Nei miei ambiti professionali circola una battuta ricorrente: «se il tuo job title contiene la parola “innovazione”, c’è già qualcosa che non va».
Il mio curriculum contiene diversi titoli ricchi di buzzword, quindi comprendo molto bene la tentazione aziendale di buttarsi a capofitto sul nuovo che avanza, fino al punto di rischiare di scadere nel teatro dell’innovazione.
Innovazione, attrazione del mercato e spinta della tecnologia
Tuttavia, indipendentemente dall’assetto organizzativo adottato, credo fermamente che valga la pena chiedersi come promuovere e imbrigliare l’innovazione in azienda, e ogni serio tentativo di risposta deve fare i conti con la tensione fondamentale tra attrazione del mercato e spinta della tecnologia.
Da un lato, il successo di qualsiasi nuovo prodotto o servizio dipende da quanto efficacemente risponde ad un bisogno reale, sia esso esplicito o latente; dall’altro, molte innovazioni dirompenti si sono verificate quando i progressi tecnologici hanno reso possibile o economicamente sostenibile ciò che prima era irraggiungibile (si pensi alla democratizzazione della potenza di calcolo, alla miniaturizzazione dei sensori e all’efficientamento delle batterie che sono culminati nella nascita degli smartphone).
Generalmente, nelle aziende ci sono funzioni organizzative distinte con la responsabilità esplicita di perseguire una delle due direzioni: l’attrazione del mercato è presidiata dall’area Marketing e Vendite, mentre la spinta tecnologica dall’area Ricerca e Sviluppo, nelle loro declinazioni più fisiche, operative o digitali a seconda del settore di riferimento.
Tuttavia, è molto raro che le innovazioni di reale impatto emergano in isolamento da uno solo dei due ambiti.
Il marketing e l’innovazione incrementale
Chi lavora sull’attrazione del mercato sa quanto può essere difficile distinguere le tendenze durature dalle mode passeggere, e i reali bisogni insoddisfatti dalle bolle speculative: basti pensare al recente inverno delle criptovalute, che solo qualche anno fa parevano destinate a compenetrare ogni aspetto della nostra vita, ben oltre gli ambiti dove possono effettivamente portare valore.
Inoltre, concentrarsi sulle ricerche di mercato tradizionali rischia di generare spunti un po’ troppo incrementali, come ben riassunto dal classico aforisma «se avessi chiesto alla gente cosa voleva, mi avrebbero risposto “cavalli più veloci”» (che in realtà Henry Ford non avrebbe mai pronunciato).
La tecnologia e la trappola dei costi sommersi
Per chi si occupa di spinta della tecnologia, è quantomai evidente che l’obiettivo di spostare la frontiera delle possibilità si scontra con la necessaria attenzione all’efficienza e alle economie di scala.
Gli investimenti spesso ingenti che servono per introdurre un’innovazione tecnologica portano sempre con sé il rischio concreto di cadere nella trappola dei costi sommersi (sunk cost fallacy), che spinge a perseverare in una direzione di sviluppo anche in assenza di conferme dal mercato, per evitare l’impressione di aver “gettato via” le risorse già impegnate.
Da qui nascono le classiche soluzioni in cerca di problema, che però non hanno alcuna garanzia di trovare un reale riscontro applicativo in tempi economicamente sostenibili.
Ne consegue che una responsabilità fondamentale degli innovatori aziendali (a prescindere dal loro job title) è quella di cercare costantemente opportunità per combinare le due prospettive, coltivando occasioni di confronto e dialogo tra le diverse funzioni, sfidando le ortodossie con domande anche scomode, e promuovendo un approccio sperimentale e iterativo su scala più piccola di quella abituale