L'INTERVISTA

Elior (ristorazione collettiva): “La nostra innovazione nata da un investimento sbagliato”

Rosario Ambrosino, AD di Elior, che eroga pasti in aziende, scuole e ospedali, spiega come è stata applicata l’open innovation in questi anni: dal rapporto con una startup (non andato a buon fine, ma dal quale sono stati ricavati insegnamenti) a quello con gli enti di ricerca, fino alla proposta di offerte innovative

Pubblicato il 29 Apr 2021

L'open innovation di Elior

Cinque anni fa Elior, azienda di ristorazione collettiva, ha deciso di investire in una startup del food delivery. È andata male. Anzi, benissimo. Perché, come dice a EconomyUp l’amministratore delegato Rosario Ambrosino, “grazie a quell’esperienza abbiamo ottenuto una curva di apprendimento enorme, cioè abbiamo capito ciò che bisognava e non bisognava fare, e quindi guadagnato una gran quantità di tempo”. Non solo: le innovazioni successivamente adottate hanno permesso ad Elior di affrontare meglio il periodo della pandemia, che si è abbattuta come una mannaia nel settore della ristorazione collettiva. Secondo i dati Oricon (Osservatorio ristorazione collettiva e nutrizione), nel 2020 la ristorazione aziendale ha subito un calo del 40% e, stando alle previsioni, in futuro si verificherà una contrazione stabile di circa il 20% nel ricorso alle mense in azienda per i colletti bianchi a causa dell’adozione permanente dello smart working. “Ora più che mai bisogna avere gli strumenti per reagire” dice l’AD di Elior. E gli strumenti la società li aveva messi in campo già da qualche anno con le sue iniziative di open innovation, la strategia  basata sulla ricerca di idee e soluzioni innovative fuori dal ristretto perimetro aziendale. Vediamo meglio il suo percorso.

Rosario Ambrosino, AD di Elior

Che cosa fa Elior

Fondato nel 1991, il Gruppo serve in Italia oltre 106 milioni di pasti all’anno in oltre 2.400 ristoranti e punti vendita grazie ai suoi 12.000 collaboratori. La società è operativa in aziende, scuole, sistema socio-sanitario, forze armate, musei e ristorazione a  bordo  delle  Frecce di Trenitalia. Elior offre soluzioni su misura puntando su sostenibilità e innovazione. A questo proposito aderisce a protocolli di sostenibilità come il Global Compact, il  programma  delle  Nazioni Unite sulla Responsabilità Sociale d’Impresa. La sua strategia di Corporate Social Responsability prevede un piano denominato Positive Foodprint Plan, attraverso il quale si vuole creare un circolo virtuoso nel mondo della ristorazione, dal campo coltivato alla tavola, lavorando in sinergia con fornitori, clienti, utenti finali e dipendenti.

L’open innovation di Elior

“Da diversi anni abbiamo iniziato a promuovere l’open innovation assemblando competenze provenienti da diversi ambiti” dice Rosario Ambrosino. Un primo passo è stato la collaborazione con con l’IRCCS (Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri) sui temi della nutrizione. Tra le varie iniziative, solo per citarne una, nel 2017 il Gruppo ha ingaggiato insieme all’Istituto una battaglia per un minore utilizzo del sale nei piatti attraverso una campagna di sensibilizzazione.  Successivamente è nata l’esigenza di capire meglio le tematiche legate all’innovazione e alle tecnologie digitali. Da lì sono partiti i primi contatti con alcune startup. L’area di investimento identificata: il food delivery. È per questo che Elior ha deciso, nel 2016, di investire in una giovane realtà innovativa, Rose & Mary, basata a Londra ma con soci italiani, che hanno poi avviato un’attività a Milano. L’investimento non è andato a buon fine. Eppure, come insegna la cultura del fallimento cara agli innovatori della Silicon Valley, da quell’operazione sbagliata sono scaturiti risultati decisamente positivi.

È così che sono nati Food360 e Urban360: sistemi non presidiati di servizio di ristorazione, decisamente innovativi e, in un certo caso, “preveggenti”. Perché, lanciati nel 2019, quindi in tempi di assoluta normalità, si sono rilevati particolarmente utili in un periodo assolutamente fuori dall’ordinario come quello della pandemia.

