LA GUIDA

Aprire un negozio: costi, normative, tecnologie per l’avvio di un’attività (anche online)

Quando si decide di aprire un negozio, bisogna fare i conti con regole e costi. Quali? Conviene uno spazio fisico o un ecommerce? E quali sono i principali strumenti per digitalizzare un punto vendita? Qui tutte le risposte

Pubblicato il 01 Ott 2019

aprire un negozio

Quali costi affrontare per aprire un negozio? Quali le spese obbligatorie per avviare un’attività da zero? Conviene la formula del franchising? Quali tecnologie scegliere? Sono alcune delle domande che si pone chi intende avviare un’impresa commerciale. Ecco quali sono i passi da compiere e cosa serve per aprire un negozio in Italia, quali innovazioni tecnologiche sono necessarie per tenere il passo con la concorrenza e come si può aprire un negozio anche online.

Cosa serve per aprire un negozio? Licenze e normativa in Italia

Le motivazioni per cui si decide di aprire un negozio sono le più disparate, dalla volontà di investire su se stessi invece di lavorare come dipendente, alla disponibilità di un immobile, così come di un piccolo budget, all’aver evidenziato una carenza di offerta di un certo prodotto nella propria area e così via. Ciò che scoraggia maggiormente è capire e gestire licenze e normative necessarie in Italia.

Premesso che nel nostro Paese è impossibile aprire un negozio se la persona che lo desidera ha avuto fallimenti precedenti, se ha subito una condanna per un reato non colposo e ha avuto una pena minima di 3 anni o se è sotto sorveglianza speciale o obbligo di soggiorno, la prima cosa da fare è rivolgersi al SUAP (Sportello Unico Attività Produttive). Si tratta dello sportello comunale di riferimento per ottenere tutte le informazioni su procedura, documenti, licenze e permessi e che gestisce le questioni burocratiche di apertura di un negozio.

Con il Decreto Bersani n. 114 del 31 marzo 1998 la procedura necessaria per aprire un negozio è stata abbastanza semplificata rispetto al passato. Ecco qui di seguito ciò che è stato introdotto dal Decreto Bersani.

  • La novità più rilevante è che se si vuole aprire un negozio che non superi i 250 mq di grandezza (in un Comune con più di 10mila abitanti, altrimenti il limite scende a 150 mq) non è più necessario chiedere la licenza al Comune. Resta l’obbligo di licenza per i negozi di tabacchi perché si tratta di prodotti soggetti a Monopolio di Stato.
  • Quando non è necessaria la licenza serve semplicemente la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) da inviare al Comune.
  • Sempre nel Decreto Bersani è poi scritto che l’iscrizione al REC (Registro Esercenti il Commercio) è obbligatoria solo per coloro che aprono un bar, un albergo o un ristorante.
  • Inoltre non esistono più distanze minime da rispettare tra negozi che vendono la stessa tipologia di merce.
  • Infine vi è solo una tripartizione della tipologia di negozi: gli esercizi di vicinato (che occupano fino a 250 mq, le medie strutture di vendita (che arrivano a 2.500 mq) e le grandi strutture che hanno ampiezza oltre i 2.500 mq.

È importante tener presente che, una volta scelto il locale, bisogna valutare la destinazione d’uso originaria: se, per esempio, si vuole aprire un’attività in un vecchio magazzino, è necessario far cambiare la destinazione d’uso rispettando le norme ASL relative all’attività che si sta avviando.

Bisogna ricordare che nel caso in cui si voglia aprire un negozio di alimentari, si deve partecipare a un corso SAB (Somministrazione Alimenti e Bevande). Anche in questo caso il SUAP può comunicare dove sono organizzati questi corsi (a volte gestiti da aziende private, a volte dal Comune stesso). Se però si è già lavorato in un negozio di alimentari per almeno due anni nei cinque precedenti alla decisione di aprire una nuova attività, allora è possibile evitare di frequentare il corso perché si è già acquisita la professionalità necessaria.

A tutto ciò si aggiunga che, per avviare una attività imprenditoriale  qualsiasi (incluse quindi quelle commerciali), va aperta una posizione fiscale (partita IVA), così come le posizioni previdenziali e assicurative (Inps e Inail), deve essere fatta l’iscrizione al registro delle imprese e inviata la DIA, ossia la Dichiarazione di inizio attività.

Aprire un negozio: fisico, online o omnicanale?

I costi per aprire un negozio: come fare previsioni di investimento e budget

Un altro tema scottante è quello del budget: quanto costa aprire un negozio? Ci sono una serie di voci di spesa che si devono affrontare, calcolando che è sempre meglio fare una stima dei costi per eccesso per non avere poi brutte sorprese.

