INNOVATION DETECTIVE

Il video consulto medico su Zoom non funziona. Il colpevole? La logica

Il caso: in tre mesi solo tre pazienti hanno usato il video consulto medico lanciato da una grande catena di cliniche dopo il Covid. Perché l’innovazione non viene accettata? “È tutto molto logico”, dicevano in azienda ma l’indagine sul campo rivela un’altra realtà: chi ha poco tempo è già…multi-canale

Pubblicato il 28 Set 2022

Photo by Hush Naidoo Jade Photography on Unsplash

Il caso è una storia di innovazione iniziata nel solito modo un po’ storto e finita bene, in cui il lavoro investigativo si fa strada tra i pregiudizi, ribalta le ovvietà, esamina da vicino il mercato, smaschera il vero problema, e lo inchioda con una nuova soluzione.

Il nome della squadra investigativa è CSI, Customer Scientific Investigation. Il detective senza distintivo, fissata con il metodo scientifico, sono io. Gli agenti li recluto sul campo, perché ci vuole sempre qualcuno che parli la lingua del posto. Basato su una storia vera. Ogni riferimento a persone o aziende reali è puramente casuale, benché tutti i fatti siano dannatamente accaduti.

Un paio d’ore prima avevo ricevuto una chiamata dall’agente Ferri, una mia vecchia recluta d’istanza nel team di innovazione di un grande franchising di cliniche. L’appuntamento era nell’ufficio del suo capo, e stavamo facendo una cosa che odio: anticamera. Oltre alle innumerevoli ragioni per cui uno può irritarsi a dover aspettare un dirigente, io ho anche quella che non mi piace parlare del più e del meno per far passare il tempo. Non ne sono capace. Fortunatamente l’agente Ferri mi conosce, ed è bastato prendere in mano il cellulare per consegnare il messaggio. Su Twitter scorrevano messaggi di profondo sconcerto per l’ennesima strage in una scuola americana. Io e Ferri sospiriamo all’unisono, costernati. “Ho letto da qualche parte”, dice Ferri, “che uno o due americani su mille sono potenziali autori di stragi.”. Io non commento ma mi piego in avanti e faccio precipitare sul pavimento un rumoroso sbuffo, solo che il fiato si ferma nella mascherina e mi appanna tutti gli occhiali. Lui aggiunge: “Chissà come l’hanno calcolato…”. Alla fine, sbotto: “Indagini di mercato Ferri, si chiamano indagini di mercato, ti dice qualcosa? Si va in giro casa per casa a chiedere alla gente se si vede a compiere una strage, e due su mille rispondono “Certo, sarebbe simpatico…”

L’entrata del dirigente cauterizza istantaneamente la conversazione. “Signori, abbiamo un problema con il nostro ospedale virtuale. Abbiamo lanciato il pilota da due mesi, e le persone non vanno dal medico. Virtualmente, intendo. Non fruiscono delle opportunità di visita virtuale. Abbiamo appena aggiornato la piattaforma di videoconsulto, ma i dati sono imbarazzanti, con tutto quello che abbiamo speso, occorre scoprire perché, e risolvere la questione”.

C’è un’azienda che ha molti soldi. Ne ha usati parecchi per sviluppare un’innovazione. E con questo pensa di aver acquisito il diritto divino di conficcare questa innovazione nella vita di qualcuno. Col lavoro che faccio, ci sono abituata. È sempre la solita scena. Ma ogni dannata volta che mi si presenta mi muore qualcosa dentro.

Il dirigente sembra avere intercettato i miei pensieri e dice: “Prima di realizzare questa cosa abbiamo fatto tutte le verifiche eh… per quello che l’emergenza COVID può lasciare all’immaginazione…”, e allarga le braccia, come se dovessimo constatare il tappeto di evidenze ai nostri piedi. “Adesso tutti usano Zoom, lo dicono le statistiche. E poi i trend vanno tutti in questa direzione, vedi il progetto Amazon per la sanità Prime… Mica vogliamo arrivare per ultimi…Inoltre abbiamo fatto un sondaggio, e ben il 70% dei rispondenti hanno detto che avrebbero usato la modalità di consulto virtuale con il dottore. Abbiamo targettizzato le persone più impegnate, con meno tempo, quelle con lavoro, famiglia e figli piccoli… insomma, tutto fila…” Si irrigidisce un attimo, come se fosse costretto a fare entrare un ospite indesiderato nella stanza. “Eppure, abbiamo avuto solo 3 richieste di accesso al servizio in 3 mesi. Trovate cosa non va!”

Ad ogni modo, ero contenta di lavorare ancora con l’agente Ferri, responsabile del prodotto “Ospedale Virtuale”. Era l’unica persona di cui potessi fidarmi in quella situazione. Giudizioso, in grado di cavarsela per conto proprio, ma anche fantasioso, sistematico e inesorabilmente razionale. Avevamo collaborato già in altri casi ed eravamo in grado di capirci senza troppe parole.

“È un buon dirigente”, dice a bassa voce dopo aver lasciato la stanza, “ma soffre, come dice lei, della malattia che si chiama intuizione, e non segue nessuna cura”.