I servizi innovativi di Elior

FOOD360 è il sistema Elior per la ristorazione aziendale in modalità self- service con prenotazione, disponibile per tutta la giornata lavorativa. Consiste in una vetrina refrigerata intelligente, che permette di mantenere i piatti pronti alla corretta temperatura, in attesa che vengano ritirati dagli utenti. Il dipendente – attraverso un’app dedicata accessibile da desktop e mobile – sceglie e prenota con 24 ore di anticipo il pasto che desidera consumare il giorno successivo. Al momento del pranzo, all’ora desiderata, si reca presso le vetrine refrigerate di FOOD360 e ritira il pasto autonomamente dalla vetrina self-service in un kit monouso, rigenerando il piatto negli speciali microonde integrati in FOOD360.

FOOD360 URBAN è la vetrina intelligente che, grazie alla linea iColti in Tavola di Elior, offre un servizio self-service senza prenotazione. Attraverso l’uso della tecnologia RFID, l’utente può scegliere sul momento tra l’ampia gamma di proposte disponibili e acquistare tramite App o carta di credito.

“iColti in Tavola” sono una nuova linea di piatti pronti confezionati in ATP, una tecnologia di packaging innovativa che consente l’estensione della shelf-life fino a 10 giorni senza l’uso di conservanti. Il catalogo di ricette è caratterizzato da ingredienti genuini e un’ampia varietà di piatti adatti anche a chi segue un regime alimentare particolare, incluse le intolleranze e le diete personalizzate.

MARKET

ll Market a libero servizio è un luogo di ristorazione innovativo pensato per aziende di tutte le dimensioni, che possono così offrire ai propri dipendenti pasti in linea con i loro gusti e necessità in tema di alimentazione grazie ai piatti del menu iColti in Tavola.

Un concept punta ad agevolare le pause flessibili in termini di scelta del pasto, luogo di consumo, acquisto e pagamento facilitati. La flessibilità è massima anche in termini di spazio necessario, dai 5 a 35 metri quadri, e persone servite, da 100 a 300.

“La nostra – dice l’AD di Elior –  è una piattaforma di soluzioni che, in pandemia, è diventata un’arma utile per rispondere a un mercato che si sta trasformando, soprattutto nella ristorazione aziendale. Contrazione del numero medio di fruitori che mette profondamente in crisi il vecchio modello basato sulla consumazione sul sito”.

Ristorazione collettiva e smart working

Secondo una ricerca del settembre 2020, “Flessibilità e smart working: come cambia la nuova pausa pranzo degli italiani?”, condotta da Praxidia per Elior, il 60% dei dipendenti italiani  continuerà a lavorare da casa almeno una volta alla settimana e il 50% ritiene che la pausa in smart working sia più complicata da gestire rispetto al pranzo in ufficio. Tra gli intervistati che reputano più difficile gestire il break lavorando da casa, il 39% ritiene che sia più complesso mantenere un menu vario e bilanciato, il 42% percepisce il momento della pausa come meno rilassante con l’impossibilità di staccare davvero dal lavoro, mentre il 49% denuncia una minore possibilità di fare movimento e il 30% pensa di avere meno tempo per se stesso.

Per cercare di presidiare il nuovo mercato che si sta creando, Elior ha lanciato a settembre scorso il programma “iColti a Casa”, pensato per chi è in smart working e vuole consumare il pasto erogato dall’azienda. È possibile effettuare un ordine settimanale attraverso un’app che può combinare diverse scelte (snack, insalatone, primi piatti). Una volta alla settimana viene consegnata la box refrigerata, poi, durante i giorni successivi, il cliente può riscaldarsi il pasto quotidiano. In questo modo non è costretto a fare la spesa o cucinare. “Il servizio è stato accolto con interesse e stiamo lavorando ad offerte su misura” dice Ambrosino. “Servono combinazioni di offerta: la proposta è pensata per il lavoratore, ma si può dare la possibilità di estendere l’ordine alla famiglia, consentendo di ordinare di là della convenzione con l’azienda”.

Altre collaborazioni

Alla base delle nuove soluzioni unattended e semi-attended c’è l’acquisizione di una piccola realtà. “L’open innovation porta dentro competenze diverse e consente di combinare i fattori in maniera rapida. Se dovessi avere un processo interno da a alla z sarei diverse volte più lento” dice l’AD di Elior. Per questo l’azienda ha attivato un vero e proprio network di innovazione: dalle interazioni con società specializzate in tecnologia per attrezzature da cucina ai rapporti con il mondo accademico. “La molteplicità di queste interazioni ci ha spinto a creare la Food Academy, un hub di interazione che usiamo come luogo virtuale, fisico, punto di incontro per i clienti. Identifichiamo le tematiche che soddisfano le esigenze della clientela e siamo assemblatori di richieste complesse. Teniamo insomma unito un network di connessioni”.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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