L'ESPERIENZA

Studiare innovazione ad Harvard, con un libro e senza smartphone

Alla Harvard Business School da dieci anni raccolgono dati sulle aziende che più sono riuscite a innovare. Ne è nato un executive course di una settimana per 80 persone. Io sono una di queste. Prima di cominciare viene richiesto un libro di carta che ci ha segnato e la rinuncia a smartphone e pc per 8 ore al giorno…

Pubblicato il 10 Dic 2018

Harvard

Mentre scrivo questo articolo sono seduto in una sala dei nuovi edifici dell’Harvard Campus, il TATA Hall, un moderno e confortevole spazio circondato da grandi vetrate che affacciano sul campus più famoso del mondo. Sono qui per studiare innovazione. E vi spiego perché.

Innovare, innovare: il nuovo mantra delle aziende

Innovare, innovare e innovare! Questo è il mantra che organizzazioni, persone e aziende continuano a ripetere e ripetersi ogni giorno. D’altronde gli esempi sono ancora limpidi: Kodak, Blockbuster o Nokia hanno impartito un’importante lezione a tutti: innova o muori!

Sempre più startup hanno chiarito, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che viviamo in un’epoca di straordinaria velocità: mercati, tecnologie e persino cambiamenti profondi, come quello climatico o demografico, viaggiano a un ritmo completamente diverso dal passato, ma come si fa a innovare in un contesto così veloce, in cui tutti vengono giudicati su risultati immediati?

Insieme a Cristina Pozzi e Andrea Dusi, meno di due anni fa abbiamo creato un’organizzazione volta a portare nelle scuole, nelle università e nelle aziende, una maggiore consapevolezza e conoscenza riguardo il futuro e gli impatti che le tecnologie esponenziali come intelligenza artificiale, blockchain, stampa 3D, nanotecnologie e biotecnologie hanno e avranno nella nostra società. Lo abbiamo fatto perché certi che la mancanza di informazione su questi temi possa essere un grande limite nella visione di chiunque, sia che si tratti di un manager, sia che si tratti di uno studente. Oggi, l’informazione è il nuovo capitale. Non importa quanto la tua azienda sia collegata alle tecnologie o quanto il tuo mercato sia stato immobile negli ultimi anni: la velocità con cui cambiano le regole del gioco è una novità, per tutti.

Lo sa bene ad esempio Santiago, un imprenditore argentino che nel 2010 ha visto il suo business, una catena di autolavaggi a Buenos Aires, perdere fatturato trimestre dopo trimestre. La prima cosa che Santiago fece, fu ovviamente quella di analizzarne le possibili cause: pensò a nuovi competitor, poi a nuove leggi sul risparmio di acqua, successivamente immaginò tutto fosse dovuto all’impoverimento della classe media argentina. Ma nulla, niente di quello che aveva ipotizzato si era dimostrato vero. Quello che successe, in un business che sembrava non avere nessun bisogno di innovarsi, era molto semplice da capire (a posteriori): iniziavamo a diffondersi a macchia d’olio gli smartphone, la gente controllava sul telefono il meteo e quando pioveva non lavava la macchina, l’accesso alle informazioni non era mai stato così veloce.

Studiare innovazione alla Harvard Business School

Chi sono i leader dell’innovazione e che cosa devono fare? Alla Harvard Business School hanno iniziato a chiederselo già da un pò, raccogliendo dati su dati per oltre 10 anni sulle aziende che di più sono riuscite a innovare, ne è nato un Executive Course che tra le aule della Business School e l’Harvard Innovation Lab cerca di spiegare a 80 manager provenienti da tutto il mondo, quello che Harvard ha scoperto sull’innovazione. Io sono uno di quelle 80 persone e vi racconterò qui tutto quello che sarà questa intensa settimana di studio e sperimentazione.

Due requisiti per Harvard: un libro e niente smartphone in aula

Ho preparato una serie di documenti richiesti prima della partenza del corso: tra questi una lettera di presentazione, un documento che sintetizzasse il perché ho deciso di partecipare a questo corso e quali sono, secondo il mio punto di vista, le cose più importanti di cui un’azienda ha bisogno per innovare e innovarsi. Tra i vari “assignment” che abbiamo ricevuto, due sono assolutamente da riportare:

  1. una delle prime cose da mettere in valigia è un libro che ha giocato un ruolo importante nella nostra vita lavorativa, un libro che ci abbia fatto avvertire l’importanza di innovare.  E hanno detto chiarito più volte: non vi presentate con un pdf o un ebook, vogliamo il profumo della carta.
  2. Il secondo è in assoluto quello che mi è piaciuto di più, diceva: avvisate tutte le persone importanti della vostra vita che non sarete raggiungibili al telefono dalle 8 di mattina alle 8 di sera, telefoni e computer sono assolutamente proibiti in aula, sia chiaro, non in modalità silenziosa e nello zaino, ma devono rimanere in camera. Il motivo è semplice: si tratta di una settimana molto intensiva, il grande lavoro che ci aspetta richiede un livello insolito di concentrazione, hanno scritto. Serve di essere profondamente presenti, completamente focalizzati e totalmente impegnati. Viene richiesta una grande disciplina e il sostegno completo della nostra mente, del nostro cervello e del corpo.

La concentrazione necessarie per innovare

Ci tengono a chiarire, prima di accoglierti ad Harvard, che decenni di ricerca sia in psicologia sia in neuroscienze hanno dimostrato che questi tipo di concentrazione e il relativo stato di tensione mentale sono indispensabili per aiutare a creare nuove idee e migliorare le nostre capacità.

Poi diciamola tutta, mentre molte persone pensano che il multitasking li renderà più produttivi, la verità è che non esiste una cosa del genere. Centinaia di ricerche dimostrano che siamo biologicamente incapaci di elaborare contemporaneamente input uguali in più direzioni, il cervello può concentrarsi solo su un compito alla volta. Quando proviamo a lavorare sfruttando il famoso “multitasking” quello che facciamo veramente è passare rapidamente da un compito a un altro, costringendo il nostro cervello a rielaborare alcuni dati ogni volta che passiamo a un compito diverso.

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Andrea Geremicca
Andrea Geremicca

Chief Marketing Officer e Co-Founder di Impactscool

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