L'INTERVISTA

L’assessora Paola Pisano: “Così Torino vuole diventare la città partner dell’innovazione”

L’assessora all’innovazione del comune piemontese fa il punto sui progetti innovativi in corso: auto a guida autonoma, droni, robotica. Con un obiettivo ben preciso: fare della città un luogo di testing per tutte le aziende con un’idea innovativa. “Non siamo solo smart, puntiamo a essere un partner di innovazione” dice

Pubblicato il 25 Gen 2019

Paola Pisano, Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione

“In futuro potrò dire ai miei figli che ho contribuito ad attirare in città aziende che danno lavoro a molte persone. Aziende che si occupano di tecnologie del futuro. E queste sono il driver del cambiamento della nostra società”. Anche quando parla del suo lavoro Paola Pisano puntualizza di essere madre di tre figli. L’assessora all’innovazione del Città di Torino non ha bisogno di presentazione. Basta citare i test dell’auto a guida autonoma partiti l’anno scorso nel capoluogo piemontese per capire di chi stiamo parlando. Di recente si è aggiudica il titolo di DigiWoman 2018, cioè donna più influente nel digitale in Italia. E anche in questo caso tira in ballo i figli: “Stiamo contribuendo al futuro del nostro Paese. Un futuro che appartiene ai nostri figli” dice con orgoglio l’assessora. Che con EconomyUp fa il punto su tutti i progetti del suo lavoro che le stanno procurando visibilità: auto a guida autonoma, 5G, smart city, nuove opportunità legate all’innovazione.

Paola Pisano, assessora all’innovazione della città di Torino

Partiamo dalle driverless car. Torino da “città dell’auto” a “città dell’auto a guida autonoma” e laboratorio di innovazione per la smart city. Da dove è partita, e dove vuole arrivare, la trasformazione della città della Mole?

Siamo partiti studiando la città del futuro e analizzando alcuni trend: invecchiamento della popolazione, città sempre più popolate, la crescente preferenza dei cittadini per servizi di sharing e condivisione, l’attenzione per l’ambiente. Tra le varie idee sulla città del futuro, c’è la mobilità autonoma con la quale abbiamo deciso di partire. Abbiamo fatto un partenariato con varie aziende, sia quelle che si occupano di car makers, cioè costruttori di auto, sia quelle che si occupano di tecnologia e che realizzano infrastrutture tecnologiche, come Tim o Intel, con Università, assicurazioni e con le pmi che a Torino rappresentano un tessuto forte nel settore dell’automotive. Con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti abbiamo fatto un accordo affinché un Osservatorio osservi i nostri use case in città; abbiamo definito un percorso di testing per l’auto a guida autonoma e siamo andati oltre: la nostra prerogativa è dare tutta la città in testing, in modo che se un’azienda voglia testare un’innovazione a livello pre-commerciale e ad alto rischio di fallimento, Torino sia pronta ad accoglierla.

A proposito di test e innovazione, sui social c’è chi accusa il Comune di pensare alle smart road ma di non aggiustare le strade che continuano a essere rotte e piene di buche.

Ci stiamo occupando di entrambe le cose. Ma sono due aspetti diversi: una cosa è la manutenzione delle infrastrutture fisiche della città, per la quale stiamo allocando dei soldi; un’altra è l’innovazione. Io sono l’assessore all’innovazione, mi occupo di attirare le opportunità dell’innovazione sulla città perché Torino possa diventare competente in materia e far fiorire queste opportunità, magari creando nuovi posti di lavoro, visto che in questo momento abbiamo bisogno di far ripartire l’economia della città e dell’Italia in generale.

Tutti i progetti innovativi a Torino

Quali sono le macro-aree nelle quali vengono declinati i progetti innovativi?

Auto autonoma e veicoli autonomi, dai van ai pullman; droni, che miglioreremo sempre di più con l’intelligenza artificiale e che utilizzeremo per il controllo del traffico, monitoraggio delle infrastrutture, mobilità di oggetti; Torino inoltre è una delle città testing per le innovazioni legate alla mobilità aerea. Poi c’è la parte robotica: puntiamo su robot collaborativi e robot all’interno delle fabbriche per le catene di montaggio; e ancora sperimentazioni legate a IoT e sensoristica; e infine 5G, realtà virtuale e realtà aumentata e tutti i servizi che la banda ultraveloce può portare, quali per esempio la telemedicina. Queste sono le macro-aree sulle quali noi ci stiamo concentrando, ma siamo aperti a qualsiasi idea innovativa.

Nonostante l’apertura all’innovazione e i test legati alla rete 5G, Torino non è però tra le città scelte per la sperimentazione del 5G: come mai?

Il precedente governo non ha allocato i fondi, per cui siamo partiti senza. Abbiamo un partenariato con Tim che ha scelto Torino per la sperimentazione del 5G, e speriamo di ottenere finanziamenti in futuro. Le cose si possono fare anche con il coinvolgimento dei partner che mettono loro stessi gli investimenti necessari e le infrastrutture per far partire un progetto. Io sono dell’idea che le infrastrutture debbano essere costruite soprattutto dai privati perché il privato in questo momento ha le competenze necessarie sull’infrastruttura del 5G, così come l’ha avuta sul 3G e sulla costruzione delle strade. Sono sempre stati i privati che hanno costruito le infrastrutture dove poi sono nate le innovazioni. Innovazioni che sono sempre state frenate e che per questo devono essere guidate: basti pensare che, quando è nata, la macchina aveva il divieto di andare più veloce dei cavalli. Il nuovo fa sempre paura, soprattutto sui posti di lavoro e sulla trasformazione che impatterà sulla città.

