha superato la valutazione di 1 miliardo di dollari. Ecco caratteristiche e nomi di unicorni nel mondo

Pubblicato il 10 Gen 2022

Unicorn company

Le unicorn company, le startup che vengono qualificate come unicorni, prendono il nome dall’animale mitologico perché hanno in comune con esso elementi di estrema singolarità e unicità: connotazioni mitiche, appunto.

Sono state unicorn company molte di quelle che poi sono diventate colossi mondiali come Google, Facebook, Airbnb: in pratica ogni ondata tecnologica negli ultimi decenni – tra world wide web e motori di ricerca online, eCommerce e piattaforme Social – ha dato vita a uno o più unicorni.

Farsi strada nel mercato, avere grande successo e diventare una Unicorn startup significa anche farsi esempio e modello per molti altri che vogliono tentare di realizzare il loro progetto.

Ma, specialmente nei primi anni di attività, a una crescita impetuosa e folgorante va poi abbinata una sostenibilità a lungo termine, e questo anche perché la tendenza – da parte di grandi investitori e venture capital – a valutare maggiormente la crescita potenziale rispetto all’effettiva redditività può essere uno snodo piuttosto delicato e rischioso.

Che cosa significa unicorn company

Viene definita ‘Unicorno’, o unicorn company, una startup che raggiunge una valutazione di un miliardo di dollari e oltre. Attualmente di unicorni ce ne sono circa 900 nel mondo, il loro valore complessivo arriva a 3mila miliardi di dollari, con le prime posizioni e gran parte della lista occupate da società americane e cinesi, e da realtà di svariati settori, tra cui Fintech, informatica, intelligenza artificiale, gestione e analisi dei dati, eCommerce, logistica e trasporti.

Gli eventuali step successivi e ancora più grandiosi di un unicorno si hanno quando raggiunge una quotazione di 10 miliardi di dollari, diventando così un ‘decacorno’ o ‘Super Unicorn’: è il caso ad esempio di colossi Fintech come la svedese Klarna, valutata 45 miliardi, quello brasiliano Nubank (che ne vale 30), e Chime da San Francisco (25 miliardi), o come i giganti cinesi dell’eCommerce Xiaohongshu e Shein, che valgono rispettivamente 20 e 15 miliardi, e qualche decina di altri ancora.

Se si raggiungono i 100 miliardi di dollari di valore ecco che si passa al livello di ‘ettocorno’ (hectocorn), e di questi se ne contano un paio: ByteDance, la società cinese specializzata in intelligenza artificiale valutata 140 miliardi di dollari, che ha creato e controlla la piattaforma TikTok, e l’americana SpaceX, del valore di circa cento miliardi, che ha il compito di portare in orbita i sogni spaziali di Elon Musk.

Quando nasce il concetto di unicorn company

Il termine azienda ‘unicorno’ è stato coniato nel 2013 da Aileen Lee, fondatrice di Cowboy Ventures, un fondo americano di venture capital, per descrivere le società tecnologiche che arrivavano appunto a una valutazione di almeno un miliardo di dollari.

Casi rari, anzi rarissimi, se si pensa che a fronte della moltitudine di startup mondiali, si stima che un’azienda abbia solo lo 0,000006% di possibilità di diventare un unicorno, e quelle che ci riescono impiegano in media sette anni per arrivarci.

Il fenomeno degli unicorni è anche controverso perché diversi osservatori ritengono che il numero crescente di startup unicorno sia un segno di una potenziale bolla nel settore: proprio perché in genere la valutazione miliardaria degli unicorni viene fatta da venture capitalist e investitori che hanno partecipato ai round di finanziamento delle società, e non è strettamente correlata alla loro effettiva performance finanziaria o ad altri dati fondamentali. Insomma, tra molti colossi dell’innovazione ci potrebbe essere anche qualche gigante d’argilla.

Quali sono le caratteristiche di una startup unicorno

Le caratteristiche che accomunano le unicorn startup sono innanzitutto il fatto di puntare su nuove tecnologie e innovazione, e la gran parte si rivolgono ai mercati internazionali e ‘consumer’ di massa.

