ECOSISTEMA

Andiamo oltre i dati 2025 e guardiamo alla crescita di startup e scaleup, dice Antonio Ghezzi



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Secondo Antonio Ghezzi, direttore dell’Osservatorio Startup & Scaleup Hi-tech del Politecnico di Milano, non bisogna fermarsi al dato puntuale sugli investimenti, ma leggere le trasformazioni nel tempo, distinguendo fasi di crescita, rallentamento e stabilizzazione

Pubblicato il 31 dic 2025



Antonio Ghezzi
Antonio Ghezzi

L’analisi dell’ecosistema startup e scaleup italiano richiede una prospettiva che vada oltre la fotografia di un singolo anno. È su questa impostazione che si sviluppa l’intervento di Antonio Ghezzi, Direttore dell’Osservatorio Startup & Scaleup Hi-tech e Full Professor al Politecnico di Milano, che il 2 dicembre 2025 ha presentato i risultati della Ricerca annuale durante il convegno Digital & Open Innovation 2026: cosa serve a imprese e startup per un cambio di passo, organizzato dagli Osservatori Startup Thinking, Startup & Scaleup Hi-tech e Digital Transformation Academy presso gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.

Ricordando che si tratta di un lavoro portato avanti da 14 anni, costruito sulla misurazione continua degli investimenti in capitale di rischio raccolti da startup e scaleup con sede in Italia, sia da attori nazionali sia internazionali, Ghezzi apre il suo intervento con un’affermazione volutamente provocatoria: “io sono Direttore di un Osservatorio morto”

Nel corso di questo periodo, l’Osservatorio ha quantificato il mercato dell’equity considerando fondi di Venture Capital, investitori informali e capitale internazionale. Ghezzi sottolinea come il valore della ricerca non risieda solo nel dato puntuale, ma nella possibilità di leggere le trasformazioni strutturali dell’ecosistema nel tempo, distinguendo fasi di crescita, rallentamento e stabilizzazione.

Investimenti in stallo: i numeri del 2025

Nel 2025 gli investimenti complessivi in startup e scaleup hi-tech italiane si attestano a circa 1,456 miliardi di euro, un dato che conferma la stabilità rispetto all’anno precedente ma rimane distante dal picco del 2022. Ghezzi osserva che “non siamo ancora ai fasti del 2022 in termini assoluti”, evidenziando come il rimbalzo registrato nel 2024 non abbia dato origine a una nuova fase di crescita strutturale.

Venture Capital, investitori informali e capitale internazionale

Analizzando la composizione degli investimenti, Ghezzi evidenzia che i fondi di Venture Capital confermano il loro ruolo di attori istituzionali, con il 64% degli investimenti caratterizzato da ticket superiori al milione di euro. Più significativa è la crescita del capitale internazionale, che nel 2025 rappresenta circa il 40% degli investimenti totali.

“Questo è un dato certamente positivo”, osserva Ghezzi, sottolineando che l’arrivo di capitali dall’estero può “dare aria, linfa, benzina all’ecosistema”. La provenienza è prevalentemente europea e statunitense, con un peso crescente degli investitori USA, mentre si registra un forte calo della Germania.

Il confronto con Francia, Germania e Spagna

Il confronto con gli altri Paesi europei mostra un ecosistema startup italiano ancora sottodimensionato. I volumi di investimento collocano l’Italia ben al di sotto di Francia e Germania e leggermente dietro anche alla Spagna. Per Ghezzi, il punto non è solo quantitativo, ma riguarda la capacità complessiva del sistema di sostenere la crescita delle imprese nel tempo.

Il ruolo ancora marginale delle corporate

Un altro elemento critico riguarda il coinvolgimento delle corporate. Il numero di acquisizioni di startup da parte di grandi aziende resta contenuto, con circa 20 operazioni nel 2025. Questo limita il numero di exit e riduce la capacità del sistema di reinvestire il capitale generato, un passaggio fondamentale per la sostenibilità dell’ecosistema.

Deep tech e scaleup: i segnali più rilevanti

Tra i segnali più interessanti emersi dai dati, Ghezzi richiama l’attenzione sul peso crescente del deep tech. Undici delle quindici startup più finanziate rientrano in questo ambito, caratterizzato da tecnologie che “richiedono lunghi tempi di incubazione e grandi investimenti pazienti”.

Ghezzi chiarisce però che deep tech e scaleup non coincidono necessariamente. Alcune imprese possono raccogliere grandi capitali pur non rispettando i criteri di crescita in termini di dipendenti o fatturato. Ciononostante, si tratta di “un elemento molto positivo per l’ecosistema” e di “un segnale molto rilevante che ci fa ben sperare”.

La crescita conta più del numero di startup

Nel suo intervento, Ghezzi insiste sulla necessità di spostare il focus dalla quantità alla crescita. “Se vogliamo crescere come ecosistema, l’unico modo per farlo è fare crescere chi sta già funzionando bene”, afferma, spiegando che riallargare il funnel non è una strategia efficace in un contesto come quello italiano.

Secondo Ghezzi, concentrare risorse sulle scaleup consente di lavorare dove esistono già basi solide e competenze riconosciute, in particolare in ambiti come lo space, il cleantech e il biotech.

Exit, ritorno di capitale e sostenibilità dell’ecosistema

Il numero limitato di exit resta uno dei principali freni allo sviluppo dell’ecosistema startup e scaleup italiano. Senza un flusso costante di operazioni di uscita, il capitale fatica a rientrare nel sistema e a sostenere nuovi cicli di investimento. Questo incide direttamente sulla capacità di costruire un ecosistema più maturo e resiliente.

In chiusura, Ghezzi torna sul ruolo dell’Osservatorio, ribadendo che la disponibilità di dati non è più il problema principale. Il valore aggiunto sta nella capacità di interpretarli e di collegarli alle dinamiche industriali e finanziarie. “Lunga vita all’Osservatorio, lunga vita all’ecosistema”, conclude, richiamando l’attenzione sulla necessità di continuare a osservare, misurare e comprendere un sistema in trasformazione.

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