Come ho detto, ci capiamo abbastanza.

Continua: “La nostra cosiddetta teoria del consulto video virtuale è costruita principalmente su principi di probabilità, assunzioni semi-logiche, e applicazione di qualche elemento di psicologia. Però è debole sul fronte delle evidenze, che è l’unica cosa che conta. Non abbiamo verificato le ipotesi contrarie, e i fatti ci dicono che abbiamo torto. Non so davvero come recuperare”.

Esisteva solo un modo per provare a recuperare, e Ferri lo conosceva bene, anche se gli dava le vertigini. Riaprire il caso, rimuovere tutti i sigilli, e, in breve, mettere nuovamente in discussione tutte le premesse senza sapere a priori dove tutto ciò ci avrebbe portato. Ci vuole coraggio, ma 9 volte su 10 ripaga.

Abbiamo ripreso in mano i rapporti sui trend di mercato, le analisi della concorrenza, i risultati delle survey. Abbiamo parlato con tutti i colleghi e designer che avevano preso decisioni rilevanti sul progetto. Il materiale su cui lavorare sembrava non essere più sufficiente, tutte le strade alternative sembrano sbarrate e tutte le tracce portano nella stessa direzione: l’introduzione del video consulto con il medico.

Da un confronto di routine con il dipartimento di marketing era emersa la “spiegazione” che le persone non fossero ancora pronte a gestire questo nuovo canale, nonostante tutta l’accelerazione impressa dal COVID. Tipico modo di rielaborare l’accaduto. Io sono avanti, e tu sei indietro. Io sono OK, tu non sei OK. Ci vorrebbe una nuova teoria di analisi transazionale tra azienda e cliente per spiegare queste conclusioni. Ma andiamo oltre.

Il tempo stringeva e non avevamo né alibi né movente. Era ora di raccogliere nuovi dati, e di mettere il naso nelle vite di queste persone così impegnate, con lavoro, figli, animali eccetera.

“L’ultima volta ho sentito la pediatra di mia figlia per un consiglio via WhatsApp, e lei mi ha risposto in dieci minuti con un vocale.” Ha raccontato Carlotta, mamma di due gemelli. “Non ricordo l’ultima volta che ho visto il mio medico. Chiedo le ricette per email, sono sempre le stesse e le trovo direttamente dal farmacista”, ci ha detto Sergio, avvocato, divorziato e padre di due adolescenti. “Stavo veramente male per l’influenza e non sapevo se fosse Covid: ho chiamato la guardia medica e mi hanno fatto fare un test al telefono per capire se fosse Covid o meno.” Dice Virginia, maestra di Benevento.

Ferri teneva una tabella con la lista degli alibi, e diventava sempre più lunga. Ognuno aveva il suo, e c’era molto da imparare da come ciascuno era riuscito ad organizzarsi. Forse persone come Virginia si sono trovate nel cosiddetto luogo del delitto presunto del video consulto, cioè nella necessità di accedere ad un consulto sincrono immediato, e nell’impossibilità di poterlo effettuare di persona. La realtà però era molto più complessa ed interessante, per l’azienda stessa.

I pazienti infatti erano andati già oltre la proposta di un nuovo canale: con grande abilità, avevano elaborato una strategia multi-canale per gestire la relazione tra tutti i componenti della propria famiglia e gli attori del sistema sanitario. Privilegiando sempre le modalità asincrone, quindi whatsapp, la mail, i messaggini, che erano le sole che potevano di fatto essere gestite negli interstizi di tempo di una vita molto impegnata, e di fatto non interessata da questioni mediche di grande rilievo.

“È tutto molto logico”, continuava a ripetere Ferri. “Come ho fatto a non vederlo prima! Sono persone nella parte più produttiva e vigorosa della loro vita, hanno questioni mediche di routine, principalmente, perché dovrebbero voler prendere appuntamento per occupare un’ora del loro tempo per vedere su zoom un medico!”.

Anche prima era tutto logico, tutto scontato, tutto perfettamente consequenziale. Ma la logica è solo un addensante, che si usa per tenere assieme gli ingredienti di un ragionamento: può essere usata per argomentare qualsiasi cosa e il suo contrario. La bontà del ragionamento dipende sempre dalla qualità degli ingredienti, e dal modo in cui vengono approvvigionati. Questo Ferri lo sapeva già, ha solo dovuto ricordarlo. Per cui mi sono limitata a commentare: “Questione di filiera, di struttura della catena induttiva Ferri, non fidarti troppo della logica!”

L’indagine ha motivato la clinica a guardare oltre il video consulto, verso una piattaforma effettivamente e strategicamente multicanale di gestione delle relazioni tra il paziente e il sistema sanitario.

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Irene Cassarino
Irene Cassarino

Irene Cassarino, ingegnera di formazione, PhD in Gestione dell’Innovazione, è CEO e fondatrice di The Doers, ora parte del gruppo Digital Magics. Ha dedicato tutta la sua vita professionale alla ricerca di nuovi mercati, lavorando con più di 200 startup e decine di grandi aziende italiane e internazionali.

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