Competitività

Design Week, 10 cose che (forse) non sai sul valore dei mobili made in Italy

Martedì 14 comincia la più importante manifestazione al mondo per il settore dell’arredamento. Un dossier di Fondazione Symbola, Fondazione Edison, Unioncamere e Federlegnoarredo ricorda i primati dell’industria del legno (e dell’economia) italiana

Pubblicato il 13 Apr 2015

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Non buttiamoci giù. I motivi per guardare all’economia italiana con ottimismo ci sono. E alcune delle ragioni per non abbattersi arrivano da un settore che durante la Design week, appena iniziata, è al centro dell’attenzione: il legno-arredo. Ad affermarlo è un nuovo dossier di Fondazione Symbola, Fondazione Edison e Unioncamere, a cui si aggiunge per l’occasione Federlegnoarredo, l’associazione che riunisce gli imprenditori del comparto.

Ecco dieci cose che forse non sapete sulla competitività del legno arredo made in Italy e del sistema Italia in generale.

1. L’industria italiana del legno arredo è seconda al mondo per surplus commerciale

Con 10 miliardi di surplus l’industria italiana del legno arredo è seconda nella graduatoria internazionale per saldo della bilancia commerciale, preceduta solamente dalla Cina (83,4 mld) ma davanti ai competitor polacchi (8,4 mld), vietnamiti (5 mld), messicani (4,7 mld) e tedeschi (-1,6 mld).

2. L’Italia è ai vertici dell’Unione europea nel 60% dei prodotti del settore legno arredo

L’Italia si trova ai vertici della Ue 28 per saldo commerciale per 22 prodotti dei 37 internazionalmente censiti del settore legno arredo, relativi all’industria del mobile, porte, finestre e apparecchi per l’illuminazione (indice Fortis-Corradini, Fondazione Edison).

3. L’Italia è leader europeo nel legno arredo grazie ai distretti industriali

L’eccellenza manifatturiera italiana del legno arredo ha una forte matrice territoriale. Due delle tre principali regioni produttrici di mobili dell’Unione europea sono italiane: Veneto e Lombardia. Tra le prime 15 regioni europee produttrici di mobili ben 5 sono italiane (Veneto, Lombardia, Marche, Friuli Venezia Giulia, Toscana).

4. L’industria italiana del mobile è prima in Europa per investimenti in ricerca e sviluppo

Le imprese italiane dell’industria del mobile sono leader in Europa negli investimenti in R&S, precedendo, con 56,4 milioni di euro, quelle inglesi (44,6), tedesche (39,9) e francesi (17,5) nella spesa all’origine della competitività per innovazione e design.

5. L’industria italiana del mobile genera un valore aggiunto che vale quanto quelli di Francia, Spagna e Svezia sommati assieme

Nonostante il deficit strutturale di materie prime, l’Italia grazie alle proprie competenze manifatturiere genera un valore aggiunto nell’industria del mobile (4,9 mld €) di gran lunga superiore a quello di molti paesi naturalmente ricchi di materie prime legnose come Francia (2,3 mld €), Spagna (1,8 mld €), Svezia (900 mln €).

6. L’Italia è tra i Paesi che, nella globalizzazione, hanno conservato maggiori quote di mercato mondiale

L’Italia ha conservato una quota dell’export mondiale di prodotti manifatturieri pari al 72,6% di quella detenuta nel 1999 (dati 2013), prima che Paesi come la Cina rivoluzionassero il commercio globale. Performance non paragonabile a quella tedesca (93,9%) ma migliore di quelle di Usa (70,2%), Francia (59,8%), Giappone (57,3%) e Regno Unito (53,4%).

7. Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi in campo ambientale

L’Italia è tra i primi paesi dell’Unione europea per eco-efficienza del sistema produttivo, con 104 tonnellate di CO2 ogni milione di euro prodotto (la Germania ne immette in atmosfera 143, il Regno Unito 130) e 41 di rifiuti (65 la Germania e il Regno Unito, 93 la Francia). Non solo, siamo campioni europei nell’industria del riciclo: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese ne sono stati recuperati 24,1 milioni, il valore assoluto più elevato tra tutti i Paesi europei (in Germania 22,4 milioni). Il sistema produttivo italiano, inoltre, è anche quello che guida la “riconversione verde” dell’occupazione europea: entro la fine del 2014, il 51% delle Pmi italiane avrà almeno un green job, più del Regno Unito (37%), della Francia (32%) e della Germania (29%).

8. La zavorra del Pil italiano è il crollo della domanda interna, non la competitività dell’industria

Dall’inizio della crisi mondiale (esplosa con il fallimento della Lehman Brothers) al novembre 2013, il fatturato domestico manifatturiero italiano è crollato (-15,9%) diversamente da quanto accaduto in Francia e Germania (+4,6%, -0,3% rispettivamente). Il nostro fatturato estero manifatturiero, invece, è cresciuto (+16,5%) di più di quello tedesco (+11,6%) e francese (+5,9%).

9. Con la cultura si mangia

Alla filiera della cultura – 443.458 aziende, il 7,3% del totale nazionale – l’Italia deve 80 miliardi di euro, il 5,7% della ricchezza prodotta. Di questi 80 miliardi, 74,9 provengono dal mondo privato (-1% rispetto al 2012), 2,8 dal pubblico (-6%) e 2,3 dal non-profit (+3%). Ma arriviamo a 214 miliardi, il 15,3% del valore aggiunto nazionale, se consideriamo quella parte dell’economia nazionale che cresce di 1,7 euro per ogni euro prodotto dalla cultura. (Dati: Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi. Rapporto 2014)

10. L’Italia è uno dei soli cinque Paesi al mondo che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari

Con un surplus commerciale manifatturiero con l’estero di 131 miliardi di dollari nel 2013, si conferma il ruolo di punta del nostro Paese nell’industria mondiale. Non si può dire lo stesso di altri paesi come Francia (-36 mld), Regno Unito (-106 mld) e Usa (-527 mld).

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