OPEN INNOVATION

Reithera: chi è l’AD Antonella Folgori, scienziata-imprenditrice che darà un vaccino all’Italia

Folgori ha co-fondato nel 2005 un’impresa biotech, Okairos, che è stata acquisita nel 2013 da GlaxoSmithKline e ribattezzata Reithera: l’azienda che produrrà il vaccino anti-Covid italiano. L’attuale AD e presidente spiega perché le sue potenzialità di innovazione hanno attirato un big del pharma. Da Invitalia 81 milioni

Pubblicato il 26 Gen 2021

Antonella Folgori, AD Reithera

Sarà una donna a guidare l’Italia fuori dalla pandemia. Antonella Folgori, AD e amministratore delegato di Reithera, fornirà al nostro Paese i vaccini anti-Covid prodotti dalla società di Castel Romano. Lei e, naturalmente, tutto il suo team. “Guidare la produzione e la distribuzione del primo vaccino italiano contro il SARS-COV2 è una sfida complessa, che può essere vinta però mettendo in campo in un gioco di squadra le nostre competenze e affrontando ogni fase con il massimo rigore e la massima efficienza” dice Folgori a EconomyUp. Dopo l’esperienza da ricercatrice, Folgori ha co-fondato un’azienda biotech, Okairos, poi acquisita dal colosso della farmaceutica GlaxoSmithKline (GKS) e ora chiamata, appunto, Reithera. Un processo di open innovation, la strategia in base alla quale le aziende cercano idee, soluzioni e tecnologie innovative fuori dal proprio perimetro. GSK ha trovato innovazione nella piccola Okairos. E ora, grazie a lei, può aiutare gli italiani a vincere la battaglia contro il virus. Con il contributo di risorse pubbliche: a fine gennaio 2021 ReiThera ha raggiunto un accordo con Invitalia per un contratto di Sviluppo che finanzia un investimento industriale e di ricerca da 81 milioni di euro.

Ma vediamo meglio chi è Antonella Folgori e a che punto è l’innovazione nel biotech in Italia.

Chi è Antonella Folgori: ricercatrice e imprenditrice

“Rigorosa, precisa e determinata a lavorare con passione e dedizione”: così la descrive chi la conosce. Nel 1991 si laurea in Biologia all’Università La Sapienza di Roma nel 1991 e nel 1994 ottiene il PhD in Biologia Cellulare e Molecolare presso lo stesso ateneo. Come studente di dottorato lavora presso l’Istituto di Ricerche di Biologia Molecolare (IRBM) di Pomezia dove la sua ricerca si concentra nel campo della diagnosi e della prevenzione di malattie infettive croniche come l’epatite B e C. Nel 1995 si trasferisce in Francia, presso l’“Institute de Genetique et de Biologie Moleculaire et Cellulaire” (IGBMC) di Strasburgo dove conduce studi post-dottorato nel campo della immunologia cellulare nel laboratorio della Prof. Diane Mathis. Nel 1997 torna all’IRBM di Pomezia e lavora nel campo dei vaccini genetici di nuova generazione ed in particolare allo sviluppo di un vaccino contro il virus dell’epatite C.

Poi, nel 2005, arriva la svolta da imprenditrice: fonda insieme ad altri la biotech Okairos nel 2005. Gli altri sono Riccardo Cortese, medico napoletano, specializzato a Berkeley e all’epoca AD della società, Alfredo Nicosia, chimico e direttore scientifico, e il biologo Stefano Colloca. La società riesce sviluppare candidati vaccini basati sul sistema del vettore virale contro importanti malattie infettive. Questo attira l’attenzione di GSK, che la acquisisce nel 2013. L’azienda rimane in Italia e cambia nome in ReiThera, Folgori ne prende il timone.

L’imprenditrice ha un background nella ricerca e nello sviluppo di vaccini genetici così come nel campo del “gene delivery” e dell’analisi immunologica in ambito preclinico e clinico. È autrice di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali.

Reithera: un ponte tra università e industria

Reithera è dunque luogo di incontro tra accademia e industria, come peraltro è abbastanza naturale che avvenga nell’ambito delle scienze della vita. “Chiaramente la ricerca riveste un ruolo di primaria importanza per lo sviluppo dell’innovazione” dice Folgori. “Da sempre le Università sono fucine di idee, che devono essere adeguatamente sostenute a livello statale. Allo stesso tempo, affinché l’innovazione non resti confinata nell’ambito accademico, è altrettanto importante che il mondo dell’impresa e il mondo della ricerca possano dialogare in modo fluido e continuo”.

