Singer (The Startup Nation): Italia, connetti il tuo ecosistema con quello di altri Paesi come Israele

Il giornalista co-autore del libro che racconta il miracolo economico israeliano analizza gli scenari di open innovation che riguardano le grandi aziende italiane a Tel Aviv e consiglia agli innovatori di casa nostra di rafforzare i legami con gli hub all’estero

Pubblicato il 22 Lug 2016

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Saul Singer, co-autore di The Start-Up Nation

Saul Singer è stato il giornalista che ha definito Israele “the Startup Nation“, la nazione delle startup. E poco ci manca che ora la chiami “the Open innoNation“, la nazione dell’open innovation, dal momento che quando EconomyUp lo ha incontrato a Tel Aviv, alla presentazione dell’Innovation Hub di Enel, la maggior parte delle sue analisi era mirata a illustrare i benefici dell’innovazione aperta e della collaborazione tra grandi aziende e startup.

Secondo l’editorialista di The Times of Israel che ha scritto insieme a Dan Senor The Start-Up Nation, in un Paese come Israele, dove nel primo semestre del 2016 gli investimenti in startup hi-tech sono stati di 2,8 miliardi di dollari, è vitale che le nuove imprese trovino nuovi mercati grazie all’aiuto delle corporation come Apple, Google e – appunto – colossi dell’energia come Enel. E viceversa, le big companies entrano in contatto con innovazioni disruptive che diversamente non potrebbero conoscere. Di questo scambio – osserva Singer – possono beneficiare anche i Paesi che al momento si trovano più indietro nella corsa all’innovazione perché la relazione tra grandi aziende e startup avvicina gli ecosistemi di nazioni diverse e li fa crescere.

Singer, grandi aziende italiane come Enel stanno guardando a Israele con interesse e lanciano programmi per entrare in contatto con le startup più promettenti. Come si sta attrezzando l’ecosistema israeliano in ottica di open innovation?
Sono centinaia le aziende che arrivano qui da tutto il mondo. Ciò che Enel sta facendo è in linea con quello che fanno Apple, Google, Microsoft e altri giganti. Queste grandi compagnie cercano startup che facciano da partner per l’innovazione. E vengono qui essenzialmente per questo scopo, anche perché Israele, per dimensioni, è un mercato molto piccolo. Il numero di grandi corporation che si insediano qui per collaborare con le startup è sempre più alto. Cercano di allearsi con le startup, di investire, di trovare partner con nuovi prodotti e di combinare la forza dei prodotti innovativi ideati in Israele con la forza dell’essere grandi corporation.

In base a una recente analisi dell’Economist, la Silicon Valley israeliana è un po’ in crisi soprattutto perché le imprese faticano a reperire personale qualificato. Cosa sta succedendo?
Anche la Startup Nation ha bisogno di crescere per competere con i tanti centri di innovazione che stanno nascendo nel mondo. Se vogliamo rimanere il secondo hub del pianeta, dobbiamo crescere in modo sostanziale. Il principale ostacolo alla crescita è il capitale umano. Siamo un piccolo Paese, dobbiamo massimizzare il nostro capitale umano qui in patria e connetterci di più con gli ecosistemi in giro per il mondo. Dobbiamo metterci in contatto con talenti che ci possono aiutare a crescere. E contemporaneamente noi possiamo agevolare la crescita di altri ecosistemi del mondo, compreso quello italiano, facendo innovazione insieme a loro.

Che lezione può trarre l’ecosistema italiano da Israele per crescere?
Se un ecosistema vuole crescere – e mi riferisco anche a quello italiano – deve necessariamente fare un miglior lavoro di connessione con altri ecosistemi. È la chiave. Credo che i Paesi che non la pensano in questo modo incontreranno difficoltà mentre i Paesi che stanno provando attivamente a creare connessioni efficaci tra ecosistemi dell’innovazione saranno i vincitori nella sfida globale. Vale per Israele, per l’Italia e per tutti gli altri Paesi che vogliono puntare sull’innovazione come strumento di crescita.

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