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Space economy, ecco perché lo spazio sta diventando un business anche per le startup

Il crollo del Ponte di Genova poteva essere evitato osservando la terra dallo spazio. Matteo Cascinari, Kay man di Astra Venture, vc per la space economy, spiega perché l’innovazione passa da attività che hanno origine nello spazio. Un settore che nel mondo vale 350 miliardi di dollari e nel quale l’Italia è un’eccellenza

Pubblicato il 05 Ott 2018

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Il Ponte di Genova ? Il suo crollo poteva essere evitato semplicemente osservando la terra dallo spazio. “Ci sono applicazioni che permettono di osservare grandi costruzioni dallo spazio e capire se sono fragili ed esposti al rischio”. A parlare è Matteo Cascinari, imprenditore, business angel, Kay man di Astra Ventures, fondo di venture capital attivo nella space economy. Un settore, quello dell’economia dello spazio, in rapida crescita, che fa gola a molti investitori e nel quale l’Italia ha una posizione di eccellenza. Non è un caso che Primomiglio SGR insieme all’Agenzia Spaziale Italiana abbia lanciato un fondo di venture capital attivo proprio in questo specifico segmento. Dunque, l’innovazione passa attraverso attività che hanno la loro origine nello spazio. E Matteo Cascinari ci spiega come e perché lo spazio sta diventando un business, come è cresciuta la space economy, in quali settori sta impattando e le opportunità per le startup.

Matteo Cascinari, imprenditore, business angel, Kay man di Astra Ventures, fondo di venture capital attivo nella space economy

La space economy: che cos’è, come è cresciuta e perché

Per comprendere che cos’è l’economia dello spazio è opportuno fare innanzitutto una distinzione tra lo spazio come viene inteso da tutti coloro che ci pensano, cioè astronavi e astronauti, razzi e navicelle, che costituiscono la cosiddetta componente upstream (infrastrutture spaziali) e della quale fanno parte le aziende che lavorano materiali e strumenti utili alle operazioni nello spazio, e la cosiddetta componente downstream (applicazione basate su infrastrutture spaziali) la cui parte più interessante sono i big data. “È proprio attraverso l’osservazione dallo spazio dei dati che provengono dalla Terra che si possono fare diverse attività” dice Cascinari. La space economy, dunque, ruota attorno a due dimensioni: upstream e downstream.

Il mondo dello spazio è come internet: 30 anni fa la Rete era un’infrastruttura gestita dai governi per scopi militari, di gestione pubblica, con poche attività di carattere commerciale. Quando sono scesi in campo gli operatori commerciali con la possibilità per tutti di utilizzare internet, ogni cosa è cambiata, compresi i mercati. Nello spazio sta succedendo la stessa cosa: è sempre stato visto e controllato dai governi, le missioni spaziali sono state controllate da Nasa ed Esa, cioè enti di emanazione governativa. Il cambiamento è arrivato con l’ingresso nel marcato dei soggetti commerciali, coinciso con il cambiamento dei satelliti” spiega l’esperto. I primi satelliti, infatti, erano molto grandi e pesanti: la loro costruzione, la manutenzione e il lancio nello spazio richiedevano costi elevati, per questo i satelliti a disposizione erano pochi. Negli anni sono stati costruiti piccoli, micro e nano satelliti: pesano da un chilo, a dieci o a cento chili e, per assicurare lo stesso risultato di satelliti molto più grandi, vengono inviati nello spazio costellazioni di piccoli satelliti, legati tra loro da algoritmi e sistemi di comunicazione. “I costi di produzione, manutenzione e lancio sono notevolmente ridotti: questo permette l’ingresso sul mercato di diversi attori commerciali e non, comprese le startup, che hanno portato alla crescita della space economy”.

Space economy: tutto quello che si può fare dallo spazio

Non solo osservazione delle grandi costruzioni per monitorare lo stato di manutenzione, come nel caso del ponte Morandi a Genova. Sono tante le attività che si possono fare con i dati di derivazione spaziale. Eccone alcune.

Tutela di beni. In un contesto come quello di Pompei, in cui i muri crollano per le frequenti oscillazioni del terreno, un sistema di osservazione permette di capire dove avvengono le oscillazioni più frequenti e intervenire per tutelare i muri in pericolo.

Assicurazioni e agricoltori. Ci sono compagnie di assicurazione che assicurano il rischio degli agricoltori collegato a eventi atmosferici, in particolar modo alle grandinate.  Un procedimento con costi eccessivi e tempi lunghi, che prevede l’uscita del perito, la verifica dei fatti e la constatazione del danno economico. “Attraverso l’osservazione della terra, si può verificare se su un determinato terreno ha grandinato, per quanto tempo e quanto a lungo la grandine è rimasta sul terreno stesso. In questo modo l’assicurazione è in grado di coprire il danno in maniera immediata e senza costi aggiuntivi”.

