SOLUZIONI & APPLICAZIONI

Open innovation: gli hackathon convengono alle aziende?

Ricomincia la stagione degli hackathon, eventi durante i quali team di programmatori sviluppano progetti per risolvere problemi degli organizzatori. La soluzione ideale di “innovazione aperta”? Sì, se l’obiettivo è la comunicazione. “Ni” se si cerca l’idea che risolverà tutto. Anche perché costano fino a 50mila euro

Pubblicato il 29 Set 2017

Hack 4 Change, l'hackathon di Angelini Industries

A settembre è ricominciata la stagione degli hackathon e, prevedibilmente, durerà fino all’inizio dell’estate. Negli ultimi anni, infatti, gli hackathon sono diventati un format molto popolare tra i manager che vogliono comunicare di essere pronti a fronteggiare l’impatto della trasformazione digitale, che l’azienda ha un approccio aperto all’innovazione e che è in grado di attrarre i giovani-talenti-del-digitale (sic!) per rimanere competitiva.

Vale la pena fare il punto su rischi e opportunità sia per le aziende che li organizzano che per le persone che partecipano. In questo articolo, mi occuperò degli hackathon dal punto di vista dell’azienda. La settimana prossima, invece, proporrò delle considerazioni utili per i partecipanti.

Partiamo chiarendo che, per hackathon, intendiamo un evento pubblico di uno o più giorni (generalmente si tratta di un weekend), durante il quale team di programmatori software e designer sviluppano dei progetti con l’obiettivo di risolvere dei problemi di innovazione degli organizzatori. Questo è il format che si è diffuso in Italia.

Cosa aspettarsi da un hackathon

Per un responsabile innovazione che ha bisogno di posizionare la propria azienda tra quelle che fanno open innovation (e chi non la fa oggigiorno?), l’hackathon ha tutte le caratteristiche della quick win:

  • l’iniziativa si svolge spesso in un co-working o un incubatore (spazi cool popolati da startupper e giovani-talenti-dell’innovazione che giocano a biliardino durante l’orario di lavoro);
  • l’iniziativa si conclude con un evento pubblico al quale potrebbe partecipare anche l’amministratore delegato (bonus!);
  • è possibile coinvolgere i colleghi di altre direzioni con richieste tutto sommato facili da evadere come la creazione del brief con le sfide di innovazione e la partecipazione all’evento come mentor;
  • si producono contenuti da pubblicare sulla intranet e si fa un po’ di rassegna stampa.

In altri termini, se l’obiettivo è di comunicazione, l’hackathon è senza dubbio un’opzione da prendere in considerazione. Se, viceversa, lo scopo è raccogliere nuove idee, la dura realtà è che gli hackathon difficilmente producono un risultato utile all’azienda. A mio avviso, questo accade principalmente per tre motivi.

1.Le idee sono già state prese in considerazione. La maggior parte dei problemi di un’impresa ha un ventaglio di soluzioni piuttosto ovvie che qualcuno ha già preso in considerazione e sta implementando, anche se con tempi biblici, in modo incompleto e viziato da vincoli organizzativi e politici. D’altro canto, nessuna azienda rimane ferma e immobile su sé stessa: i prodotti evolvono comunque in modo incrementale per rispondere alle sollecitazioni del mercato. Le idee in questa categoria vengono percepite come un deja-vu e quindi non sono utili.

2.Le idee sfidano dei tabù organizzativi. Spesso i giovani-talenti-dell’innovazione propongo fughe in avanti presentando soluzioni che non possono essere metabolizzate.  Per esempio, l’anno scorso ho organizzato due hackathon per “innovare l’ufficio postale”. Per l’azienda, l’innovazione era cercare di usare in modo creativo gli elimina code; per i partecipanti l’innovazione era digitalizzare tutto ed eliminare gli sportelli!

3.Le idee sono inconsistenti. Il sillogismo in base al quale si conclude che i giovani, in quanto abili a usare uno smartphone, siano dotati di talento per l’innovazione digitale non regge la prova dei fatti. Negli ultimi due anni ho tenuto un corso di progettazione di prodotti digitali all’Università Roma Tre: gli studenti sono partiti da un problema, hanno individuato delle soluzioni e hanno realizzato un prototipo su carta. Quasi tutti i prototipi ignoravano completamente i pattern tipici delle app che gli stessi studenti usano tutti i giorni. Allo stesso tempo, la stragrande maggioranza dei ragazzi aveva pochissima conoscenza (e probabilmente altrettanta curiosità) delle tecnologie emergenti, anche quelle più facili da capire come la realtà virtuale o la realtà aumentata. Insomma, ammesso che l’età conferisca un qualche vantaggio in termini di capacità di innovare, il talento digitale va comunque coltivato e ha bisogno di tecnica prima che riesca a produrre risultati degni di nota.

Al termine della maratona, molto probabilmente l’azienda si troverà con un po’ di idee che aveva già preso in considerazione e con un po’ di idee inutili. Anche se dovesse esserci una buona idea, si porrebbe comunque il problema della loro implementazione: chi le prende in carico? E’ necessario coinvolgere i partecipanti all’hackathon? Come? In tutte le organizzazioni, le idee devono compiere lunghi e accidentati percorsi prima di concretizzarsi.

Qual è il ROI di un hackathon?

Se è vero che un hackathon è innanzitutto un investimento in comunicazione, allora occorre capire se il costo pagato per organizzarne uno (o una serie) è congruo oppure no. Il conto è presto fatto. Un evento di tre giorni (dal venerdì pomeriggio alla domenica sera) può costare tra i 20.000 e i 50.000 euro, che vengono divisi così:

  • progettazione e gestione dell’evento: tra i 20.000 e i 40.000 euro
  • spese vive (catering, gadget, allestimenti, etc.): 10.000 euro
  • premi: tra i 5.000 e i 10.000 euro, ma spesso i vincitori vengono premiati solo simbolicamente.

A questi, ovviamente, vanno aggiunti i costi delle risorse interne all’organizzazione allocate sul progetto, che in una grande azienda possono arrivare anche a una decina, tra il team che promuove l’iniziativa, le persone della comunicazione che gestiscono gli eventi, l’ufficio stampa, e tutti i colleghi coinvolti nella definizione delle challenge e nelle attività di mentoring.

Per una grande azienda, non si tratta di cifre fuori dal mondo, però non è budget che si alloca senza fare una riflessione strutturata sul ritorno sull’investimento.

Tre domande prima di organizzare un hackathon

In conclusione, prima di organizzare un hackathon, occorre farsi tre domande:

  • qual è l’obiettivo che voglio raggiungere? Si è diverso dalla comunicazione, probabilmente ci sono alternative più interessanti di un hackathon;
  • che cosa succede se esce comunque una buona idea? è possibile portarla avanti all’interno dell’azienda e concretizzarla?
  • quant’è il budget che posso allocare sul progetto e come valuto il ritorno sull’investimento?

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