In primo luogo, per capire quanto costa aprire un’attività commerciale, bisogna fare i conti con il locale che si è scelto: è necessario valutare quanto sia l’affitto (oppure le spese di gestione e dell’eventuale mutuo in caso i muri siano di proprietà) e l’investimento necessario per la ristrutturazione, se occorre. Naturalmente, poi il negozio deve essere arredato e dotato delle attrezzature necessarie alla vendita.

Va poi considerata la prima fornitura di ciò che si vuole vendere in modo da allestire il negozio al meglio per la sua apertura.

Sono poi necessarie tutte le assicurazioni contro incidenti e furti.

A tutto ciò va aggiunto il costo dell’inaugurazione e della promozione del negozio che include tutte le attività tradizionali (cartellonistica, volantinaggio) e sempre più quelle digitali. Il sito web è ormai necessario e a esso si possono aggiungere tutte le iniziative relative al marketing digitale e all’utilizzo dei social.

Sempre per farsi conoscere e trovare, può risultare utile apporre cartelli segnaletici per indicare la propria attività e, in questo caso, si deve fare riferimento al comune.

Sul fronte dei costi burocratici, tutte le operazioni dalla costituzione della società (il che ha costi diversi a seconda del tipo di società che si intenda aprire) all’iscrizione alla Camera di Commercio, all’Inps e all’Inail hanno un costo al quale va aggiunto quello del commercialista.

Infine, vi è la spesa relativa alla richiesta di finanziamenti siano essi ottenuti dagli istituti di credito siano agevolazioni gestite da Invitalia o dall’Unione Europea, cioè somme finanziate a tassi di interesse vantaggiosi.

Come aprire un negozio: consigli e guida passo passo

In generale il prerequisito fondamentale per aprire un negozio e avere successo è conoscere molto bene la propria merce, essere esperti, quindi informarsi per approfondimenti, aggiornamenti e corsi in materia.

Negozio tradizionale o ecommerce?

La prima scelta importante è quella relativa alla decisione se aprire un negozio tradizionale o lanciare un sito di e-commerce (qui di seguito verranno affrontati i pro e i contro delle due soluzioni) oppure ancora adottare tecnologia digitale nel punto vendita e affiancargli anche attività di commercio elettronico, utilizzando le varie tecniche digitali di cui oggi è possibile disporre, come si leggerà più sotto.

Negozio tradizionale: la scelta della location

Optato per una attività tradizionale è necessario fare una ricerca di mercato per verificare se la propria idea può essere vincente realizzata in una determinata zona o un’altra e nel caso essere pronti a spostarsi in modo da intercettare un bisogno reale del potenziale cliente.

Per la scelta della location bisogna valutare una serie di fattori, dalla demografia della zona alla presenza dei parcheggi, da quanti potenziali competitor potrebbero esserci eccetera.

Importantissime sono anche le analisi relative al prezzo, imprescindibili per scegliere il miglior posizionamento possibile per il proprio prodotto/servizio.

Stendere il business plan

A questo punto, prima di aprire un’attività commerciale (in generale, un’attività imprenditoriale, è necessario stendere il business plan, ossia quel documento che indichi come si intende mettere in pratica il business model che ci si è prefissi e che include l’analisi dei costi, la previsione dei ricavi, lo studio della concorrenza, il dettaglio dell’attività di marketing e così via.

Per tutte le questioni burocratiche, poi come anticipato, bisogna sin da subito far riferimento al SUAP  Sportello Unico Attività Produttive) per essere aggiornati su tutte le disposizioni relative all’area in cui si intenda operare; mentre il commercialista darà tutte le indicazioni relative alle questioni fiscali, supporterà nella scrittura del bilancio eccetera.

Si procederà quindi all’allestimento del negozio stesso, alla ricerca di eventuale personale necessario e alla sua inaugurazione.

Aprire un negozio di franchising

Si deve precisare che l’entità e l’impegno su queste attività cambiano a seconda che si decida di aprire un punto vendita in franchising o meno. Gli svantaggi di aprire un negozio in franchising riguardano la fee di ingresso (che può essere più o meno consistente) e il dover corrispondere una percentuale sul fatturato al franchisor (così come è possibile che quest’ultimo richieda contributi per marketing e pubblicità). Inoltre possono creare difficoltà l’imposizione di modalità e frequenza degli approvvigionamenti e, in generale, una certa rigidità nella gestione dell’attività.

D’altra parte, scegliendo di aprire un punto vendita di una catena in franchising, si può beneficiare di molteplici vantaggi quali affiancamento e assistenza sia nella scelta della location sia nell’avvio dell’attività (il che include allestimento del negozio, corsi di formazione specifici eccetera con un format chiavi in mano). Si possono poi ottenere dalla casa madre prezzi vantaggiosi sulla fornitura e, infine, il rischio imprenditoriale si abbassa in quanto si può contare su un’iniziativa collaudata e sfruttare l’affermazione del brand.

