Il caso

Tutto quello che bisogna sapere per capire lo “scandalo” SIAE

Una direttiva europea stabilisce la libertà di gestione dei diritti d’autore; il governo italiano non la recepisce e difende una legge del 1941; oltre 300 startup e innovatori chiedono a Franceschini di ripensarci. Perché così chi vuole innovare deve andare all’estero

Pubblicato il 27 Apr 2016

dario-franceschini-150302121828

Porre fine al monopolio della Siae (Società italiana degli autori ed editori) sui diritti d’autore e lasciare spazio anche ad altre realtà: lo hanno chiesto di recente in una lettera aperta al presidente del Consiglio Matteo Renzi, e in copia al ministro della Cultura Dario Franceschini, 349 tra startup, incubatori, acceleratori e innovatori in generale nell’ambito di un’iniziativa promossa da Soundreef, startup che si occupa di copyright musicale. Fondata nel 2011 dagli italiani Francesco Danieli e Davide d’Atri, con sede legale a Londra e business in vari altri Paesi, Soundreef non ha il permesso di operare in Italia se non come società straniera. Suo obiettivo è assicurare ai titolari dei diritti d’autore nel settore della musica la completa trasparenza e tracciabilità delle royalty e la massima certezza e velocità nel pagamento dei diritti d’autore.

►In questa puntata di EconomyUpTv un’intervista al presidente di Soundreef Davide D’Atri.

I 349 firmatari della lettera chiedono di recepire la direttiva europea sulla gestione collettiva dei diritti d’autore, che di fatto introdurrebbe in Italia la liberalizzazione del mercato dei diritti d’autore e, di conseguenza, metterebbe fine al monopolio della Siae. Non solo la direttiva non è stata recepita entro lo scorso 10 aprile, termine ultimo previsto dalla Ue, ma il ministro Franceschini ha detto che “non ha senso scomporre la parte nazionale” e invece “va fatto invece un lavoro urgente di profonda riforma della Siae”. Quindi sì a un lavoro di revisione sulla Società ma no al riconoscimento di altri operatori. Ecco i punti nodali per capire la vicenda.

Cos’è la Siae e come funziona – La Siae è un ente costituito da associati (gli autori ed editori sono la sua base associativa), nato oltre 130 anni fa, che si occupa dell’intermediazione dei diritti d’autore. Gli autori e gli editori che detengono i diritti economici sulle loro opere possono affidarne la tutela alla Siae che raccoglie le somme spettanti agli associati e le distribuisce a ciascuno di essi. Inoltre esercita altri compiti connessi con la protezione delle opere dell’ingegno e può assumere, per conto dello Stato, di enti pubblici o privati, servizio di accertamento e di percezione di tasse, contributi e diritti. È definita “ente pubblico economico” perché, essendo pubblico, tutela gli associati e assicura allo stesso tempo interessi generali che sono tutelati dalla nostra Costituzione quali la promozione della cultura. Per questo è sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo e del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Fondata a Milano il 23 aprile del 1882 da un’assemblea composta da scrittori, musicisti, commediografi ed editori dell’epoca, del primo Consiglio Direttivo della Società Italiana degli Autori facevano parte nomi storici quali Giuseppe Verdi, Giosuè Carducci, Francesco De Sanctis ed Edmondo De Amicis. Negli ultimi decenni, però, è finita più volte sotto attacco per vari motivi.

Perché la Siae è contestata – Le critiche vanno dalla modalità di gestione dei diritti d’autore ai bilanci in rosso all’esercizio del monopolio in Italia.

Diritti d’autore – Sulla ripartizione dei diritti vengono evidenziati squilibri e mancanza di trasparenza. “La ripartizione – denuncia l’avvocato Guido Scorza, da sempre fortemente critico nei confronti della Società – avviene attraverso logiche e dinamiche oscure, imperscrutabili ed inique”. “I criteri di ripartizione del diritto d’autore maturato si basano prevalentemente su un sistema ‘a campione’, aleatorio e, come tale, facilmente manipolabile” aggiunge l’Aduc, associazione di tutela dei consumatori. Inoltre, secondo stime riportate da alcuni media, il 65% degli artisti registrati alla Siae alla fine dell’anno percepisce in ripartizione dei diritti meno di quanto versa all’ente per la quota di iscrizione. Semplificando al massimo, l’accusa rivolta alla Società è che, a causa dei criteri scelti per la ripartizione, i diritti d’autore finiscono nelle tasche dei soliti noti (cantanti e autori famosi) e niente o quasi va ai meno conosciuti.

