Fintech
InstaPartners: Benetton, Merloni & Co investono 8 milioni sulla startup dei prestiti fra Pmi
La società fondata da Ignazio Rocco di Torrepadula nel 2015 ha chiuso un aumento di capitale a cui hanno partecipato nomi importanti come Alessandro e Mauro Benetton, Paolo Merloni, Lorenzo Pelliccioli, la famiglia Venesio, Hans Paul Burkner, Giovanni Landi e Jean Pierre Mustier
di Maurizio Di Lucchio
Pubblicato il 08 Feb 2016

La società, creata nel 2015, mira a offrire alle piccole e medie imprese prodotti di finanziamento alternativi in cui sono gli imprenditori stessi a prestare denaro ad altri imprenditori. E a differenza delle altre pochissime piattaforme di social lending per aziende in Italia, si presenta con una formula che prevede che i finanziamenti, erogati a fronte dell’acquisto di fatture commerciali, vengano cartolarizzati e che i titoli risultanti dall’operazione vengano poi venduti a investitori istituzionali, sotto forma di portafogli di investimento di durata di circa 3 mesi, con un rapporto rendimento-rischio che, come si legge in una nota di InstaPartners, è “superiore alle alternative oggi esistenti”.
Significativo è anche il dato che riguarda le personalità che hanno partecipato all’aumento di capitale. Oltre al fondatore Ignazio Rocco di Torrepadula, all’operazione hanno infatti preso parte alcuni nomi molto noti, sia italiani che stranieri, dell’imprenditoria e della finanza. Tra questi, Alessandro e Mauro Benetton, Paolo Merloni, Lorenzo Pelliccioli, la famiglia Venesio (proprietaria di Banca del Piemonte), Hans Paul Burkner (chairman di Boston Consulting), Giovanni Landi (partner di Anthilia Sgr), i partner di Tikehau Capital tra cui Jean Pierre Mustier, ex capo dell’investment banking di Unicredit.
“Vogliamo offrire alle Pmi un canale di finanziamento addizionale, di semplice accesso e utilizzo, e ai gestori di risparmio un’opportunità di investimento nuova ed attraente”, dichiara Ignazio Rocco di Torrepadula, ceo e fondatore di InstaPartners. “Connettere le Pmi ai mercati dei capitali è uno dei requisiti per accelerare la crescita e l’uscita dalla crisi. Si tratta di un’attività che nel Regno Unito e negli Stati Uniti è già molto diffusa e pensiamo che anche in Italia esistano i talenti e le risorse per trasformare questa visione in una realtà operativa”.