Three-Comma Club
Brevetti, quanto sono importanti per l’innovazione. E per la libertà
L’idea di tutelare la proprietà intellettuale per impedire che le invenzioni vengano copiate si è sviluppata nel 1474 nella Serenissima, sorta di Silicon Valley ante litteram. Ma ancora in Italia non tutti ne capiscono l’enorme valore
di Pierluigi Paracchi
Pubblicato il 05 Giu 2017

Devo questo arricchimento al libro di Massimo Sideri, Innovation Editor del Corriere della Sera, che si è divertito e appassionato nello scrivere “La Sindrome di Eustachio – Storia italiana delle scoperte dimenticate”.
Si torna indietro al 1474 in quella che Sideri definisce “Venezia, la nostra Silicon Valley ante litteram”. L’America non era ancora stata scoperta. E il West sarà conquistato solo molto molto più avanti. Ma in poco più di 500 anni, la laguna è diventata baia, i ponti si sono allungati e la Serenissima pare essere San Francisco. Ci siamo mangiati il vantaggio.
Il documento scovato su Treccani inizia con questa recita: “La città di Venezia, per la sua grandezza e la sua liberalità, attira da diverse parti del mondo e ospita persone di acutissimo ingegno, capaci di escogitare e realizzare ingegnosi artifici. Se fosse possibile garantire a queste persone che è proibito agli altri di copiare, una volta visti, questi artifici, usurpando all’inventore in questo modo il vantaggio e l’onore della scoperta, queste persone potrebbero esercitare liberamente il loro ingegno e potrebbero trovare e realizzare delle cose che sarebbero di non poca utilità e beneficio per la Repubblica di Venezia.”
La chiave di tutto sembra essere la libertà. La libertà attrae i talenti che si possono esprimere quando tutelati. E i benefici sono per tutta la Repubblica. Lo avevano già capito allora. La scienza così si è trasferita e trasformata in industria, e tutti noi, non solo a Venezia, ne abbiamo beneficiato.
Il paradosso è che proprio oggi, proprio in Italia, si mette in dubbio l’utilità del brevetto. E qualcuno applaude come a un successo alla convention #Sum01, l’evento organizzato lo scorso aprile dall’Associazione Gianroberto Casaleggio, dal tema “Capire il Futuro”, il “Futuro della Medicina”. Altri 500 anni da recuperare…
Lunga vita ai brevetti.