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L’impatto dell’AI sull’innovazione aziendale? Un nuovo modello per dire addio al “pilota eterno”



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Cosa cambia per l’innovazione con l’intelligenza artificiale? Più apertura e scalabilità, suggeriscono Paolo Cellini e Maximo Ibarra nel libro “AI Impact”, che propone una rassegna completa del cambiamento in corso

Pubblicato il 25 set 2025



AI e innovazione

L’intelligenza artificiale non è solo uno tsunami tecnologico, ma un’onda anomala che sta ridefinendo, o dovrà ridefinire, l’intero approccio all’innovazione aziendale. Ecco perché un libro come “AI Impact” di Paolo Cellini e Maximo Ibarra diventa una preziosa e ambiziosa “mappa del tesoro” per chi si addentra nei territori dell’AI e delle sue relazioni con noi umani.

Paolo Cellini è un venture capitalist, Chief Investment Officer del fondo Deep Ocean Capital. Maximo Ibarra è un top manager che ha guidato Wind, Sky e fino allo scorso maggio Engineering. Entrambi docenti della LUISS, uniscono visioni, forze ed esperienze per proporre una generosa lettura dell’impatto dell’AI. Abbiamo provato a leggerlo con gli occhi di chi fa il lavoro dell’innovazione in azienda, che deve occuparsi e preoccuparsi dell’intelligenza artificiale per gli altri ma non può fare a meno di domandarsi: e per me cosa cambia?

Tra le tante possibili risposte, due i temi che emergono e che sono, seppure a diversi livelli, due opportunità portate dall’AI per l’innovazione aziendale: una decisa spinta verso ecosistemi di open innovation e il superamento del problema del “pilota eterno” – quella sindrome che porta molte aziende a rimanere intrappolate in una fase di sperimentazione senza mai arrivare a un’implementazione su larga scala.

Insomma, la AI Transformation dovrà essere accompagnato da un profondo ripensamento del modo di pensare e fare innovazione: passare a approcci isolati e sperimentali verso modelli integrati e scalabili. Non si tratta più di scegliere tra innovazione interna o esterna, tra controllo o apertura, ma di sviluppare la capacità di orchestrare dinamicamente entrambe le dimensioni in funzione degli obiettivi strategici.

L’AI come catalizzatore di innovazione aperta

La natura stessa dell’AI, suggerisce in diversi punti del percorso il libro “AI Impact”, spinge le aziende verso modelli di innovazione più aperti e collaborativi. Diversamente da altre tecnologie del passato, l’AI è intrinsecamente interconnessa e dipendente da ecosistemi complessi.

Ibarra e Cellini evidenziano come la “triade dell’AI” – algoritmi, dati e potenza di calcolo – richieda competenze e risorse che raramente si trovano concentrate in una singola organizzazione. Questa frammentazione naturale delle capacità necessarie rende l’open innovation non solo vantaggiosa, ma necessaria per lo sviluppo di soluzioni AI efficaci.

AI, perché la collaborazione è necessaria?

Un aspetto particolarmente significativo è la concentrazione estrema della catena di fornitura dell’AI. Come ricordato nel libro, TSMC (Taiwan Semiconduct Manufacturing Company) controlla circa il 60% della produzione mondiale di chip, mentre NVIDIA detiene oltre il 90% del mercato delle GPU per data center AI. Questa concentrazione rende impossibile per la maggior parte delle aziende sviluppare soluzioni AI in completo isolamento.

Le aziende sono quindi costrette a collaborare non solo con i fornitori di tecnologia, ma anche con partner che possiedono dati complementari, competenze algoritmiche specifiche o accesso a infrastrutture di calcolo. Questa interdipendenza crea opportunità senza precedenti per l’innovazione collaborativa.

Dall’integrazione verticale all’orchestrazione

Il modello tradizionale di integrazione verticale, ancora dominante in molte industrie, si scontra con la natura distribuita dell’AI. Le aziende più innovative stanno abbracciando approcci orizzontali, creando piattaforme che consentono l’integrazione di soluzioni sviluppate da partner diversi.

