VENTURE CAP

Italia-Usa, lo spread degli investimenti e la forza della ricerca

Il divario nel venture capital è enorme: 240 volte. Ma una speranza c’è: il numero dei ricercatori Usa è 25 volte superiore al nostro ma le citazioni sono solo 7 volte in più. I nostri scienziati sono competitivi. Ma ricordiamoci di trasformare il loro lavoro in brevetti

Pubblicato il 17 Mar 2014

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Pierluigi Paracchi, founder and Ceo Medixea Capital, Investor and Board Member at EOS

Il ragionamento che segue è frutto di un recente incontro con un ottimo professionista e attento osservatore del mondo Venture Capital (“VC”) e parte da una sua rielaborazione dei dati contenuti nell’”International Comparative Performance of the UK Research Base – 2013” preparato da Elsevier per lo UK Department of Business, Innovation and Skills (BIS). Presentato cosi sembra una noia ma….

Spesso facciamo riferimento al fantastico mondo del VC americano (USA); lo studiamo, ne leggiamo, lo vorremmo imitare ma siamo intimamente consapevoli della distanza siderale, forse incolmabile. Proviamo a dimostrarne il perchè.

I cittadini americani sono circa 5 volte i nostri concittadini; però ogni americano vale, in termini di PIL – Prodotto Interno Lordo, 1,6 volte un cittadino italiano; Schwarzenegger, insomma, produce ben il 60% in più di Jep Gambardella; il PIL USA è 8x il PIL Italia. Nonostante gli americani siano 5 volte noi in termini di popolazione, investono in Ricerca e Sviluppo 20 volte più di noi.

Ma arriviamo al dato dei dati: gli investimenti di VC in USA per anno sono 240 volte (duecentoquaranta) gli investimenti di VC fatti in Italia: circa 29 miliardi di dollari rispetto a meno di 100 milioni di euro. E ciò è la misura del divario: 1 a 5 in termini di popolazione versus 1 a 240 in termini di investimenti di VC.

Questo è lo spread che ben misura le difficoltà che le nostre startup incontrano.

C’è speranza? Si. Il numero di ricercatori USA è 25x il nostro ma abbiamo un indice delle citazioni degli studi e delle ricerche dei nostri scienziati pari solo a sette volte quelle dei ricercatori americani: questo è il miglior dato che emerge dalla ricerca. I nostri scienziati sono competitivi, i loro studi vengono continuamente citati nella community scientifica mondiale. Purtroppo però il numero di brevetti è ancora scarso; in USA si registrano brevetti in un numero 27 volte superiore a qui.

Visto che abbiamo la ricerca, e la nostra ricerca e la nostra capacità di innovazione è in linea nel rapporto con termine di confronto americano, dobbiamo ricordarci di brevettare. La chiave di tutto è trasformare la ricerca in brevetti così lo “spread” di 240x si ridurrà assai velocemente. Brevettate gente, brevettate!

* Pierluigi Paracchi è Ceo di Medixea Capital @pigiparacchi

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