La costruzione di una cultura dell’innovazione oggi non passa solo da laboratori e startup, ma da piattaforme interne capaci di connettere persone, conoscenza e tecnologie. Sempre più aziende stanno creando AI Hub aziendali, spazi digitali che centralizzano la sperimentazione e favoriscono la diffusione dell’intelligenza artificiale in ogni area organizzativa.
L’esperienza di Flutter SEA, raccontata dall’Innovation Strategy Director Katia Colucci nel corso dell’Open Innovation Summit 2025 organizzato il 24 ottobre 2025 da Il Sole 24 Ore, offre un caso esemplare di come un gruppo internazionale abbia integrato l’AI nella propria strategia di innovazione aperta, trasformando la collaborazione interna in un vero ecosistema di co-creazione.
Indice degli argomenti
Cos’è Flutter Sea
Flutter SEA è la regione del gruppo Flutter Entertainment dedicata al Sud Europa e all’Africa (SEA sta per Southern Europe and Africa), che coordina le attività di marchi nel settore dell’intrattenimento digitale come Sisal, PokerStars, e Snai. Con quartier generale a Milano e hub tecnologici internazionali, Flutter SEA promuove l’adozione di soluzioni di intelligenza artificiale, automazione e open innovation nei processi aziendali. La società integra le competenze di oltre 4.500 professionisti e gestisce un ampio ecosistema di partner, startup e università. In Italia, Flutter SEA è considerata una delle realtà più avanzate nella digitalizzazione responsabile del gaming e nell’uso etico dei dati, con una forte attenzione a sicurezza, compliance e impatto sociale. L’approccio strategico combina la crescita tecnologica con la sostenibilità, in linea con gli obiettivi globali di Flutter Entertainment.
Dall’open innovation diffusa alla strategia centralizzata
“Fino a un anno fa le varie iniziative di Open Innovation erano un po’ sparpagliate”, ha spiegato Colucci. “C’era chi si occupava di scouting in IT, chi lavorava su progetti di comunicazione o CSR, ma mancava una regia unica.”
La decisione di riunire tutte le iniziative sotto la direzione strategica dell’innovazione segna un passaggio fondamentale: l’open innovation non è più un’attività accessoria, ma una componente strutturale della strategia aziendale.
All’interno della funzione guidata da Colucci è nata un’area specifica dedicata all’Ecosystem Development, con l’obiettivo di creare un ponte stabile tra innovazione interna ed esterna. Questo approccio ha consentito di trasformare la logica dell’innovazione da frammentata a sistemica, mettendo a valore le esperienze precedenti e integrandole in una visione coerente.
“Questo dà la misura di quanto ci crediamo e del ruolo che ha l’open innovation per noi”, ha commentato. La struttura oggi gestisce programmi rivolti sia all’ecosistema esterno — come le call for startup e le partnership universitarie — sia all’interno dell’azienda, con format di coinvolgimento collettivo e percorsi di formazione permanente.
Una roadmap AI per tutta l’azienda
La strategia AI di Flutter SEA si fonda su una roadmap di oltre 170 use case di intelligenza artificiale, sviluppati in modalità cross-company.
“L’obiettivo è fare empowerment con l’AI su tutta l’azienda, non solo su alcune aree come accadeva in passato”, ha spiegato Colucci.
Per costruire la roadmap sono stati organizzati workshop aperti che hanno coinvolto dipendenti di tutti i reparti, insieme a esperti esterni e partner tecnologici.
Il percorso è stato pensato in due fasi: una divergente, dedicata alla generazione di idee e all’analisi delle tendenze globali, e una convergente, focalizzata sulla definizione degli use case prioritari.
Il risultato è un piano che integra AI tradizionale (machine learning) e AI generativa, compresa la sperimentazione sui sistemi di agenti, in grado di agire autonomamente all’interno dei processi aziendali.
Questa impostazione, tipica delle organizzazioni più avanzate, consente di centralizzare la governance tecnologica mantenendo al tempo stesso la flessibilità necessaria per l’innovazione distribuita. È un equilibrio delicato, che l’azienda ha scelto di gestire attraverso uno strumento dedicato: l’AI Hub.