Un’altra caratteristica è spesso quella di nascere come piccole società private, dalle idee e iniziative di pochi fondatori, che iniziano a crescere non attraverso una quotazione in Borsa (almeno, non da subito) ma con gli investimenti e l’ingresso nel capitale da parte di società di venture capital, o vengono acquisite da Gruppi e realtà più grandi.

Un altro fattore comune e forte acceleratore di crescita è quello di essere all’avanguardia, arrivare a offrire qualcosa di nuovo prima degli altri, fornire servizi e applicazioni che in poco tempo conquistano grandi fette di mercato, fino a diventare predominanti.

Quali sono le startup che valgono più di un miliardo

La lista degli unicorni più famosi e ricchi al mondo è folta soprattutto di società americane e asiatiche. Tra queste, oltre alle già citate SpaceX e ByteDance, ci sono ad esempio Stripe, valutata 95 miliardi di dollari, Instacart e Databricks (circa 40), Ripple, Fanatics, Epic games, Ant Group di Alibaba, goPuff, Yuanfudao, e molte altre.

Sempre nei posti più in alto della graduatoria mondiale degli unicorni, con valutazioni pari a decine di miliardi di dollari, ci sono anche l’australiana Canva (40 miliardi), la Fintech londinese Revolut (33 miliardi), le indiane Byju’s e One97 Communication, valutate rispettivamente 18 e 16 miliardi di dollari, e l’altra Fintech inglese Checkout.com, con il suo tesoro da 15 miliardi.

Unicorni in Europa: UK in testa

In Europa la capitale degli unicorni è il Regno Unito. Secondo i dati diffusi a gennaio 2022 da CB Insights, sono 36 le aziende britanniche che hanno superato il ”numero magico” necessario per entrare nel “club”. Guida la carica Revolut, startup del fintech, valutata 33 miliardi di dollari. Germania e Francia si piazzano a pari merito al secondo posto con 22 unicorni, seguite dall’Olanda con cinque nuovi unicorni. Nessuna grande startup in Italia, evidenzia la ricerca.

Unicorn startup in Italia? (Quasi) non pervenute

Possiamo dire che l’Italia brilla nel mondo per tante eccellenze dell’industria e della manifattura, ma finora certo non per le startup unicorno. Lasciando da parte i dati di CBS Insights, se ne contano al momento soltanto due, o forse soltanto una. Il primo unicorno italiano della storia è stata Yoox, fondata nel 2000 da Federico Marchetti, che nel 2015 è diventata Yoox Net-a-porter Group, per la fusione con l’altro famoso brand di moda eCommerce.

Il secondo caso è più recente: Depop, la startup di social shopping per comprare e vendere capi vintage, acquistata da Etsy per 1,6 miliardi. È anche il primo unicorno in assoluto per valorizzazione alla exit (è stata pagata più di Instagram). Depop, incubata in H-Farm a Treviso, è nata nel 2011 da un’idea di Simon Beckerman ma dal 2012 ha sede a Londra. Quindi gli analisti si chiedono se sia effettivamente un unicorno  definibile “italiano”. 

Perché così pochi unicorni nel Belpaese? Le startup italiane spesso fanno ancora fatica a trovare adeguato sostegno per decollare, e ancora di più per espandersi su grande scala. Per fare tutto questo, oltre a talento, competenze e capacità manageriali, è essenziale il circuito di investimenti che rappresenta il combustibile fondamentale per il motore delle nuove imprese e idee imprenditoriali.

C’è ancora molto da fare e da lavorare se in un Paese del G7 come l’Italia si contano finora soltanto due unicorni, e in Israele, un Paese più piccolo e meno popoloso della Lombardia – ma la ‘Startup nation’ per eccellenza – ce ne sono 45, di cui 15 nati negli ultimi due anni.

(Articolo aggiornato al 10/01/2022)

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Stefano Casini
Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, imprese, tecnologie e innovazione. In oltre 20 anni di attività, ho lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Mi piacciono i progetti innovativi, il teatro e la cucina come una volta.

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