Futuro possibile

TechCrunchItaly, la festa per un sistema che non c’è

Manca una forte e chiara azione unitaria per dare consistenza e dimensioni globali alle capacità, ai sogni e agli sforzi di migliaia di startupper. In questa situazione la visibilità internazionale che l’evento importato dagli Usa dovrebbe garantire è tutta da verificare, così come gli investimenti che ne dovrebbero derivare.

Pubblicato il 26 Set 2013

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Il MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, sede dell'evento

E’ arrivato il giorno di TechCrunchItaly. Anzi, i giorni. Perché la seconda edizione dell’evento organizzato a Roma da Populis con il magazine statunitense raddoppia e trova una sede nobile come il Maxxi, il museo delle arti del XXI secolo.

Ci sarà l’imprimatur istituzionale di Mister Agenda Digitale Francesco Caio, illustri ospiti internazionali, otto start up in competizione per un premio di 50mila euro e molte altre per capire, farsi vedere e fare networking, e tutti i protagonisti dell’ecosistema dell’innovazione, definizione tanto larga quanto caotica di un mondo che sta tentando anche in Italia di immaginare il futuro senza sapere ancora come costruirlo.

La convention è un momento importante e il segnale di un fermento che anche gli abili innovatori americani hanno intercettato e stanno cercando di mettere a frutto. Un anno dopo la prima edizione molte cose sono cambiate, c’è una legge che dovrebbe aiutare le nuove imprese innovative, abbiamo un pionieristico regolamento per il crowdfunding, si moltiplicano i progetti, le competizioni, i premi. Tutto bene ma l’entusiasmo per l’evento che dovrebbe dare una visibilità internazionale ancora tutta da dimostrare rischia di nascondere l’intrinseca debolezza di un sistema che sistema non è.

Tralasciando l’incertezza generale che poco lascia sperare sulla possibilità di concludere le tante incompiute (che fine ha fatto la detassazione per gli investimenti in start up?), dimenticando per un momento il clima da saldi che si respira attorno all’Azienda Italia (vedi casi Telecom e Alitalia) e che sembra costituire l’unico elemento di attrazione per gli investimenti internazionali, resta il fatto che non si vede ancora un’azione unitaria che possa dare massa e consistenza alle capacità, ai sogni e agli sforzi di migliaia di startupper che si stanno mettendo in gioco con coraggio. In un sistema che funziona ci devono essere tante cose, è vero, ma quando sono troppe, piccole, locali non aiutano certo a raggiungere quelle dimensioni necessarie per poter stare su un mercato che è globale.

Quindi godiamoci due giorni di festa, compiaciamoci perché al Maxxi la lingua ufficiale sarà l’inglese. Ma dalla settimana prossima chiediamoci qual è stata realmente la visibilità internazionale ottenuta e quanti finanziamenti sia riuscita a portare. Non dimentichiamo che gli americani quando devono fare shopping guardano prima in casa, poi in Asia, quindi in Europa e forse alla fine in Italia. E ciò sarà sempre più vero se non riusciremo a costruire un corpo agile con gambe robuste per correre verso il futuro.

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