Startupbusiness
Il cambiamento è salute ma ci sono ancora troppi duplicati
Un ecosistema sano è un ecosistema in movimento. Avviene anche in Italia sul fronte delle imprese e dei servizi privati per le nuove imprese. Ma il pubblico non sembra ancora dimostrare capacità di coordinamento. Come dimostra la vicenda dei portali-vetrina per startup e investitori
di Emil Abirascid
23 Nov 2015

Tali attori lavorano per dare supporto ad aziende nascenti e crescenti che però, soprattutto nelle fasi iniziali, hanno poche risorse da dedicare ad attività non strettamente legate al core business. Ciò pone acceleratori, incubatori, business plan competition, associazioni, istituzioni, facilitatori, professionisti, consulenti, nella condizione di dover trovare strade diverse per sostenere le loro attività. Queste strade spesso passano per la organizzazione di eventi e di business plan competition (cosa che ogni tanto fanno in modo diretto anche gli investitori) o per attività di open innovation come call for project e hackathon pagate da aziende più o meno grandi e di ogni settore.
Questo mondo di facilitatori, sostenitori, acceleratori di startup, quel mondo che gli organizzatori dello Startup Expo che quest’anno diventa Global Startup Expo ed è la prima fiera globale e virtuale per startup, hanno da sempre definito come i ’qualcosatori’ dell’ecosistema, si trova oggi a operare in un contesto in costante riassegnazione di ruoli.
In attesa che le imprese diventino una delle colonne portanti del flusso di investimenti verso le startup come avviene un Usa dove il corporate venture capital ormai pesa per oltre
Ma c’è un’altra novità nel panorama dell’ecosistema e sono i portali di vetrina per aziende, startup, ecosistema di genesi istituzionale con ambizioni di matching-platform. Questi siti o portali sono un po’ bizzarri, non tanto per la proposta di contenuti ed eventualmente di servizi che offrono ma per il fatto che sono un po’ tra loro simili e benché istituzionali hanno madrine e padrini diversi. Il primo a nascere fu quello della associazione delle startup italiane ItaliaStartup che con l’ausilio degli Osservatori del Politecnico di Milano pubblica alcuni dati sull’andamento dell’ecosistema e la vetrina del chi-è-chi divisa per ambiti. Piuttosto simile è il neonato VentureUp (qui la notizia del lancio e qui una prima riflessione) voluto da Aifi, Cassa depositi e prestiti, Invitalia, Fondo italiano di investimento. A pochissimi giorni dal lancio di VentureUp ecco anche #ItalyFrontiers, voluto dal ministero dello Sviluppo economico, con InfoCamere, Camere di Commercio, Giovani imprenditori di Confindustria, si tratta di una sorta di repository che propone schede delle startup innovative e delle piccole e medie imprese innovative, dove per aziende innovative si intendono esclusivamente quelle aderenti ai relativi decreti legge così come definiti dall’apparato governativo centrale.
Un’analisi comparativa dettagliata e approfondita sulle funzionalità e le informazioni di questi portali è stata fatta per capire quali sono le similitudini e le differenze tra questi tre progetti di genesi istituzionale e soprattutto verificare tra un po’ se hanno una effettiva utilità. Ma c’è intanto una riflessione da fare che merita attenzione: perché in un ecosistema già piccolo, già estremamente parcellizzato, con già una ingerenza di matrice pubblica sproporzionata e soprattutto con la cassandra del ‘dobbiamo fare sistema’ ripetuta in ogni occasione possibile, ci troviamo con progetti a ricalco che piovono da tutte le parti? Come mai ItaliaStartup, Aifi, Invitalia, ministero dello Sviluppo, Unioncamere, Giovani imprenditori di Confindustria, Cassa depositi e prestiti, Fondo Italiano di investimento non sono stati capaci di unire le forze e creare un unico progetto sistemico, integrato, ricco in dati, analisi, opportunità? La risposta potrebbe essere legata alla solita logica dei recinti di potere e di controllo, oppure semplicemente all’incapacità cronica degli enti pubblici di costruire attività online efficaci così come in passato è già stato ampiamente dimostrato per progetti come il portale centrale del turismo o il famigerato VeryBello.
Di certo c’è che un altra spiegazione: quando si tratta di innovazione. le iniziative di tipo istituzionale continuano a fare ricorso ad approcci e a modalità antiche e viziate da un’approccio non più adeguato ai tempi e il risultato è che ancora una volta, inevitabilmente, si è persa un’occasione di fare sistema, ancora una volta si è dimostrato che se si vuole fare veramente sistema è ai privati che bisogna ricorrere perché il sistema non lo si fa con le intenzioni ma lo si fa con la creazione di valore e i risultati.