L'INTERVISTA

Mastrandrea, CIO Groupama Assicurazioni: “Così agenzie e agenti possono cavalcare l’onda del digitale”

“Le agenzie devono poter fornire al cliente un servizio della stessa qualità del digitale: semplicità, velocità, tutte le informazioni sempre e da qualsiasi luogo” dice Francesco Mastrandrea, CIO Groupama Assicurazioni. E fa il punto su tecnologie, competenze e open innovation: “Non adottiamo una regia centralizzata”

Pubblicato il 22 Giu 2023

Francesco Mastrandrea, CIO Groupama Assicurazioni

“Il digitale è un’onda che sembrava potesse spazzare via il mondo tradizionale delle assicurazioni. Tre anni fa, anche a causa della pandemia, c’è stato uno tsunami digitale: ci si aspettava che sparissero le reti distributive, che le fintech sostituissero le compagnie storiche, che i clienti non comprassero più polizze. Il fenomeno si è sviluppato, ma solo parzialmente: l’onda è arrivata, poi è tornata un po’ indietro, c’è stata la risacca. Ma l’onda, che ha lasciato tracce importanti, non si esaurisce qui: il mare continuerà ad avanzare. Le compagnie assicurative devono fare in modo che questi due mondi, il passato della tradizione e il futuro della tecnologia, convergano. Devono riuscire a cavalcare l’onda”. È con questa immagine ispirata al mondo marino che Francesco Mastrandrea, Chief Information Officer di Groupama Assicurazioni S.p.A, spiega l’evoluzione della compagnia, prima filiale estera di un Gruppo assicurativo e bancario di dimensione internazionale. Con 800 dipendenti e una rete di quasi 1.000 agenti capillarmente diffusi su tutto il territorio, Groupama Assicurazioni propone soluzioni innovative per la tutela delle persone, dei beni e del patrimonio ed anche delle attività professionali. La sua offerta assicurativa copre aree come la casa, l’auto, la salute, il risparmio, la protezione, la previdenza e il lavoro, puntando sempre più sulla vicinanza al cliente e sull’innovazione.

È un’”onda”, per ripetere la metafora di Mastrandrea, che va cavalcata al meglio, perché la competizione è grande e le sfide sono numerose. Quanto conta, dunque, per Groupama Assicurazioni l’innovazione digitale? “La nostra azienda – risponde il CIO – ha un modello distributivo tradizionale basato al 95 per centro su agenti professionisti plurimandatari. Se guardiamo alle tecnologie innovative che abbiamo adottato o stiamo adottando, l’intelligenza artificiale e il machine learning sono essenziali e le stiamo sviluppando ad un ampio spettro: sia per l’antifrode (andare a verificare, partendo dalle immagini dell’autovettura, il potenziale ammontare del danno, per poi confrontarsi con i periti), sia per specificità legate ai comportamenti delle persone, per esempio nel caso delle testimonianze per un incidente. Un altro tema è la robotica”.

Sede Groupama
Come usate la robotica in Groupama?

Negli ultimi 4 anni abbiamo sviluppato una quarantina di robot, che servono sia per l’efficientamento, sia per i controlli. Controlli che non avrebbero più senso se fatti a campione: penso, ad esempio, a quelli per recuperare i premi non pagati. In modalità tradizionale era un lavoro enorme per ottenere pochi euro. Affidando il lavoro ai robot, siamo riusciti a portare a casa 500mila euro di recupero premi. Un terzo ambito sono le competenze.

Si possono applicare le tecnologie anche in questo caso?

Certo. Quando le persone vanno via, difficilmente riescono a trasferire le loro competenze ai più giovani. Non se ne accorge nessuno, ma viene a mancare un pezzo. Il robot consente di portare delle conoscenze a chi prende il posto di un senior. In generale, le tecnologie per un’azienda come Groupama Assicurazioni servono per dare efficienza, fare cose che altrimenti non si farebbero, mettere in sicurezza elementi operativi che altrimenti si perderebbero. Ovviamente per l’analisi dei dati resta importante il machine learning, gestito dal nostro mondo attuariale.

