L'EDITORIALE

Muoverci meno, muoverci meglio: la smart mobility obbligata nella Fase 2

Non sappiamo ancora come torneremo a muoverci, ma è impensabile farlo come prima. Pubbliche amministrazioni e aziende private hanno davanti una grande sfida: come gestire la smart mobility obbligata nella Fase 2. Con una minore capacità del trasporto pubblico e lo sviluppo di soluzioni alternative, a partire dalle bici

Pubblicato il 22 Apr 2020

Walter Molino, Domenica del Corriere, 1962

In città gireremo così? si domandava nel 1962 una copertina della Domenica del Corriere disegnata dal grande Walter Molino: in coda dentro trasparenti capsule individuali su quattro ruote. Fa effetto vedere quella illustrazione oltre mezzo secolo dopo, mentre siamo alle prese con la mobilità nella Fase 2, che sarà una smart mobility obbligata. È proprio vero che gli artisti a volte vedono e prevedono meglio di un algoritmo di intelligenza artificiale!

La copertina della Domenica del Corriere del 1962 con l'illustrazione di Walter Molino
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Smart mobility e Fase 2: avremo presto i nostri veicoli leggeri individuali e quindi a prova di contagio. Sarebbe un bel titolo ma in questa primavera sospesa del 2020 non sappiamo ancora esattamente come gireremo in città fra poche settimane, appena sarà dichiarata conclusa la fase di lock down. Certamente non ci muoveremo più come prima, non potremo farlo più per la necessità del distanziamento sociale che, nella Fase 2, renderà complicate scelte semplici come prendere un autobus e darà probabilmente slancio a soluzioni individuali e più leggere come, ad esempio, i monopattini elettrici o le biciclette in sharing.

Secondo un outlook di Urbi, la startup (entrata nel gruppo Telepass) che raccoglie in un’unica app tutti i servizi di mobilità in diverse città d’Europa, l’area più critica è quella del trasporto pubblico.

La ministra delle Infrastutture e dei Trasporti Paola De Micheli ha parlato sui social di un “load factor” del 60%, riferendosi a treni e aerei: ci sarà posto solo per 60 passeggeri lì dove prima potevano sedersi in 100. Non è ancora dato sapere quale sarà “il fattore di riempimento” previsto per i mezzi pubblici locali, ma sarà molto probabilmente molto più basso. L’assessore alla Mobilità del Comune di Milano Marco Granelli prevede addirittura al 25%: quindi se nell’era pre Covid-19 si muovevano quotidianamente in metropolitana 1,4 milioni di persone, dopo potranno salire a bordo meno di 500mila.

In Cina, la cui esperienza è stata studiata dagli analisti di Urbi, dopo l’uscita dalla pandemia i mezzi pubblici vengono riempiti al 50% della loro capacità ma con alcuni “accessori” che già sembrano difficilmente replicabili in Italia: la misurazione della temperatura corporea prima di salire a bordo, ad esempio. È pensabile che ATM o Trenord, per restare a Milano, possano farlo con tutti i passeggeri? Fanno già sapere di no. Altro ingrediente tecnologico che sta permettendo alla Cina di ripartire più velocemente: l’app di tracciamento obbligatoria per muoversi prevede un Qr code con il certificato medico personale: non si va da nessuna parte e soprattutto non si entra in metropolitana senza prima scansionarlo ai tornelli.

Torniamo così al tema delle soluzioni digitali e di un modello olistico in grado di utilizzarle per riprendere le attività sociali in sicurezza. L’app per il tracciamento sta per arrivare, tra le polemiche, anche in Italia ma non è dato sapere se l’ormai celebre Immuni preveda anche una soluzione per regolare gli accessi sui tram o le metropolitane. Se sarà davvero open source, potrebbe essere un feature attivabile da altri soggetti, startup o imprese consolidate che siano?Sicuramente, prevede l’outlook di Urbi, ci sarà un incremento del ticketing digitale anche se il mezzo pubblico sarà percepito come “pericoloso” per la propria salute.

Photo by Jed Dela Cruz on Unsplash

Chi si allontana dal mezzo pubblico potrebbe scoprire la sharing mobility, ma non tutta. I primi segnali dicono che nel segmento delle auto sarà necessario ripensare il modello di business, vista la difficoltà di garantire una sanificazione frequente per le corse brevi. Potrebbero invece ripartire di slancio biciclette, scooter e monopattini elettrici.

Mai come adesso la mobilità deve diventare intelligente, proponendo la soluzione migliore per spostarsi in modo semplice, sostenibile e, adesso, sicuro, da un punto A a un punto B. La smart mobility obbligata è la grande sfida che si trovano davanti pubbliche amministrazioni e aziende private, perché non ci può essere ripartenza senza movimento ma non è pensabile senza un cambiamento collettivo che faccia tesoro delle esperienze del lock down. Con i numeri che abbiamo visto non è pensabile, evidenzia Agenzia Confederale dei Trasporti e Servizi (Agens), evitare la ressa prima dei tornelli della metropolitana o alle fermate degli autobus in una città come Milano senza che la città mantenga parte delle sue nuove abitudini, lo smart working ad esempio, ripresa a vivere con diversi orari e sviluppi anche soluzioni alternative di mobilità, specie per i percorsi brevi. Su questo punta l’assessore Granelli con il programma di potenziamento delle piste ciclabili che ha ottenuto l’imprevisto apprezzamento della severa vessillifera del clima  Greta Thunberg.

Dopo la digitalizzazione forzata di questi ultimi due mesi (smart working, e-learning, ecommerce, delivery), prepariamoci quindi alla smart mobility obbligata nella Fase 2. Muoverci meno, muoverci meglio, dovrebbe essere lo slogan. L’Italia da due mesi vive al rallentatore. Adesso ha l’opportunità di ripartire e può farlo senza tornare al traffico e all’inquinamento dell’era precedente. Non dipenderà solo dalla paura del contagio ma dalla capacità di reingegnerizzare il nostro modello sociale sulla base delle tecnologie digitali.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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