L’AI Hub come piattaforma di co-creazione
“Abbiamo creato una piattaforma che da un lato centralizza gli sviluppi dell’AI e dall’altro funziona come un marketplace interno”, ha raccontato Colucci.
L’AI Hub aziendale svolge due funzioni complementari: standardizzare lo sviluppo dei modelli e diffondere le soluzioni in tutta l’organizzazione.
Il sistema consente di velocizzare la creazione di agenti e chatbot, ma soprattutto di condividere in modo trasparente i risultati e i tool sviluppati dai vari team.
Ogni unità può così accedere alle applicazioni già disponibili, testarle, personalizzarle e rilasciarle in nuovi contesti. La piattaforma opera come una dual-side platform, dove i produttori e gli utilizzatori interni si incontrano in uno spazio condiviso.
È un approccio che riflette la logica dell’open source applicata all’azienda, e che riduce la dispersione di risorse e la duplicazione di progetti.
In questo modo, l’intelligenza artificiale diventa un fattore di connessione culturale oltre che tecnologico, abilitando una collaborazione orizzontale tra funzioni che tradizionalmente lavoravano in silos.
Formazione, ispirazione e cultura dell’innovazione
L’AI Hub non è solo una piattaforma tecnologica, ma anche un motore di cultura aziendale.
Per Flutter SEA, l’adozione dell’AI è indissolubilmente legata alla costruzione di un ambiente di apprendimento continuo. “L’innovazione è un atto creativo e la creatività non si verifica se non c’è stimolo”, ha sottolineato Colucci, introducendo il concetto di formazione come leva di ispirazione.
L’azienda ha creato un programma di eventi aperti a tutti i dipendenti senza distinzione di livello. Al mattino vengono invitati esperti esterni, startup e ricercatori a raccontare le evoluzioni delle tecnologie emergenti; al pomeriggio, i partecipanti lavorano in sessioni di idea generation, trasformando gli spunti ricevuti in proposte concrete.
“È una via di mezzo tra uno strumento di open innovation, uno di inspiration e uno di formazione”, ha spiegato Colucci.
Negli ultimi cicli, tutti i focus sono stati dedicati all’AI, segno di un crescente interesse interno. Ma la partecipazione non si limita all’ascolto: molti dipendenti utilizzano l’AI come supporto diretto durante le sessioni, per strutturare idee, analizzare vincoli regolatori o testare ipotesi.
Questo approccio esperienziale permette di trasformare la formazione in pratica quotidiana, avvicinando la tecnologia alla vita reale delle persone.
Dall’AI alla cultura della conoscenza
La costruzione di una cultura dell’AI passa anche dall’apprendimento “tangibile”, come lo definisce Colucci: non solo ispirazione, ma conoscenza applicata.
Flutter SEA promuove laboratori pratici e corner di sperimentazione che toccano tutte le aree aziendali.
“Le persone se non hanno questi elementi in testa, non basta la fantasia”, ha commentato. “La creatività nasce anche dalla conoscenza.”
La continuità di queste iniziative è ciò che distingue la cultura dell’AI da una semplice adozione tecnologica. L’intelligenza artificiale diventa parte dell’identità organizzativa quando le persone ne comprendono il funzionamento, ne riconoscono i limiti e imparano a utilizzarla come estensione delle proprie competenze.
L’AI Hub, in questa prospettiva, non è solo un repository di algoritmi ma un luogo di apprendimento condiviso, dove si impara a collaborare con l’intelligenza artificiale piuttosto che a subirla.
Un modello replicabile per le grandi organizzazioni
Il caso Flutter SEA evidenzia un aspetto chiave del futuro dell’innovazione aziendale: l’importanza di integrare l’AI nella struttura strategica e culturale dell’impresa.
La creazione di un AI Hub aziendale rappresenta una scelta organizzativa che molte realtà stanno esplorando, ma che richiede un forte commitment manageriale e una governance chiara.
L’esperienza di Flutter SEA offre una lezione utile anche per altri settori: l’AI non è solo una tecnologia da adottare, ma un’infrastruttura di pensiero che cambia il modo in cui un’organizzazione si percepisce e collabora.
La sfida non è più imparare a usare l’intelligenza artificiale, ma imparare a innovare con essa, trasformandola in un linguaggio comune che attraversa reparti, ruoli e culture aziendali.