Questo il presente. E le sfide future?

Integriamo già l’attività di AI nei nostri sistemi gestionali, ma oggi diventa importante capire cosa succederà con l’intelligenza artificiale nei prossimi mesi o anni. Oggi occorre capire cosa succederà con l’intelligenza artificiale nei prossimi mesi o anni. Il grande quesito è trovare un equilibrio e un vantaggio per l’azienda rispondendo a problemi di carattere etico e di compliance. Questo tema l’abbiamo affrontato con un approccio aziendale multidisciplinare: abbiamo creato un gruppo di lavoro che sta esaminando l’evoluzione dell’AI sotto i profili compliance, cliente, ecc. ecc. Lo scopo è riuscire a individuare la frontiera massima rispetto alla quale l’uso dell’AI può portare benefici di business, senza che vada in contraddizione con la tematica privacy. Questo vale per offerta sanitaria, casa, auto e altro. Siamo in una fase di studio.

Secondo quali criteri avete costituito questo gruppo di lavoro su compliance e etica?

Il gruppo è composto da funzioni Business, dalla funzione IT, dalle funzioni di compliance ed è pilotato dalla funzione di compliance. Vogliamo inserire anche la funzione Security, il CISO. Il tema è come sfruttare al massimo e nel modo più corretto tutti i dati a nostra disposizione: nella cultura assicurativa, che è basata sul rischio, la tendenza è “prendere il minor rischio”. Su tematiche che hanno una frontiera di tipo legale o di conformità si diventa estremamente difensivi. Ma questo fa perdere opportunità. Dato che le nuove tecnologie ci danno la possibilità di fare cose, il gruppo di lavoro serve ad evitare che questo potenziale venga frenato troppo dai vincoli normativi, pur muovendoci sempre all’interno dei vincoli stessi.

Quali risultati da questa attività?

Abbiamo avviato il lavoro alla fine dell’anno scorso, a fine giugno avremo i primi risultati e capiremo come muoverci. Il punto è: come facciamo a rendere questo fenomeno un valore sia per noi sia per i clienti?

Come?

Questa è la grande sfida. Phygital, questo termine che indica la costante e intensa interazione tra fisico e digitale che caratterizza la nostra epoca, non vuol dire che catturo la lead sul sito e poi ti mando in agenzia. Phygital vuol dire: se oggi noi come clienti abbiamo come paradigma l’esperienza digitale, nel momento in cui io opero in una rete fisica devo poter dare al mio cliente almeno lo stesso livello dell’esperienza online in termini di accessibilità. La grande sfida è un’esperienza cliente che sia digitale anche se sono in agenzia. Se non fornisco alle agenzie la capacità di essere competitive con il digitale, se i miei servizi non sono disponibili h 24, se i miei servizi informatici non sono disponibili in qualunque momento e da qualsiasi sede, come fa il mio agente a fornire un servizio al cliente paragonabile al digitale?

Cosa serve perché questo accada?

Serve un cambiamento culturale importantissimo all’interno dell’IT, che non deve più pensare in termini di tecnologie o software, ma di servizi che devono essere continuamente accessibili. Devo lavorare per consentire al mio venditore di essere eccellente. Su questo abbiamo lanciato un progetto di IT di servizio alla rete aziendale. Il benchmark non è il concorrente di un’altra compagnia, ma è il digitale. Se i prodotti non sono chiari e semplici, come competo con il digitale? I contratti e i prodotti devono essere semplici e leggibili, l’agente deve avere tutte le informazioni digitalizzate. Noi, per esempio, abbiamo il 60% di documenti contrattuali firmati in OTP, la firma digitale remota. È alla base di qualunque servizio da fornire al cliente. Abbiamo fatto un accordo sui dati con le agenzie: non facciamo più la guerra dei dati.

