La proposta

#startupNOtax, anche il Corriere della Sera è d’accordo

Massimo Sideri scrive che l’aumento dell’aliquota del capital gain rischia di trasformarsi in una “tassa sull’innovazione”. E, così come segnalato da Economyup, sottolinea che avrebbe senso “sollevare un’eccezione a favore delle startup”. Bene! Più siamo, meglio è

Pubblicato il 16 Apr 2014

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L'opinione di Massimo Sideri sul Corriere della Sera del 16 aprile

Più siamo, meglio è! La proposta lanciata quasi un mese fa da Economyup con un post di Pierluigi Paracchi (era il 25 marzo esattamente…) di un’aliquota dedicata sul capital gain delle startup ha prodotto attenzione, confronti e sta circolando nell’ecosistema, anche perché ha segnalato un’evidente contraddizione con la politica di sostegno all’innovazione finora perseguita dagli ultimi tre governi.

Il tema ha alimentato un dibattito sulla nostra piattaforma e sta cominciando ad emergere: oltre a mobilitare diversi soggetti dell’ecosistema che stanno valutando come far sentire la loro voce, trova spazio anche sulla stampa nazionale. Oggi, 16 aprile, è uscito nella pagina dei commenti del Corriere della Sera pezzo di Massimo Sideri, stimato e attento giornalista economico del quotidiano milanese, che raccoglie il venticello che si è sollevato sul tema e lo ripopone a una più ampia platea.

SIderi esordisce con tomi pessimistici: «Da pochi giorni sono state definitivamente attuate le leggi sulle start up in Italia. Alla fine sarebbe facile cadere nella tentazione di concludere che la montagna ha partorito un topolino: pur promessi a più riprese, i fondi per alimentare un’asfittica industria del capitale di ventura — 81 milioni nel 2013 — non sono mai arrivati». Quindi vira verso una visione più “morbida”: «Ma l’azione congiunta del governo Monti e Letta ha permesso d’introdurre delle detrazioni fiscali Irpef del 19% fino a mezzo milione d’investimento nelle start up. Si tratta di una misura capace di alimentare un circolo virtuoso proprio perché, tramite la dichiarazione Irpef, incentiva gli investimenti di singoli imprenditori nelle aziende innovative.

Nella sostanza, si viene a creare un ponte che fino a oggi non è stato percorso se non in maniera solitaria. Un altro indizio positivo giunge dalle Camere di commercio: dall’entrata in vigore della legge, dopo un avvio non certo fulminante, sono state create 1.900 start up «innovative», cioè che rispettano i vincoli imposti dalla legge, con un fatturato complessivo di 100 milioni e 6 mila occupati. Le proiezioni di 4-5 mila nuove aziende entro la fine del 2014 non sembrano irragionevoli».

Tutto bene? Sì, se non ci fosse la “contraddizione” dell’aumento dell’aliquota sul capital gain che, nel caso delle startup, rischia di trasformarsi in una “tassa sull’innovazione”, come scrive Sideri. «Una disattenzione rischia di trasformarsi in una «tassa sull’innovazione» e annullare i benefici di questa fatica, risvegliando Sisifo: il premier Renzi ha annunciato di volere aumentare le imposte sul capital gain dal 20 al 26% già da maggio. Un intervento che si andrebbe ad aggiungere a quello introdotto da Monti con il passaggio, esclusi i Bot, dal 12,5 al 20%. Ora, che senso ha un incentivo nel momento dell’investimento e un rincaro della tassazione nella fase di uscita?

Le grandezze sono diverse, certo. L’incentivo è annuale, la vendita unica. Ma se si crede veramente alla capacità di rinnovamento delle start up, in assenza di soldi, avrebbe senso sollevare un’eccezione in loro favore. Anche perché imprenditori e investitori innovativi sono erratici per definizione e pronti a guardare oltre i confini. E assieme ai soldi e ai posti di lavoro, rischiamo di perdere anche l’energia del cambiamento». Non si può fare altro che sottoscrivere le parole di Sideri, con l’augurio che trovino presto altri e convinti sostenitori.

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