Microsoft, ad esempio, ha costruito il suo successo nell’AI non sviluppando tutto internamente, ma creando un ecosistema che integra OpenAI, partner hardware come NVIDIA, e migliaia di sviluppatori terzi attraverso Azure. Questa strategia di “orchestrazione” piuttosto che di controllo diretto rappresenta il nuovo paradigma dell’innovazione nell’era dell’AI.

Innovazione aziendale: la sindrome del “pilota eterno”

Oltre alla spinta verso l’orchestrazione, c’è un altro impatto dell’AI sull’innovazione aziendale: fa emergere il problema del “pilota eterno”.

Che cos’è il “pilota eterno”? Molte aziende rimangono intrappolate in una fase perpetua di proof-of-concept e progetti pilota, senza mai riuscire a scalare le soluzioni AI a livello aziendale.

Le cause strutturali del problema

Nel libro di Cellini e Ibarra vengono individuate diverse cause di questo fenomeno. In primo luogo, la complessità tecnica dell’AI porta spesso a sovrastimare le capacità immediate della tecnologia durante la fase pilota, creando aspettative irrealistiche per la scalabilità.

In secondo luogo, i dati utilizzati nei pilota sono spesso “curati” e non rappresentativi della realtà operativa dell’azienda. Quando si tenta di scalare, emergono problemi di qualità dei dati, bias e variabilità che non erano stati considerati nella fase sperimentale.

Come superare il problema del “pilota eterno”

Che cosa ci sta dicendo l’intelligenza artificiale? Cosa manca perché si superi la sindrome del “pilota eterno” che scoraggia e ritarda l’adozione di soluzioni innovative? Il successo di un progetto AI richiede non solo algoritmi efficaci, ma anche un’infrastruttura robusta e modelli di governance adeguati. Le aziende che superano il problema del pilota eterno sono quelle che investono simultaneamente in:

  • Infrastruttura dati: sistemi che garantiscono qualità, accessibilità e governance dei dati a livello enterprise
  • Competenze organizzative: team interdisciplinari che combinano expertise tecnica e conoscenza del business
  • Processi di deployment: metodologie standardizzate per il passaggio da pilota a produzione

Dal pilota al sistema: un cambio di paradigma

Il superamento del “pilota eterno” richiede un cambio di paradigma fondamentale, suggeriscono Cellini e Ibarra. Invece di vedere i pilota come dimostrazioni isolate di capacità tecniche, le aziende devono progettarli come componenti di un sistema integrato più ampio.

Questo significa partire dalla visione dell’implementazione su larga scala e lavorare a ritroso per definire i requisiti del pilota. Include anche l’adozione di metodologie MLOps (Machine Learning Operations) che standardizzano il processo di sviluppo, testing e deployment dei modelli AI.

Verso un nuovo modello di innovazione

L’intersezione tra open innovation e superamento del pilota eterno suggerisce l’emergere di un nuovo modello di innovazione aziendale. Le organizzazioni più avanzate stanno sviluppando quello che potremmo definire “innovazione ecosistemica scalabile”.

Questo modello combina:

  • Partnership strategiche per l’accesso a competenze e risorse complementari
  • Piattaforme tecnologiche aperte che consentono l’integrazione rapida di soluzioni sviluppate da terzi
  • Metodologie di scaling che permettono di passare rapidamente da prototipo a implementazione enterprise
  • Governance collaborativa che bilancia apertura e controllo

Le implicazioni strategiche sono profonde. Le aziende devono sviluppare nuove competenze non solo tecniche, ma anche organizzative. La capacità di orchestrare ecosistemi complessi di partner diventa altrettanto importante quanto lo sviluppo interno di competenze AI.

Inoltre, la velocità di implementazione diventa un fattore competitivo critico. In un contesto dove l’AI evolve rapidamente, la capacità di passare velocemente dal pilota alla produzione può determinare il successo o il fallimento di un’iniziativa strategica.

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