– Bilanci in rosso – La Siae versa in profondo dissesto economico da anni. Dal rendiconto di gestione 2014, pubblicato nel 2015, emerge che la Società degli Autori ed Editori era in rosso di quasi 27 milioni di euro, stabile rispetto allo scorso anno: la società perde quindi stabilmente diverse decine di milioni di euro nella sua gestione tipica, l’intermediazione di diritti. E aggiunge poi altre perdite per attività straordinarie. Tra i motivi del dissesto, come denunciava già nel 2012 Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, il carattere eccessivamente familista (ben 527 dei 1.257 assunti a tempo indeterminato vantano legami di famiglia o di conoscenza); i benefit connessi alle cariche; la mole di cause di lavoro che hanno colpito l’ente (189 in 5 anni); l’eccessivo peso delle agenzie sul territorio, oltre 605, che incassano poco e hanno dimensioni risibili; il problema del pagamento degli assegni di quiescenza che ha costretto l’ente a mettere mano al portafoglio. Molto criticata anche la decisione di immettere parte del proprio patrimonio immobiliare in un fondo, in cambio della metà del valore (256 milioni di euro), come scriveva Libero nel gennaio 2012. Tristemente nota – ricorda l’Aduc – è la vicenda degli oltre 40 milioni di euro che la Siae ha bruciato nell’investimento nei titoli della Lehman Brothers, per cui le royalty incassate per conto dei titolari dei diritti sono andate perdute. Per risanare i conti e procedere all’elaborazione di un nuovo Statuto, ha attraversato un periodo di gestione straordinaria sotto la guida di Gian Luigi Rondi, nominato commissario nel 2011. Il penultimo presidente è stato il cantautore Gino Paoli, dimessosi nel febbraio 2015 dopo essere stato accusato di aver nascosto al Fisco, nella dichiarazione dei redditi del 2009, relativa al 2008, 800 mila euro. Oggi alla presidenza c’è Filippo Sugar, della nota dinastia musicale (è figlio di figlio della cantante Caterina Caselli e del discografico Piero Sugar).

Cosa dice la legge – Il 22 aprile del 1941 viene emanata la legge n. 633 – tuttora vigente – per dare alla disciplina del diritto d’autore una sistemazione ampia ed organica. Modificata nel tempo da 19 direttive europee e da altre leggi nazionali, definisce anche la natura di ente pubblico della Siae e ne riconosce in via esclusiva l’attività di intermediazione per l’esercizio dei diritti economici sulle opere (art. 180). Questa norma è stata integrata e precisata dalla legge 9 gennaio 2008 n. 2 “Disposizioni concernenti la Società Italiana degli Autori ed Editori” che, all’art. 1, definisce la Siae “ente pubblico economico a base associativa” e fissa le regole della sua governance e della sua attività imprenditoriale.

Cosa dice la direttiva europea – Nella G.U.U.E. 20 marzo 2014, n. L 84, è stata pubblicata la Direttiva 2014/26/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno. Questa direttiva è entrata in vigore il 9 aprile 2014 e prevedeva come termine per il recepimento da parte degli Stati membri il 10 aprile 2016. L’Italia non l’ha ancora recepita. La direttiva stabilisce i requisiti necessari per garantire il buon funzionamento della gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi da parte degli organismi di gestione collettiva; e i requisiti per la concessione di licenze multiterritoriali da parte di organismi di gestione collettiva dei diritti d’autore per l’uso online di opere musicali. Nella direttiva si legge: “I titolari dei diritti dovrebbero essere liberi di poter affidare la gestione dei propri diritti a entità di gestione indipendenti. Tali entità di gestione indipendenti differiscono dagli organismi di gestione collettiva, tra le altre cose perché non sono detenute o controllate dai titolari dei diritti. Tuttavia, nella misura in cui tali entità di gestione indipendenti svolgono le stesse attività degli organismi di gestione collettiva, esse dovrebbero essere tenute a fornire determinate informazioni ai titolari dei diritti che rappresentano, agli organismi di gestione collettiva, agli utilizzatori e al pubblico”. Qui la direttiva europea sul diritto d’autore

Gli interventiDario Franceschini ha detto durante l’audizione delle commissioni riunite Cultura e Politiche Ue sulle tematiche del diritto d’autore interessate dalla direttiva 2014/26/Ue: “Dobbiamo avere la consapevolezza che se il mercato della creatività ha una dimensione europea, l’Europa diventa il più grande produttore di contenuti, con una forza contrattuale enorme. Se si va verso questa direzione, non ha senso scomporre la parte nazionale. Va fatto invece un lavoro urgente di profonda riforma della Siae. In questo momento – ha aggiunto- avere uno strumento che ci consente di essere forti con altri partner europei sul mercato globale è una cosa a cui non rinunciare solo perché questo strumento non funziona bene”. Tra le voci favorevoli alla fine del monopolio della Siae, c’è quella di un parlamentare dell’Intergruppo per l’Innovazione tecnologica, Daniele Capezzone. “Ma vi pare possibile – ha detto durante la seduta del 21 aprile al Senato nella quale si discuteva il recepimento della direttiva europea – che nel 2016 autori ed editori siano ancora sottoposti a una legge del 1941 che impone loro di essere sottoposti al monopolio della SIAE per la intermediazione dei relativi diritti? C’è stata una rivoluzione tecnologica, è cambiato il mondo e noi siamo ancora appesi a questo tipo di monopolio difeso per ragioni francamente misteriose. Per non parlare della frettolosità con cui il governo ha respinto emendamenti provenienti non solo dall’opposizione, ma dalla sua stessa maggioranza, nelle Commissioni parlamentari, per aprire a un elementare principio di concorrenza”. Il Pd, infatti, aveva presentato una serie di emendamenti, poi tutti ritirati. Per il presidente della Siae, Filippo Sugar, la direttiva europea “non impone la concorrenza all’interno dei Paesi, ma alcuni criteri di trasparenza e di correttezza nella gestione dei diritti e nella rendicontazione per le grandi società di collecting”. La direttiva, ribadisce il presidente, “sarà sicuramente applicata in Italia ma questo non implica che l’Italia debba scegliere un mercato di concorrenza oppure di esclusiva. Questa rimane una scelta italiana”.

Sprechi – Secondo uno studio dell’Istituto Bruno Leoni i costi e le inefficienze generate dal monopolio della SIAE nel nostro Paese. generano uno spreco di oltre 13 milioni di euro l’anno, che potrebbe essere agevolmente eliminato o, almeno, ridotto, liberalizzando il mercato.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 3