Quanto conta l’elemento umano in Groupama Assicurazioni?

La professionalità dei nostri agenti è il  “pezzo in più” che possiamo dare. Nell’esperienza digitale va integrato un contenuto di professionalità che è quello dell’assicuratore. L’assicurazione è un prodotto complesso. Penso, per esempio, all’assicurazione sul noleggio auto, che può comportare dubbi sulle coperture minime o massime. In casi come questi, qualsiasi decisione prenda il cliente lo rende insoddisfatto. Ma se, nel momento in cui devo noleggiare la macchina, ho un consulente che mi dice cosa fare, per me sarebbe una svolta. Per fare questo devo poter interloquire con il mio consulente a qualsiasi ora.

Come farete a convincere gli agenti a essere sempre disponibili?

Abbiamo un progetto di semplificazione della vita degli agenti. Dobbiamo dimostrare loro con i fatti che è un approccio win-win-win: vinciamo noi, vincono loro, vince il cliente. Ora stiamo lavorando sul tema del CMR, il Customer Relationship Managemen, perché sia più semplice per gli agenti. Se il percorso non è in condivisione piena con il canale distributivo, non funziona. Io trovo una sensibilità diversa negli agenti negli ultimi anni: fatta chiarezza, le regole poi si mettono in piedi. C’è stato un lavoro importantissimo da parte della direzione aziendale con loro per creare percorsi comuni. Muoversi nel mondo digitale costa, è complicato, gli agenti singolarmente non ce la fanno. La compagnia ha tutto l’interesse a fare in modo che il loro servizio sia competitivo con il digitale. Perciò da tre anni abbiamo sviluppato il progetto Simple Agent, con l’obiettivo di dotare tutta la Rete Agenziale di soluzioni digitali “user friendly”. Se il cambiamento non lo si fa in comunione con gli agenti, non funziona.

Quali competenze servono a Groupama per affrontare i nuovi scenari?

Diamo per scontato che le competenze tecniche servono: se si parla di sistemi informatici uno deve conoscerli, così come deve conoscere le tecniche assicurative. Ma oggi per affrontare i mercati serve un altro tipo di competenza, una capacità di cambiamento, di vedere le cose, essere visionari nell’individuazione e flessibili nell’attuazione, tanto ci sono poi i tecnici che sanno fare il loro mestiere. Distinguiamo il cosa fare dal come si fa. Il cosa fare ha bisogno di competenze specialistiche, il come di attitudini diverse, umanistiche, di relazione, messa a fuoco dei temi, project management, capacità di mettere in relazione cosa si vuole fare con il come. Dunque oggi serve la capacità di tradurre intelligenza e visione in nuovi prodotti. Le competenze critiche sono quelle che consentono di chiudere il gap tra strategia ed execution. Quando incontro un nuovo assunto, non gli chiedo niente di tecnico. Piuttosto mi domando: è in grado di relazionarsi con il cliente più difficile che ho? Sa capire l’impatto del phygital?

Quanto conta l’open innovation per Groupama?

Lo facciamo in modo spot, lo fanno tutte le direzioni aziendali, nel mondo dell’HR stiamo sperimentando nuove modalità di lavoro coinvolgendo università e startup. Lo abbiamo fatto nell’IOT, quando abbiamo lanciato una struttura che gestisce una black box, lo facciamo con società tecnologiche o di business. Ad oggi non c’è una regia complessiva dell’open innovation. In questo momento le nostre priorità sono le agenzie. Però facciamo continuamente scouting e sperimentiamo collaborazioni con startup. Lo facciamo in modo, direi, opportunistico, nel senso che è legato all’esigenza specifica. Non nell’immediato, ma in una fase successiva, ci vorrà una regia centrale, ma se la attuassimo oggi diventerebbe un vincolo. L’Open innovation fatta così come la facciamo noi non ti lega in uno schema, ti rende più libero.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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