Cosa fare e perché
Caro Renzi, la rivoluzione digitale non è una passeggiata / seconda parte
Gli errori fatti fino a oggi sono molti. Da dove ripartire? È arrivato il momento di costruire una via italiana al digitale senza imitare maldestramente cose fatte altrove. Si tratta di saldare il potere delle nuove tecnologie con la vocazione dei nostri luoghi, dal turismo all’agroalimentare. Riprendendo il percorso iniziato da Camillo e Adriano Olivetti
di Andrea Granelli
Pubblicato il 12 Mar 2014

I problemi e gli errori fatti ad oggi sono – a mio modo di vedere – molti e ricorrenti.
– Pensiamo alla massiccia quantità di “body rental” che è stato fatto dalle aziende di software, soprattutto verso la Pubblica Amministrazione che ha creato problemi sia alla PA (dipendenza dal fornitore, difficoltà di replica – poche “economie di scala di sistema”) sia – alla lunga – alle stesse aziende fornitrici (prodotti poco competitivi, basso livello di export, …).-
– Pensiamo a come viene usata la finanza agevolata, sempre meno per co–finanziare prodotti e servizi innovativi e rischiosi da lanciare sul mercato e sempre di più come modo per coprire costi fissi rimasti non coperti e farsi finanziare cose già fatte.
– Pensiamo al nostro tasso di export di soluzioni digitali, distante mille miglia dai settori di punta del made in Italy, quasi come se il digitale non fosse esportabile o che l’Italia non fosse capace di esportare.
– Pensiamo ai soldi sprecati in attività banali di alfabetizzazione digitale, costruite sul presupposto che il digitale sia uno strumento che richieda semplicemente istruzione e non e-ducazione (consapevolezza dei suoi impatti, conoscenza dei lati oscuri, capacità di ripensare ai processi dove il digitale viene inserito, …).
– Pensiamo a tutte le misure per facilitare l’eCommerce delle piccole imprese, che non colgono il fatto che la sfida dell’eCommerce è molto più legata a una logistica efficace, all’innovazione nel packaging, alla capacità di fare marketing in paesi con culture di prodotto differenti dalla nostra, che non al semplice dotarsi di una vetrina digitale o all’usare con abilità il keywording per farsi trovare da Google.
Da dove ripartire dunque ? Forse è veramente venuto il momento di costruire una via italiana al digitale (riprendendo tra l’altro il percorso iniziato da Camillo e Adriano Olivetti), senza imitare maldestramente cose fatte in altri luoghi e altri contesti. Non si tratta di banale campanilismo o di nostalgia del passato: lo abbiamo già fatto nella manifattura (made in Italy e cultura del design), nell’agroalimentare (da Slow Food alla Dieta Mediterranea), nel turismo culturale centrato sulle città d’arte, nel terzo settore e mondo del volontariato: si tratta di unire visione, progettualità, offerta e comunicazione (istituzionale e commerciale) in modo da saldare il potere delle nuove tecnologie con la vocazione dei nostri luoghi e del nostro “intraprendere”: trovare dunque un dialogo più autentico e sostenibile tra tradizione e innovazione.
Per fare ciò cinque dovrebbero essere – a mio modo di vedere – i filoni da cui (ri)partire. Questi filoni andranno naturalmente approfonditi – in termini di obiettivi, leve, rischi e percorsi attuativi – e poi prioritizzati.
* Andrea Granelli è fondatore della società di consulenza Kanso, già creatore di Tin.it