OPEN WORLD

Perché le aziende devono avere un Chief Innovation Officer?

Le aziende che fanno open innovation hanno un Chief Innovation Officer. A cosa serve? Che ruolo deve avere? Il primo è creare le condizioni perché avvengano le trasformazioni, sia tecnologica sia imprenditoriale. Ma non può fare molto senza il supporto del CEO

Aggiornato il 04 Apr 2023

Photo by Mari Helin on Unsplash

L’analisi delle Corporate Startup Stars, ossia le 100 aziende più attive nell’open innovation (qui il report Mind the Bridge: Evolve or Be Extinct – Open Innovation Models for the Future – Season 2022 con tutti i dati) ci dice che la stragrande maggioranza hanno oggi un top manager (c-level) dedicato all’innovazione.

Che cosa deve fare un Chief Innovation Officer?

Ma a cosa serve un Chief Innovation Officer? Che ruolo deve avere?

Ne abbiamo discusso lo scorso 28 marzo a Londra durante il Business Innovation Summit organizzato da The Economist Impact.

Di seguito i principali spunti emersi (qui il link con maggiori dettagli).

Creare le condizioni per accelerare le trasformazioni

The CIO job is not to tell the time, rather to build the clock”, ha ricordato Mark Sandys, CIO di Diageo, colosso nel mondo del beverage. Il lavoro è quello di creare le condizioni che accelerino la trasformazione sia digitale che imprenditoriale che oggi è quanto mai urgente e necessaria se si vuole stare “ahead of the curve”.

Non solo Innovazione. Anche Sostenibilità e Diversity

Il ruolo del CIO non si limita all’innovazione. Oggi non c’è innovazione che non sia sostenibile. E non si può innovare ed essere “customer centric” se non c’è diversity. Perché la diversità del mercato e i nuovi trend che esprime possono essere compresi solo se c’è diversità dentro l’azienda. Questo è il messaggio forte e chiaro di Sandrine Gadol, L’Oréal.

No CEO, No Innovation

Lo sentiamo ripetere spesso da molte aziende. Se non c’è top-level buy-in (ossia se il CEO non ci crede e non supporta davvero), nulla o poco succede. Lo ha ripetuto Barbaros Uygun, CEO di Mox Bank: “A CEO needs to set-up the innovation environment and encourage the right behaviors”.

Thomas Lee-Devlin (The Economist), Sandrine Gadol (L’Oréal), Mark Sandys (Diageo), Alberto Onetti (Mind the Bridge), Julian Birkinshaw (London Business School) al Business Innovation Summit di Londra

Più grande l’azienda, più difficile il lavoro

The larger the company the more averse to risk is” ha ricordato Julian Birkinshaw, Dean della London Business School. Le grandi aziende sono machine perfette per fare girare processi su larga scala. E sono costruite per farlo senza interruzioni. Quindi la cultura è di evitare l’errore. Fatto che previene l’introiduzione di nuovi processi.

Non c’è gara tra aziende e startup se c’è da innovare

Qualunque sia la dimensione del budget di ricerca e sviluppo, non c’è per le grandi aziende reale possibilità di competere con le startup. Perchè? Perchè le startup investono centinaia di milioni nel fare una singola cosa. Le grandi aziende, assumendo che abbiano lo stesso capitale disponibile per innovare, devono allocarlo su una molteplicità di ambiti. E poi sono più rigide, lente e, come detto, avverse al rischio.

Non c’è alternativa alla collaborazione con le startup

Quindi?

“There is no alternative for large corporates than collaborating with startups. To do so they need to activate multiple tools (from Venture Client to CVC and Intrapreneurship) to address different innovation goals and horizons”. Questa è stata la mia (ovvia) conclusione.

Articolo originariamente pubblicato il 04 Apr 2023

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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