Reithera e il ruolo dello Stato: 81 milioni da Invitalia

Al binomio ricerca-industria si aggiunge un altro soggetto di estrema importanza in un momento di emergenza sanitaria come quello attuale: il sostegno statale. Lo sviluppo del vaccino per il Covid19 è avvenuto con il supporto del governo, del Consiglio nazionale delle ricerche e della Regione Lazio. Come sono nate queste collaborazioni? In quale modo le istituzioni hanno contribuito alla ricerca? “Fin dall’inizio dello sviluppo del vaccino contro il Covid19 – chiarisce la  Folgori –  ReiThera ha portato avanti con le istituzioni un dialogo collaborativo e proficuo, sfociato in un supporto economico-finanziario e in una collaborazione con INMI Spallanzani per la sperimentazione clinica. Ad oggi stiamo proseguendo le trattative perché tale collaborazione possa continuare, in modo da iniziare al più presto con la sperimentazione di Fase 2 e 3 e produrre le dosi del vaccino”.

Il 26 gennaio 2021 la comunicazione ufficiale: ReiThera ha raggiunto un accordo con Invitalia per un contratto di Sviluppo che finanzia un investimento industriale e di ricerca da 81 milioni di euro.

Il CdA di Invitalia ha approvato il contratto di Sviluppo presentato da Reithera che finanzia un investimento industriale e di ricerca da 81 milioni di euro. Gran parte dell’investimento, 69,3 milioni, sarà destinato alle attività di Ricerca&Sviluppo per la validazione e produzione del vaccino anti-covid. 
La restante quota (11,7 milioni) sarà utilizzata per ampliare lo stabilimento di Castel Romano, dove sarà prodotto l’antidoto.Le agevolazioni concesse, in conformità alle norme sugli aiuti di Stato, ammontano a circa 49 milioni di euro: 41,2 milioni a fondo perduto e 7,8 milioni di finanziamento agevolato. Inoltre, in attuazione delle previsioni dell’articolo 34 del decreto-legge 14 agosto 2020, Invitalia acquisirà una partecipazione del 30% del capitale della società a seguito di un aumento del capitale di Reithera.

Grazie a questo ulteriore investimento, si passa allo stadio successivo, relativo ai test di sicurezza ed efficacia. L’obiettivo è arrivare in tempi rapidi ad ottenere le necessarie autorizzazioni da parte delle Autorità di vigilanza sia europee che italiane per poter somministrare il vaccino.  La capacità produttiva prevista a regime è pari a 100 milioni di dosi all’anno. Si prevedono, inoltre, 40 nuove assunzioni.  

“E’ un accordo importante per ridurre la dipendenza del nostro Paese in un settore delicatissimo per la tutela della salute dei nostri cittadini” – spiega Domenico Arcuri, Commissario straordinario per l’emergenza Covid e amministratore delegato di Invitalia. “La produzione italiana di vaccini andrà ad aggiungersi a quelle realizzate all’estero – aggiunge Arcuri – rafforzando la capacità di risposta nazionale alla pandemia e accelerando così l’uscita dalla crisi”.

“Siamo orgogliosi di aver concluso l’accordo con Invitalia – dichiarano Antonella Folgori e Stefano Colloca, Soci di Reithera – il cui intervento potrà accelerare lo sviluppo del vaccino italiano, a cui ReiThera sta lavorando con professionalità e dedizione fin dall’inizio della pandemia”.

Reithera: a che punto è il vaccino

E’ arrivato in ritardo, secondo alcuni. La speranza, ora, è che sia commercializzato il prima possibile. “Il vaccino italiano – afferma l’AD di Reithera – potrebbe essere disponibile a fine estate/ inizio del prossimo autunno, compatibilmente con i risultati e le tempistiche dell’EMA e dell’AIFA. Per quanto riguarda i dettagli logistici non sappiamo ancora esattamente come sarà composta la filiera distributiva, ma siamo fiduciosi che sarà il più possibile efficiente. Per quel che concerne i livelli di efficacia dobbiamo aspettare le fasi successive di sperimentazione ma siamo ottimisti sulla base dei risultati di Fase 1 e di quanto dimostrato dagli studi dei vaccini attualmente approvati. Il costo, invece, stimiamo possa oscillare tra i 5 e i 10 euro per dose”.

Lazio, una Pharma Valley?

L’industria farmaceutica italiana ha retto bene all’impatto della pandemia (e non era difficile immaginarlo): l’anticiclicità tipica del settore è stata confermata da un export cresciuto di oltre il 24% su base annua per l’Italia. Il Lazio, come rileva il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzisi, si contraddistingue per un’intensa attività innovativa, una base produttiva ben consolidata e un elevato numero di imprese. Queste pesano per il 15,4% sul totale nazionale e rappresentano il 61,8% delle aziende del settore operanti nell’Italia centrale. Il fatturato è superiore ai 7 miliardi di euro.  Si può parlare di una “Pharma Valley” italiana? “Non dubito che l’Italia sia ricca di professionisti volenterosi e competenti, in grado di guidare l’innovazione nel settore biotech” risponde Folgori. “È chiaro che perché si possa parlare di una Pharma Valley è necessario fare degli investimenti, in modo che nel corso degli anni si sviluppi una comunità orientata all’innovazione”. Gli investimenti certamente servono, ora più che mai.

(Articolo aggiornato al 26/01/2020)

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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