Personaggi

Lo sapevate che il professor Eco credeva nell’innovazione (e nelle startup)?

Negli anni 80 ha portato i computer nelle facoltà umanistiche, nel 1993 ha ideato un progetto multimediale, nel 1996 ha fondato la prima testata web online. Il professore-scrittore appena scomparso ha persino aiutato i suoi studenti a fare impresa. Oltre ad aver visto il futuro di Internet 15 anni prima

Pubblicato il 22 Feb 2016

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Umberto Eco

Chi oggi ha 30 anni, poco più o poco meno, forse sarà rimasto sorpreso dalla grande risonanza mediatica avuta dalla morte di Umberto Eco, scomparso a 84 anni il 19 febbraio. Nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932, Eco era semiologo, filosofo e prolifico scrittore, grande osservatore della società ed esperto di comunicazione e media. È stato un cultore della contaminazione fra generi alti e generi bassi. Ha scritto testi come“Diario Minimo”, “Come si scrive una tesi di laurea”, “Il pendolo di Foucault” e “Il nome della rosa”, quello che l’ha fatto conoscere a un pubblico più ampio grazie a un film di buon successo.

Eco non è stato solo un studioso e un esperto medievalista di fama internazionale. Da grande intellettuale quale era, ha intuito prima degli altri le potenzialità della tecnologia e della Rete e le ha sapute sfruttare a suo vantaggio. Sempre attraverso la lente del’analisi critica. Non è stato mai né del tutto apocalittico né del tutto integrato (titolo di un suo celebre saggio, dove gli apocalittici sono i pessimisti e gli integrati gli ottimisti della cultura di massa). Ha cioè compreso le enormi potenzialità dell’innovazione ma ne ha saputo indicare anche i limiti. Ecco in alcuni punti che cosa è stato l’Eco innovatore.

Ha intuito da subito l’importanza dei computer – “Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi, è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti” ha scritto Umberto Eco nella prefazione al libro di Claudio PozzoliCome scrivere una tesi di laurea con il personal computer” (Rizzoli). Nonostante il tono apparentemente scettico, Umberto Eco è stato tra i primi a intuire l’importanza dei computer e perciò a utilizzarli e farli utilizzare. Come ha raccontato a EconomyUp un suo ex allievo, Giulio Blasi, poi diventato imprenditore di una società tecnologica, “ha portato i computer nella facoltà umanistiche quando ancora si trovavano solo in qualche facoltà di ingegneria, ha obbligato professori e studenti a studiare programmazione. Ricordo che, nell’ambito del corso di studi in Filosofia, era previsto un corso di Pascal, linguaggio di programmazione in voga all’epoca”. La sua assidua frequentazione dei computer è scaturita in una arguta metafora citata in un’intervista fatta dal giornalista Lee Marshall a Eco nel marzo 1997 sull’edizione statunitense di Wired. Il professore mise in contrapposizione i sistemi operativi Mac e Dos, collocandoli in un immaginario “scisma dei software”. A suo dire il sistema della Apple era “cattolico” per le “sontuose icone” e per la promessa di offrire a tutti il regno dei cieli “o almeno il momento in cui stampi il documento”. Il Dos invece era considerato “protestante” perché“consente una libera interpretazione della scrittura, richiede difficili decisioni personali e dà per scontato che non tutti possono raggiungere la salvezza”.

Nel 1993 ha creato un’opera multimedialeUmberto Eco ha “visto” subito l’importanza dei collegamenti ipertestuali nati con la scoperta del world wide web. Ha visto e ha voluto metterli in pratica con Encyclomedia, prima guida multimediale della storia della civiltà europea, dalla scoperta dell’America alla Prima Guerra Mondiale, diretta dallo stesso Eco. L’idea è stata sviluppata insieme a Danco Singer, romano, classe 1947, sociologo, che, dopo una prima attività di insegnamento, nel 1986 entrò a far parte del gruppo Olivetti, dove lavorò a diversi progetti, dal marketing educativo a livello europeo alle applicazioni dell’intelligenza artificiale per l’insegnamento, all’educazione a distanza e al multimediale. Nel 1993 fondò, sempre all’interno del gruppo Olivetti, Opera Multimedia, con la quale ha realizzato cd-rom di notevole importanza artistica e culturale, in un momento storico in cui i cd-rom erano la grande innovazione nel settore dei media. È in quel contesto che si è sviluppata la collaborazione con Eco per Encyclomedia. A chi gli ha chiesto come è nato il progetto, l’intellettuale famoso in tutto il mondo ha risposto: “Si sono incontrate due cose, tempo fa. Da un lato c’era un mezzo, il cd-rom, all’epoca innovativo, che Danco Singer voleva riempire di contenuti. Dall’altro c’era una mia ossessione professorale, quel che gli studenti non sanno, cioè le distanze temporali. Lo verificavo provando a chiedere loro quanto tempo separasse Gesù Cristo da Robespierre, o Sant’Agostino da San Tommaso. Non ne avevano un’idea vicina alla realtà. Questo perché in un libro è difficile mettere la storia su un piano, occorre sfogliare, avanti e indietro. Il cd-rom poteva diventare animato, mostrare i collegamenti”.