Coltura ittica e pesci allevati in mare. Ci sono startup che hanno ideato soluzioni che, attraverso dati di derivazione spaziale, permettono di monitorare lo stato dell’acqua, la qualità della stessa e la prevenzione di rischi derivanti da alghe, meduse o inquinamento che possono danneggiare l’industria del pesce. Inoltre, poiché un impianto di acqua per la coltura dei pesci è costoso, queste soluzioni indicano il posto giusto nel quale l’impianto va posizionato, se nel Mediterraneo o nell’Oceano Atlantico, in base a dati statistici e caratteristiche del luogo e dell’impianto.

Space mining, cioè l’industria mineraria spaziale. Nello spazio ci sono sostanze che sulla Terra scarseggiano o mancano. Tra queste c’è l’elio 3, sostanza che fornisce energia. Giusto per dare un’idea, un chilo di elio 3 può alimentare una città come New York per un anno. “Tra 15 anni manderemo nello spazio una macchina completamente autonoma capace di scavare il terreno, estrarre elio 3 e portarlo sulla terra” dice Cascinari.

Tutto ciò non è fantascienza né immagini da film, ma realtà sulle quali si sta già lavorando e si stanno effettuando le prime sperimentazioni. A queste attività si aggiungono quelle legate all’oceanografia, cioè al controllo della temperatura degli oceani, alla meteorologia e all’agricoltura di precisione alla sicurezza, solo per fare qualche esempio.

I numeri della space economy nel mondo

Nel mondo la space economy vale 350 miliardi di dollari: di questi circa 80 miliardi sono legati all’industria non satellitare e provengono da budget governativi; tutto il resto proviene da privati.

A livello globale, dal 2000 ad oggi ci sono stati 6,3 miliardi di capitali investiti dai venture capital in attività e startup legate alle attività nello spazio; 250 sono i venture capital che hanno fatto investimenti in startup del settore spaziale.

“Questi numeri ci dicono che la space economy è un settore che sta crescendo nell’interesse degli investitori in maniera clamorosa” spiega Cascinari.

La space economy in Italia

Tradizionalmente considerato Paese poco innovativo dal punto di vista tecnologico, l’Italia nella space economy è un’eccellenza. Lo dicono i numeri, ma non solo: il valore dell’economia spaziale è 1,9 miliardi, comprende 250 aziende e 6mila persone. La metà degli spazi interni dell’ISS (International Space Station) sono tricolore, cioè realizzata in Italia da aziende nostrane.

L’Italia è stato il terzo Paese al mondo a lanciare il proprio satellite nel 1964, dopo Usa e Russia. Siamo il terzo Paese contributore in Europa al budget e alle missioni dell’European Space Agency; il sesto Paese al mondo per la quantità di articoli scientifici prodotti  sul tema spazio e il sesto Paese al mondo in termini in space budget come percentuale del Pil.

Inoltre l’Italia è uno dei pochi Paesi ad avere la filiera industriale completa: dal satellite al software, tutto viene realizzato su suolo italiano.

Non è un caso che il premier Conte abbia nominato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti per assisterlo nella guida della politica spaziale nazionale.

Un fondo di venture capital per la space economy

Un fondo di venture capital specializzato in trasferimento tecnologico e investimenti seed/early stage, attivo nel campo della new space economy. È quello a cui sta lavorando Primomiglio SGR insieme all’Agenzia Spaziale Italiana (in qualità di cornerstone investor). Il fondo avrà un obiettivo di raccolta di 80 milioni di euro e punta ad essere operativo con i primi investimenti già nel 2019.

“Quando abbiamo lanciato l’idea del fondo avevamo un unico dubbio: l’Italia sarebbe stata un terreno fertile in cui trovare idee sulle quali investire?” racconta ancora Cascinari, Kay man dell’iniziativa. E la risposta è stata davvero sorprendete: “Ogni giorno incontriamo startup che propongono idee interessanti, alcune legate anche al turismo spaziale: una startup, ad esempio, sta lavorando a soluzioni per la realizzazione di veicoli a guida autonoma per le missioni nello spazio; un’altra sta realizzando una tuta termica innovativa per contrastare la temperatura spaziale”. Ovviamente, tutto ciò creerà un circolo virtuoso: più lavoro, maggiori investimenti, più opportunità. Con una crescita ulteriore della space economy.

Primomiglio e ASI, in arrivo il primo fondo (80 milioni) per la space economy

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Concetta Desando
Concetta Desando

Due menzioni speciali al premio di giornalismo M.G. Cutuli, vincitrice del Premio Giuseppe Sciacca 2009, collaboro con testate nazionali.

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