Per il 2022, il suo secondo anno a capo dell’innovazione in Terna, Massimiliano Garri ha scelto la parola molteplicità. La fonte è Italo Calvino e le sue Lezioni Americane, che per il manager restano una mappa intellettuale irrinunciabile anche nell’azienda che gestisce la rete elettrica in Italia, circa 75mila chilometri di linee ad alta e altissima tensione e circa 900 stazioni su tutto il territorio nazionale. “Vent’anni fa avevamo 800 centrali di generazione elettrica, oggi sono oltre 1 milione. E di fronte a questa complessità servono tecnologie, competenze, innovazione”.
Terna, dalla primavera 2020 guidata da Stefano Donnarumma, gioca un ruolo da protagonista, da regista del sistema elettrico, perché la rete di trasmissione è il principale fattore abilitante della transizione energetica verso nuovi modelli di produzione e consumo dell’energia. Nei prossimi 10 anni l’azienda investirà su digitalizzazione e innovazione 1,2 miliardi di euro dei 10 complessivi previsti dall’aggiornamento del piano industriale 2021-2025 ‘Driving Energy’. Garri è il Direttore Innovation and Market Solutions: con lui parliamo delle direzioni di innovazione in un’azienda di oltre 5mila dipendenti, in un settore strategico come quello dell’energia, in una fase complessa fra trasformazione dei modelli e obiettivi di sostenibilità.
Che cosa significa fare innovazione in un’azienda come Terna?
Fare innovazione in una grande azienda significa innanzitutto avere un metodo e un approccio condiviso che deve permettere a tutti di esprimere i propri talenti.
E qual è stato l’approccio che avete condiviso?
La parola chiave è: partecipazione. Noi, come struttura dedicata, dobbiamo permettere a tutte le nostre persone di fare innovazione, di creare opportunità per il business. E lo facciamo con due strumenti principali: il modello stage gate e il continuo coinvolgimento delle linee di business. Facciamo innovazione con un percorso definito di fasi e di controlli e parliamo con i colleghi del business, dall’idea del progetto di innovazione all’adozione finale.
Non c’è il rischio che la cultura aziendale freni l’innovazione?
Sì, se non si lavora sulla cultura aziendale. Per questo abbiamo avviato Terna Ideas, un programma di corporate entrepreneurship che si è rivelato molto utile per creare una cultura dell’innovazione in azienda, per superare più velocemente quei primi 50 secondi in cui c’è sempre qualcuno che ti dice: non si può fare. Va bene anche questo, però, perché si comincia dalla divergenza per arrivare poi a un funnel di innovazione condiviso.
Che cosa ha funzionato particolarmente in Terna Ideas?
Nella nuova edizione, lanciata quest’anno, sono già arrivate circa 100 proposte, ma la cosa che mi ha stupito rispetto alla prima è stata la crescita del livello di qualità. Nel 2021, abbiamo avuto 1.300 iscritti alla piattaforma con 400 partecipanti attivi, 143 idee pubblicate di cui 14 portate in incubazione. Ma all’inizio abbiamo dovuto spiegare ai colleghi il business canvass, gli allegati e tutto quello che serviva per partecipare. Adesso è stato ben compreso che chiedere finanziamenti per un progetto è un impegno e un mestiere. E c’è un’attenzione alle opportunità che va oltre la fase della competizione. Capita di ritrovarti con i colleghi per altri motivi e si finisce a parlare di innovazione: conosci qualche startup per il monitoraggio dei cantieri? Si è diffusa in azienda una nuova consapevolezza: fare innovazione non significa generare idee, ma trovare soluzioni a problemi.
Quindi molta innovazione incrementale e poca disruptive?
Per noi vale la regola del 70-20-10. Attualmente abbiamo circa 70 progetti attivi: il 70% è dedicato al core business, quindi alla manutenzione della rete nazionale e alle attività di dispacciamento dell’energia elettrica; il 20% all’innovazione adiacente, per esempio l’impiego delle tecnologie della moto GP per la sicurezza e la protezione delle nostre persone in caso di urti; e il 10% è quella davvero disruptive, per esempio il lavoro che stiamo facendo con il nostro management sul quantum computing o quello che cominceremo presto sul metaverso.