Nel 1996 ha fondato un giornale online – Sempre con Danco Singer e Gianni Riotta, Eco ha creato Golem, il primo “webzine” italiano, giornale che vantava collaboratori illustri quali Renato Mannheimer, Furio Colombo, Aldo Grasso, Altan, Carlo Bertelli, Stefano Bartezzaghi. Si presentava con una sezione centrale dedicata al “Tema del mese”, una rubrica di recensioni e altri contributi minori e un dossier monografico esteso anche a più numeri. Sospesa nel 1999, riprese nel 2001 con una sponsorizzazione dell’Enel. Nel 2007 iniziò una nuova serie edita da Federico Motta, con un comitato direttivo formato, oltre che da Eco e Singer, da Carlo Bertelli, Renato Mannheimer e Gherardo Colombo. La rivista ha chiuso nel 2011.

Ha visto il futuro di Internet 15 anni prima – Nella già citata intervista per Wired US, “The world according to Eco” (Il mondo secondo Eco), del 1997, l’intellettuale descrive un progetto chiamato Multimedia Arcade, ovvero la sua idea della biblioteca del futuro, un luogo in cui i cittadini avrebbero potuto usare postazioni Internet per navigare, mandare mail, consultare e prendere in prestito libri e prodotti multimediali. Il primo Multimedia Arcade avrebbe dovuto aprire a Bologna a fine 1997 (confluì poi nella Biblioteca della Sala Borsa). Per Eco era uno strumento necessario per evitare una deriva orwelliana del mondo connesso, garantendo una distribuzione orizzontale della conoscenza digitale. “Dobbiamo creare – dice nell’intervista – una nomenklatura delle masse. Siamo consapevoli del fatto che un modem all’avanguardia, una connessione Isdn, un hardware aggiornato non sono alla portata della maggior parte degli utilizzatori, soprattutto quando devono essere aggiornarti ogni sei mesi. Quindi dovremmo dare a tutti un accesso a Internet gratuito, o perlomeno al prezzo di una connessione telefonica” dice al giornalista Marshall. E quando lui gli chiede “Pensa seriamente che anche i meccanici e le casalinghe si riverseranno nel Multimedia Arcade?” risponde che sarebbe stata solo questione di tempo.

Ha supportato i suoi studenti nella nascita di una startup tecnologicaEco ha aiutato diversi allievi. Tra questi Giulio Blasi, laureato in Filosofia, che ha conseguito il dottorato in Semiotica sotto la direzione del docente all’Università di Bologna. A lui e altri tre suoi allievi Eco ha procurato una borsa di studio all’Olivetti. Da lì è nato l’interesse del piccolo gruppo per la tecnologia, così nel 1993 i quattro ex studenti hanno fondato a Bologna Horizons Unlimited: una startup, anche se allora non si chiamavano così, che poi è cresciuta e ha avuto varie vite. Inizialmente si è occupata di siti multimediali, poi di comunicazione web, ultimamente si è concentrata subiblioteche digitali, contenuti digitali ed e-book. La società è nata nel 1993 con progetti di editoria multimediale (appunto la serie dei Cd Rom “Encyclomedia” diretta da Eco, vedi sopra) e nel 2009 ha lanciato MediaLibraryOnLine (Mlol) il primo network italiano di biblioteche digitali pubbliche per la condivisione dei contenuti elettronici: attualmente ne riunisce circa 3000. Pochi anni fa ha lanciato il progetto del “prestito interbibliotecario digitale”, realizzato in collaborazione con Edigita, la piattaforma di distribuzione degli ebook di Feltrinelli, Rcs e Gems.

È stato utilizzatore attento, ma critico, di Internet – Ecco cosa ha detto in un’intervista a Wikinews: “Sono un utente compulsivo di Wikipedia, anche per ragioni artrosiche: quanto più mi fa male la schiena, quanto più mi costa alzarmi ed andare a cercare la Treccani, e quindi, se posso trovare la data di nascita di qualcuno su Wikipedia, faccio prima. Sono un utente dell’automobile, non riuscirei a vivere senza, ma questo non mi impedisce di dire quali sono tutti i difetti e tutti i guai dell’automobile. Le funzioni di Wikipedia secondo me sono due: uno è permettere la veloce ricerca di informazione, e allora è soltanto la moltiplicazione delle Garzantine, e basta. L’altro, e qui stiamo parlando dell’altro, è se il controllo dal basso non possa essere, molte volte, più fruttuoso del controllo dall’alto. Siccome il mondo è pieno di esperti idioti, certo che può esserlo”.

Ha sollevato il dibattito sull’uso dei social network – Tutti ricordano quanto Eco ha detto sui social network. “I social media – ha affermato ricevendo la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” all’Università di Torino – danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”. Molti hanno criticato queste affermazioni. Il suo ex allievo Blasi ha detto a EconomyUp: “Lo ha fatto per sollevare un dibattito. Ovviamente non voleva dire che i social vanno aboliti, ma che creano un nuovo modo di essere dell’opinione pubblica, un nuovo modo di gestire e validare le informazioni. Si sa, su Internet ci sono cose buone e cose meno buone, proprio come in una città dove ci sono i quartieri alti e quelli malfamati. La provocazione sta nel fatto di aver parlato dei social network come se se ne potesse fare a meno, ma Eco per primo sa benissimo che non è così”.

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