STARTUP INTELLIGENCE

L’open innovation di Esselunga: così ha lavorato con la startup Ufirst per ridurre le file

Quando a marzo è scattata la quarantena obbligatoria, Esselunga si è trovata a dover gestire il problema delle code. Per risolverlo ha avviato una collaborazione con Ufirst, ex Qurami. Un’azione di open innovation che è stata innanzitutto una sfida culturale. Essenziale la velocità di adozione

Pubblicato il 24 Lug 2020

Stefano D'Angelo

Analista, Osservatorio Startup Intelligence

L'open innovation di Esselunga

Nel suo recente articolo su Forbes, Henry Chesbrough, padre fondatore del termine Open Innovation, sostiene che in momenti di crisi, la velocità e l’apertura sono fondamentali: “In times of crisis, speed is crucial, and the sooner we know more and take action, the better for all of us. Opening up causes our progress to accelerate.” Gli insegnamenti trasmessi dal famoso economista sono stati compresi appieno da Esselunga, una delle principali catene italiane nel settore della grande distribuzione, fondata a Milano nel 1957. Oggi il gruppo, Esselunga conta 25.000 persone, un fatturato di 8,1 miliardi di euro e 5,5 milioni di clienti fidelizzati.

Esselunga ha compreso l’importanza e i benefici derivanti dall’Open Innovation e ha avviato da qualche anno diverse iniziative. Per questo sono stati costituiti dei team inter-funzionali, formati da dipendenti di diverse funzioni che collaborano e lavorano insieme per poter abbattere i silos funzionali interni, aprire la mente e aumentare la collaborazione, la comunicazione e la condivisione interna. Le esigenze emerse dai team vengono quindi raccolte e condivise ai Partner di Esselunga che svolgono scouting di fornitori innovativi, tra cui Plug&Play e l’Osservatorio Startup Intelligence del Politecnico di Milano.

Il Gruppo ha inoltre avviato, ormai da due anni, l’iniziativa “Future Concept Lab” con cui viene data ai propri giovani talenti la possibilità di essere formati e di presentare le proprie idee innovative davanti al Board aziendale e alla prima linea di dirigenti di Esselunga.

La collaborazione con la startup Ufirst si inquadra all’interno di questo quadro strategico orientato sempre di più verso l’apertura, il pensiero laterale e l’innovazione. A inizio marzo, appena partita ufficialmente la quarantena obbligatoria, anche Esselunga si è trovata a dover gestire il problema delle code presso i propri punti vendita, con un notevole aumento di assembramenti dei clienti davanti ai propri negozi. Come racconta Marco Proserpio, Head of Organization and Business Process Transformation di Esselunga.“Siamo arrivati ad avere fino a 500 persone in coda fisicamente davanti ai nostri punti vendita: questo problema necessitava di essere risolto in tempi rapidissimi”. La velocità è stata quindi per il team di Esselunga il driver principale: per individuare una soluzione che potesse essere user friendly, semplice, pronta all’uso e facilmente implementabile, il team Esselunga ha deciso di rivolgersi a fornitori innovativi come le startup. Attraverso Plug&Play, la piattaforma di Open Innovation originaria della Silicon Valley e operante anche in Italia, di cui Esselunga è Partner, è stata intercettata la soluzione di Ufirst, ex Qurami, la startup fondata nel 2012 da tre studenti dell’Università degli Studi Roma Tre per snellire le lunghe code alla segreteria studenti.

Marco Proserpio, Head of Organization and Business Process Transformation di Esselunga
Nell’arco di una settimana dal primo contatto con la startup, Esselunga aveva già avviato i primi test presso 6 punti vendita sulla città di Milano; “Dopo aver avuto esito positivo sui negozi pilota, abbiamo fatto il roll out del progetto arrivando a 66 negozi operativi nell’arco di un mese” dichiara Proserpio, “Questi numeri danno un’idea della velocità con cui siamo riusciti a muoverci, anche grazie alla collaborazione con la startup”.

In effetti la collaborazione con Ufirst ha rappresentato per Esselunga una sfida strategica, organizzativa e culturale.

