INDUSTRIA TESSILE
Un microchip per sapere tutto del maglione
L’azienda umbra Lorena Antoniazzi ha brevettato un sistema che permette di inserire nell’etichetta tutte le informazioni su un capo: dalla filatura a ogni singolo luogo di produzione. Un investimento da 200mila euro.
di Viviana Musumeci
02 Lug 2013

Come spesso capita nelle belle favole, i protagonisti devono attraversare anche qualche difficoltà. Nel caso della coppia Mirabassi/Antoniazzi, quell’ostacolo si chiama 11 settembre. «Nel 2001 abbiamo vissuto un momento estremamente difficile: avevamo fatto un ingente investimento negli Stati Uniti aprendo uno show room a Manhattan, mercato per noi importantissimo. Ma le conseguenze dell’attentato dell’11 settembre ci hanno visto costretti a ridimensionare i nostri progetti e a dover ricominciare quasi da zero». Fortunatamente però, quel brutto periodo se lo sono gettati alle spalle.
Nel 2012 l’azienda ha fatturato 15 milioni di euro segnano un incremento del 20% rispetto al 2011. Per i 2013 le aspettative sono ancora più rosee, visto che la chiusura dovrebbe attestarsi sui 17 milioni. L’elemento distintivo che rende possibile ciò ha a che fare con il made in Italy, quello vero. Infatti Lorena Antoniazzi garantisce una produzione dei propri capi in Italia e la qualità con cui vengono realizzati e confezionati rappresenta una ricchezza importante che ha consentito la crescita che ha fatto fronteggiare la recessione che stiamo attraversando da tempo.
Ma non è tutto: l’azienda da tempo ha studiato il sistema per rendere la tracciabilità dei propri prodotti un fatto reale. «Quattro anni fa, con la collaborazione di due aziende informatiche umbre, abbiamo cominciato a lavorare al microchip che oggi, dopo la fase di sperimentazione, ha ottenuto il brevetto. Attraverso questo microchip inserito nell’etichetta è possibile risalire a tutte le fasi produttive (filatura, tessitura, rimaglio, trattamenti, con date, spostamenti e luoghi di produzione del capo). Digitando un codice a barre o fotografando con un smartphone il codice Qr indicato nell’etichetta, è possibile visualizzare, da una schermata del sito dell’azienda, tutte le informazioni relative alla storia e al processo produttivo del capo. L’investimento iniziale è stato di circa 200mila euro circa. Ma non ci vogliamo fermare qui – anticipa Mirabassi -. Vogliamo continuare a sviluppare questa tecnologia per renderla ancora più fruibile. Siamo, infatti, convinti che qualsiasi informazione relativa al prodotto e ai materiali rappresenti un valore aggiunto per i nostri capi che sono frutto di una sapiente combinazione tra tradizione artigianale e innovazione di tecniche e materiali. Per questo dal prossimo mese di luglio possiamo offrire anche la certificazione sulla non nocività dei prodotti usati durante la lavorazione dei nostri prodotti».