I test con l’auto a guida autonoma

Torniamo all’auto a guida autonoma e facciamo il punto sui test e sulla gaffe del semaforo rosso. Che cosa è successo?

Lo scorso ottobre abbiamo fatto un test di auto a guida remota non in mezzo al traffico; il 28 novembre è stato effettuato il test dell’auto a guida autonoma nel traffico: a bordo c’era la sindaca Appendino e c’è stata la famosa gaffe del semaforo rosso. Cosa è successo? Semplice: quando la sindaca è salita a bordo dell’auto, chi stava preparando la vettura per il test era così teso perché tutto andasse bene che ha dimenticato il sensore che collega l’auto a guida autonoma all’auto civetta. Quest’ultima è passata con il giallo e la vettura autonoma, che la seguiva, ha preso il rosso. Comunque, subito dopo l’ho provata io, i sensori erano tutti a posto, ed è andato tutto bene.

Le aziende partner

Il fatto di aprire le porte della città alla sperimentazione di progetti innovativi è sicuramente attrattivo per le aziende. Finora, quante sono state le richieste di partnership? E quante sono state accettate?

Noi abbiamo adottato una politica di innovazione, Torino city lab, per la quale abbiamo creato un sito web sul quale le aziende mandano la loro proposta di testing sulla città: noi la valutiamo dal punto di vista della fattibilità attraverso commissioni apposite e, se è fattibile, la sviluppiamo insieme all’azienda sul territorio, semplificando al massimo le procedure di autorizzazione con i vari enti. Accompagniamo le aziende, qualora abbiano bisogno di supporto al modello di business o dal punto di vista tecnologico, testiamo i loro progetti coinvolgendo i cittadini e, se il progetto funziona, scaliamo l’innovazione, raccontando e aprendo queste idee innovative anche ad altre città. Torino dunque si mette come partner di innovazione delle aziende che vogliono venire in città. Ad oggi abbiamo fatto sperimentazioni sul 5G insieme a Tim per l’auto a guida remota e poi a guida autonoma, un altro test per auto a guida remota con Objective Software; test con l’azienda Save, nostro partner per il progetto smart road; con l’azienda di robotica Makr Shakr abbiamo fatto un test con un robot che distribuisce bevande ai cittadini. Stiamo per partire con test di sensoristica all’interno della metropolitana, ma non posso rivelare ancora nulla. Abbiamo in ballo 3-4 proposte da aziende che abbiamo già valutato e che devono iniziare la sperimentazione, e altre 4 proposte che devono essere valutate.

Quanti investimenti sono necessari per realizzare questi progetti?

Non è una questione economica ma di approccio: è necessario un cambio di marcia culturale, saper accettare le novità, accettare l’innovazione, accettare un cambio nella pubblica amministrazione, rendendo la struttura pubblica meno gerarchica e più piatta dove possano essere fatti progetti nuovi e in modalità nuove.  Poi certo, ci vogliono anche i soldi, ma i soldi per i miei progetti arrivano sempre. Non sono preoccupata dei soldi.

Innovazione e cittadini

Tutta questa innovazione in fase di test ha anche ricadute positive per i cittadini?

La prima ricaduta positiva che ci aspettiamo è che le aziende vengano a Torino e che possano crearsi nuovi posti di lavoro. Ma c’è anche altro: pensate al risparmio di tempo che può apportare la digitalizzazione dei servizi della pubblica amministrazione; pensate a un futuro in cui da un telefonino si può chiamare un’auto a guida autonoma che vada a prendere i genitori per riportarli a casa. Secondo uno studio di Meckinsey, se auto autonoma e digitalizzazione dell’auto entrassero a regime tra i cittadini, si potrebbero risparmiare ben 60 ore all’anno. Non sono poche: sono tante ore da dedicare a quello che ci piace fare, alla famiglia.

Torino da smart city a città dell’innovazione

Torino ha indubbiamente le carte in regola per diventare la prima, vera smart city italiana. Succederà davvero?
Noi non ci stiamo posizionando come smart city perché la smart city, in genere, impiega tecnologie per risolvere i propri problemi del territorio. Torino non è solo smart, Torino vuole essere la città partner dell’innovazione, una città innovativa: se un’azienda vuole testare innovazione di frontiera con alto rischio viene a Torino e noi gli diamo tutto per riuscire a sperimentare e scalare. Stiamo addirittura pensando a investitori e venture per supportare le aziende che hanno bisogno di investimenti per fare lo scale up. Noi, dunque, ci posizioniamo come città dell’innovazione.

La smart city è per definizione una città innovativa…
C’è una sottile differenza. Nella vecchia concezione, una città è smart quando usa la tecnologia per migliorare determinate problematiche. È qualcosa che facciamo anche noi, ma vogliamo andare oltre. Faccio un esempio: la spazzatura viene buttata quando un sensore all’interno del cestino manda un segnale al camion che va a raccogliere la spazzatura. Noi cerchiamo di fare un passo in più: perché deve essere il camion che va dal cestino e non il cestino che può muoversi e auto-svuotarsi? È un cambio di ottica. A noi piace tutto ciò che cambia l’approccio. Ciò non significa che non utilizziamo sensori e servizi delle città smart. Ma non è il nostro focus. Il nostro focus è l’innovazione per un approccio più efficiente e tecnologico.

Quando avverrà tutto ciò?
Prima che io me ne vada. Ho ancora due anni e mezzo quindi devo chiudere il progetto in questo arco di tempo. Quando me ne andrò Torino sarà così: una città che guarda all’innovazione e che è posizionata come città dell’innovazione.

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Concetta Desando
Concetta Desando

Due menzioni speciali al premio di giornalismo M.G. Cutuli, vincitrice del Premio Giuseppe Sciacca 2009, collaboro con testate nazionali.

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