In un contesto di emergenza, come quello vissuto in pieno lockdown, Esselunga ha dovuto gestire il trade-off tra velocità di risposta e attenzione al livello del servizio offerto al cliente, il bene più prezioso per il Gruppo: “L’azienda non poteva certo permettersi di seguire un processo di validazione e testing tradizionale, in quanto avrebbe significato arrivare sul mercato troppo in ritardo, quando la soluzione sarebbe servita a ben poco”, racconta Proserpio. Questo progetto è stato prima di tutto una sfida culturale: “La nostra storia e tradizione di eccellenza con il Cliente sempre al centro, ci ha abituati a lanciare esternamente un prodotto solo se questo è stato dimostrato essere perfettamente funzionante e in linea con le aspettative del cliente finale; la soluzione di Ufirst, per essere reattivi, poteva essere testata solo live, nel momento in cui sarebbe stata utilizzata in negozio” aggiunge Alessia Cavicchioli, Organization and Business Process Transformation Manager di Esselunga.

Alessia Cavicchioli, Organization and Business Process Transformation Manager di Esselunga.
E’ stato fondamentale lavorare anche a livello di organizzazione; nell’ambito della collaborazione, azienda e startup si sono adattate reciprocamente alla controparte: “nel nostro adattarci a loro, anche loro si sono adattati a qualche nostra esigenza in modo molto reattivo e veloce.” afferma Proserpio, “ Da un lato, Esselunga si è adattata al servizio, senza grandi pretese, per poter privilegiare la velocità, dall’altro, Ufirst si è adattata ai ritmi di lavoro intensi di una grande realtà come Esselunga. Abbiamo lavorato intensamente per 4 settimane, ma abbiamo trovato dall’altra parte chi ci ha seguito.”

Analizzando quelli che sono stati i benefici e gli ostacoli della collaborazione, emerge un netto sbilanciamento verso quelli che sono stati i vantaggi. Gli elementi di valore apprezzati nel progetto sono stati principalmente la flessibilità con cui è stato condotto, la capacità di adattarsi a un contesto altamente incerto e variabile; la rapidità di risposta al problema; la possibilità di utilizzare e implementare una soluzione quasi pronta all’uso.

Per Ufirst, la collaborazione con Esselunga è stata di sicuro un successo, anche per l’affiancamento, nella fase di roll out, con il personale IT interno di Esselunga, che ha supportato tecnicamente la startup nei test pre-rilascio e filtrando le richieste utente, al fine di poter rispondere in modo rapido e costante alle esigenze dei clienti finali.

L’emergenza sanitaria da Covid19 ha accelerato una diffusione più ampia e massiva di un approccio aperto, all’interno della realtà di Esselunga: “Abbiamo già collaborato con startup in passato, la velocità ci è stata garantita anche dalle esperienze pregresse, ma lo stress dettato dall’emergenza sanitaria, ha spinto tutti a fare del proprio meglio, a dare il proprio contributo per configurare una soluzione che garantisse la massima user experience in ambito retail, a maggior ragione date le difficoltà tangibili che tutta la popolazione italiana stava vivendo. Questa, come le altre soluzioni attivate dall’azienda durante il lockdown, volevano supportare in modo concreto i nostri clienti nell’affrontare l’emergenza”, dichiara Cavicchioli. Inoltre, tale situazione ha “costretto” tutti a mettersi in discussione, rivedendo soluzioni che si davano per scontate ed esplorando nuove prospettive. Ad esempio, Esselunga ha ridisegnato il layout di alcuni reparti dei propri punti vendita, andando a creare spazi più aperti per evitare assembramenti.  “Questa situazione ci ha fatto buttare il cuore oltre l’ostacolo” afferma Alessia Cavicchioli. “Con la soluzione di Ufirst abbiamo osato, rischiando di offrire al cliente qualcosa che non fosse integrato nei sistemi Esselunga;” aggiunge Proserpio “è emersa con forza la voglia di osare e provare, di innovare, anche con qualche rischio, per poter rispondere velocemente a un problema rilevante per i nostri clienti e per il mercato”.

La storia di Esselunga e Ufirst rappresenta un bellissimo esempio di Open Innovation soprattutto alla luce delle sfide strategiche, organizzative e culturali che ha dovuto affrontare l’azienda per poter collaborare velocemente con la startup.

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Cristina Marengon
Cristina Marengon

Research Analyst presso Osservatori Digital Innovation

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