Caso ITAtech, si chiude l’operazione Sofinnova: 40milioni pubblici al venture capital francese

Con un’accelerazione preelettorale, nei prossimi giorni sarà ufficializzata l’operazione anticipata da EconomyUp. Una buona parte della dotazione del fondo per il trasferimento tecnologico viene affidata al fondo di venture transalpino che prende anche 10 milioni dal FEI. Telethon farà lo scouting dei progetti

Pubblicato il 12 Feb 2018

cassa-depositi-prestiti-151218115646

Sofinnova prenderà 40 milioni da ITAtech. Nei prossimi giorni arriverà la conferma ufficiale di un’operazione che EconomyUp ha anticipato lo scorso autunno e che ha sollevato polemiche, perplessità e diverse interrogazioni in Parlamento visto che ITAtech è una piattaforma di investimenti lanciata da Cassa Depositi e prestiti nata per sostenere il trasferimento tecnologico in Italia e Sofinnova un fondo di venture capital francese che alla fine farà una bella raccolta senza un euro…francese, visto che riceverà altri 10 milioni dalla Banca Europea degli Investimenti, che controlla il FEI, Fondo Europeo degli Investimenti.

IL CAMBIAMENTO DI CLIMA POLITICO

Fabio Gallia, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti
Dopo mesi di silenzi imbarazzati e risposte evasive, sembra che a imprimere un’accelerazione alla chiusura e alla comunicazione dell’investimento siano stati diversi segnali che fanno prevedere un cambio di clima attorno a Cassa Depositi e Prestiti dopo il voto del 4 marzo. Adusbef ha presentato un esposto alla Corte dei Conti a firma del presidente Elio Lannutti, che è candidato con i 5Stelle. L’iniziativa è stata sostenuta da un perentorio post su Facebook del candidato premier Luigi Di Maio, che non lascia spazio a interpretazioni: “Con il Movimento 5stelle al governo non succederà più che una società come Cassa Depositi e Prestiti, partecipata per più dell’80% dallo Stato, eroghi attraverso una sua controllata fondi per decine di milioni di euro a una società di venture capital francese, senza nessuna spiegazione”. D’altro canto dalle parti del centro destra non c’è gran feeling con l’attuale dirigenza di Cassa Depositi e Prestiti che, tra l’altro, è in scadenza quest’anno. A presentare la prima interrogazione al ministro dell’Economia Piercarlo Padoan  è stato l’onorevole Antonio Palmieri di Forza Italia.

UNA BRUTTA PAGINA PER IL VENTURE CAPITAL ITALIANO

Si è pensato bene quindi di approfittare di questo fine legislatura per mettere il nuovo governo di fronte a cose fatte, evitando interventi e ripensamenti che sarebbero stati inevitabili. Così una buona parte della dotazione di ITAtech (200 milioni) andranno a un operatore di venture capital francese con cui Cassa Depositi e Prestiti ha una consuetudine: dal 2012 gli ha già affidato circa 35 milioni. di cui solo 6 tornati in Italia. Cifre che appaiono enormi se rapportate alle dimensioni ridicole del mercato italiano dei capitali di rischio che ogni anno galleggia attorno ai 100milioni. Non è una bella pagina per il venture capital nazionale la vicenda ITAtech. C’è chi nei mesi scorsi ha parlato di debacle. Forse è un po’ esagerato ma sicuramente deve far pensare il fatto che una società pubblica non abbia ritenuto affidabile un soggetto al di qua delle Alpi o che non abbia fatto nulla per farlo nascere magari per aggreazione di quelli troppo piccoli attualmente esistenti. Se ne parlerà molto nei prossimi mesi.

IL RUOLO DI TELETHON

A fare lo scouting dei progetti da finanziare in Italia con i capitali affidati a Sofinnova sembra che sarà Telethon, nel cui Consiglio d’Amministrazione siede Fabio Gallia, CEO di Cassa Depositi e Prestiti. Per una singolare e preoccupante coincidenza presidente di quello stesso CDA è Luca Di Montezemolo, che ha appena consegnato NTV Italo agli americani con grande soddisfazione degli azionisti ma con qualche malumore tra chi ha ancora a cuore il futuro di questo Paese. Si chiamava Italo ed è diventata a stelle e strisce. Si chiama ITAtech ma finisce tra le braccia della Marianna. Come dice il ministro Carlo Calenda, in Italia abbiamo imprenditori straordinari e un capitalismo fragile. Vale per le aziende consolidate ma vale soprattutto per le nuove imprese, le startup, che non riescono a trovare il sostegno necessario per crescere e internazionalizzarsi. Neanche quando a metterle a disposizione è lo Stato.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

Articoli correlati

Articolo 1 di 4