In quali aree viene fatto quel 70% di innovazione che si scarica sul core business?
Digital, soluzioni intelligenti per la gestione dell’energia e della potenza; Energy Tech, soluzioni innovative che utilizzano tecnologie più efficienti e green; Advanced Materials, attività di ricerca e sviluppo per l’utilizzo di materiali eco-compatibili a ridotto impatto sull’ambiente; Robotics, per l’automazione dei processi.
Ci racconti qualcuno dei progetti di innovazione a cui state lavorando.
La formazione in realtà virtuale per salire sui tralicci, per esempio: si trasferiscono gli accorgimenti necessari ai nuovi tecnici con la massima sicurezza. Oppure l’uso dei droni per le attività di monitoraggio dei cantieri e per quelle di manutenzione degli asset, con la riduzione dei tempi di intervento e, anche in questo caso, con maggiore sicurezza per i nostri operatori. Poi c’è la frontiera della mobilità elettrica: l’obiettivo è sviluppare il cosiddetto Vehicle to Grid, tecnologia che consente all’auto, quando è parcheggiata, di scambiare energia elettrica con la rete in maniera bidirezionale e intelligente, rendendo il veicolo una vera e propria ‘batteria su ruote’.
La sostenibilità è l’obiettivo della transizione energetica ed è stato scelto come tema dell’edizione 2022 di Terna Ideas. In che rapporto sta con l’innovazione?
Io ho sempre visto la tecnologia come leva di miglioramento e l’innovazione come qualcosa che riesce ad alleggerire anche le cose pesanti, a renderle sempre più sostenibili. La leggerezza, altra parola chiave di Calvino, ci aiuta a gestire la complessità, a rendere più efficiente la gestione della rete. Le infrastrutture elettriche saranno sempre più al centro di ecosistemi basati su big data, intelligenza artificiale e Internet of Things. Ma per raggiungere l’obiettivo della sostenibilità non ci fermiamo qui, c’è anche l’open innovation.
Che cosa state facendo in chiave di open innovation?
Abbiamo un’intensa attività che prevede l’apertura verso altre realtà dell’innovazione come le startup, i centri di ricerca, le università.
Ci fai un caso concreto?
La collaborazione con RiceHouse, startup attiva nel campo della bioedilizia, che produce materiali innovativi e sostenibili dagli scarti della lavorazione del riso. Con loro abbiamo un progetto pilota che prevede il rifacimento di un laboratorio meccanico a Camin, una frazione di Padova. Le finiture, gli intonaci, le pannellature di RiceHouse possono generare un risparmio di CO2 fino al 20%.
Terna sta utilizzando intensamente l’IoT sulla rete per migliorare il monitoraggio, la manutenzione e l’efficienza. Ma parla anche di Energy of Things. Che cos’è?
È una delle più grandi innovazioni messe a punto da Terna. È un sistema rivoluzionario che permette a tutti di essere potenziali contributori grazie a un approccio decentralizzato basato sulla blockchain. Oggi il piccolo impianto fotovoltaico o l’auto elettrica in carica non sono risorse disponibili per il sistema. Mettendole tutte insieme con l’IoT diventano una fonte di flessibilità molto importante per la rete. L’azienda può intervenire, per esempio, durante un picco di consumo, spegnendo nodi che non sono indispensabili. La piattaforma di bilanciamento, che è di fatto una piattaforma di crowdsourcing dell’energia, si chiama Equigy e Terna la sta sperimentando con altri operatori di rete europei con cui è stata costituita una joint venture. Quando fai innovazione disruptive devi essere il miglior nemico di te stesso e farti una domanda: dove vado a cercare qualcosa che possa essere un cambiamento epocale nel mio settore, in questo caso nell’energia? Sicuramente la microgenerazione è un territorio da esplorare.
E il metaverso? Perché avete scelto questo tema dopo il quantum computing?
Questa è la parte di lavoro svolta per generare cultura dell’innovazione all’interno dell’azienda, per diffondere la consapevolezza di come una tecnologia potrebbe impattare sulla nostra attività. Il quantum computing certamente potrebbe diventare importante nella parte di forecast dei consumi. Il metaverso, invece, è la tecnologia che ci cambierà la vita nei prossimi 10 anni.