Aprire un negozio fisico o online? Ecco che cosa è meglio e perché

Secondo un recente studio realizzato da Netcomm in collaborazione con Diennea, il negozio tradizionale conserva la sua importanza: per il 18,4% degli acquisti la visita in negozio è decisiva. Tuttavia il processo di acquisto dei consumatori si muove tra il fisico e il virtuale senza soluzione di continuità, fenomeno che prende il nome di omnicanalità. In particolare i  Millennials, viene sottolineato dai ricercatori, si aspettano lo stesso tipo di esperienza su entrambi i fronti.

D’altra parte, secondo un’indagine LaST – Laboratorio sulla Società e il Territorio per La Stampa, solo il 5,7% della popolazione italiana desidererebbe che si chiudessero del tutto gli store fisici.

Per il 67% della popolazione il digitale è una tappa del percorso di acquisto

Certo è che sempre più si sta andando verso una situazione in cui i consumatori sono omnicanale, si muovono tra touchpoint fisici e virtuali aspettandosi di vivere un’esperienza coerente in entrambe le situazioni. Negli ultimi dati dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience del Politecnico di Milano pubblicati alla fine dell’anno scorso si leggeva che sono 35,5 milioni (67% della popolazione italiana) i clienti per cui il digitale è un passo del percorso di acquisto.  Si approfondiranno questi aspetti qui di seguito, guardando alle tecnologie ormai disponibili per il settore retail per rispondere a queste esigenze.

Passiamo dunque a valutare pro e contro della scelta di aprire un negozio fisico o uno online, premettendo che naturalmente anche l’avvio di un negozio online richiede l’apertura della partita Iva e di una posizione INPS, oltre all’iscrizione alla Camera di Commercio.

Naturalmente il negozio online non richiede tutto il lavoro sopra descritto relativo alla location e allestimento dello spazio eccetera.

D’altra parte, proprio il negozio fisico rappresenta un’opportunità unica per provare la merce, e come si diceva spesso i consumatori si informano online (su prezzi, vastità dell’offerta eccetera) e poi comprano in negozio o viceversa guardano e toccano un determinato prodotto in store e poi lo comprano online.

Un sito di e-commerce offre la possibilità di fare shopping sempre, a qualsiasi ora, con qualsiasi clima perché comodamente dal proprio divano con un pc e ancora più semplicemente con un tablet o il proprio smartphone. Inoltre, i gestori di questo tipo di siti stanno offrendo sempre più servizi (quali i chatbot) il che rende l’esperienza di acquisto sempre più gradevole.

Il concetto di online presuppone l’assenza di confini geografici, quindi da un lato il consumatore può comprare in qualsiasi parte dal mondo, viceversa il negozio online può rivolgersi a qualsiasi target d’utenza. Ciò significa avere l’opportunità di aprirsi nuove possibilità di crescita in qualsiasi parte del globo senza la necessità, ovviamente, di grandi investimenti.

Passando ai pro di un negozio fisico oltre a quanto già anticipato, non si può non sottolineare il grande vantaggio rappresentato dal fatto che il compratore ha in mano il suo acquisto immediatamente, non deve attendere i tempi relativi alle spese di spedizione per verificare di avere davvero ciò di cui aveva bisogno. Tra l’altro, il venditore online sa che l’acquirente ha 14 giorni per rivendicare il diritto di recesso e deve garantirgli una customer experience soddisfacente.

In conclusione, uno dei plus fondamentali del negozio fisico è relativo al fatto che al suo interno i consumatori possono costruire rapporti e relazioni di fiducia con il personale, che può diventare un punto di riferimento, quasi un consulente per l’acquisto.

Nuova attività commerciali: ecco le tecnologie da usare per essere competitivi

Come abbiamo visto più sopra, non è semplice stabilire quale sia meglio tra negozio fisico e online. Sicuramente il negozio tradizionale può impegnarsi a superare i propri limiti utilizzando le tecnologie. E questo vale per tutti i disagi legati dall’affollamento del negozio (difficoltà di ricevere informazioni dal personale, code alla cassa) ma anche per risultare più competitivi rispetto ai propri concorrenti tradizionali e agli operatori e-commerce.

Le tecnologie aiutano a gestire problemi pratici a partire da quello dei pagamenti, è ormai impossibile pensare di aprire un’attività senza garantire la possibilità di pagamenti digitali, un mondo in continua evoluzione.

Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce della School of Management del Politecnico di Milano gli italiani gradiscono sempre più i pagamenti innovativi. Nel 2018 il valore dei pagamenti con carta si è assestato sui 240 miliardi di euro, il che equivale al 37% dei pagamenti delle famiglie italiane. I New digital payment stanno però crescendo a ritmi superiori (anche se naturalmente partono da volumi più bassi). Tra i sistemi innovativi di pagamento più di successo vi sono le carte contactless e mobile (ossia l’opportunità del Mobile proximity payment).

Si stanno diffondendo poi ulteriori possibilità, tra queste Satispay che propone un network alternativo a quello delle carte di credito e, perciò, di evitare le commissioni bancarie.

D’altra parte, SumUp propone una soluzione che, tramite un lettore, permette ai commercianti di accettare pagamenti con carta ovunque. Tra l’altro, oltre all’hardware e alle applicazioni necessari per far funzionare il sistema, SumUp sviluppato la possibilità di integrazione (tramite API-Application programming interface e SDK – Software development kit) con altre applicazioni per permettere ai negozianti di accettare direttamente dal loro sito Web o dalla loro app i pagamenti.

La digitalizzazione del punto vendita

Accanto a queste, sono tantissime le innovazioni digitali che possono essere introdotte nel retail e principalmente si dividono tra tecnologie per il back end e per il front end, per lo più finalizzate a migliorare la customer experience.

Secondo i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano l’impegno dei negozi a oggi è focalizzato per lo più in ambito fatturazione elettronica e dematerializzazione del ciclo attivo e passivo (oltre che su tutto il tema del digital payment di cui si è detto che conquistano il 33% degli investimenti). Gli investimenti sono però anche finalizzati alla realizzazione di sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita e soluzioni di Wifi in store (che si aggiudicano il 22% degli investimenti), sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty (21%), sistemi di monitoraggio dei clienti in store e sistemi di business intelligence analytics (19%) e, ancora, digital signage e vetrine intelligenti e interattive (16%), ma anche cartellini e scaffalature smart eccetera. Più nello specifico, gli studiosi dell’Osservatorio hanno sottolineato che il 34% del campione dimostrava interesse verso soluzioni CRM-Customer relationship management, il 27% verso sistemi di tracciamento dei prodotti tramite RFId e sistemi ERP e il 25% verso sistemi di monitoraggio dei clienti in store e soluzioni di business intelligence analytics. Vi sono infatti tantissime tecnologie (beacon, physical cookies e così via) che consentono di raccogliere dati sui clienti, utili poi al negoziante per profilare la propria base cliente e man mano disegnare azioni di marketing mirate da implementare direttamente in negozio, per esempio, mandando messaggi personalizzati a ciascun cliente.

Tra i servizi omnicanale che stanno avendo più successo, c’è il Click&collect, abilitato dal 70% dei top retailer con eCommerce, vi è poi la possibilità di verifica online della disponibilità dei prodotti in negozio, sviluppata dal 28% degli operatori, e il reso in store degli acquisti effettuati online, attivo per il 26%. Per concludere, l’online selling in store, già diffuso tra i principali retailer internazionali, sta iniziando a diffondersi anche in Italia (lo sta sperimentando il 9% dei top retailer), in particolar modo nell’Abbigliamento e nell’Alimentare.

A tutte queste tecnologie che avviano un vero e proprio processo di digitalizzazione del punto vendita esiste tutta una serie di app che contribuiscono ad arricchire l’esperienza del cliente e a rendere innovativo il negozio e, naturalmente più efficace nella propria proposta.

Vi sono decine di app per negozi di abbigliamento che supportano i commessi nella loro relazione con il cliente che, per esempio, attingono dal gestionale a tutti i dati relativi al magazzino e quindi rispondono in tempo reale alle domande relative alla disponibilità di prodotto, ma anche a tutte le varianti possibili del prodotto stesso, il tutto velocemente e a portata di mano.

Esistono poi per esempio applicazioni che consentono di gestire un ristorante in modo efficiente dalla fase della comanda (che può essere direttamente inviata nelle cucine da un device elettronica) alla creazione di un pre conto che facilita i clienti che, per esempio, hanno bisogno di avere una idea della spesa per suddividerla eccetera.

Vi sono, in generale, tantissime applicazioni che possono essere costruire per veicolare contenuti interattivi ai clienti presenti in negozio, soluzioni che stimolano all’acquisto e appunto permettono con semplicità di interconnettere i canali di comunicazione e vendita in modo fluido per il cliente.

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Cristina Mazzani
Cristina Mazzani

Giornalista dal 1996, si è sempre occupata di tematiche tecnologiche, scrivendo per riviste dedicate al mondo B2B e al canale di distribuzione Ict. In alcuni periodi ha affiancato a questa attività collaborazioni per quotidiani e testate attivi in altri settori.

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