Internazionalizzazione

Startup e mercati esteri, il caso Wiman: «Così abbiamo conquistato i tassisti di Rio»

La sharing wifi company italiana offre un servizio gratuito a bordo di 4000 taxi della metropoli brasiliana. A EconomyUp spiega la sua strategia di internazionalizzazione: business scalabile, creazione di mini-team sul territorio, partnership con aziende, tecnologia esclusiva

Pubblicato il 04 Ott 2016

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Il team Wiman

Riuscire a portare la propria società nei mercati esteri è l’obiettivo di molte startup italiane, se non di tutte. Lo scopo è crescere, espandersi o, come si dice nel linguaggio dell’ecosistema, scalare. Per l’internazionalizzazione serve, appunto, un business scalabile, ma anche capacità gestionali, organizzative e di networking. È per questi motivi che non tutte ce la fanno. Una per il momento ci sta riuscendo e ha appena conseguito un risultato rilevante in Brasile: è Wiman, sharing wifi company che anni fa è stata incubata in WCap Bologna (così si chiamava all’epoca TIM #WCap, l’incubatore di Telecom Italia) e poi finanziata (anche) da Tim Ventures.

Wiman è stata lanciata nel 2012, su iniziativa di Massimo Ciuffreda e Michele di Mauro, grazie al primo supporto come angel investor di Matteo Riffeser Monti (figlio di Andrea della Poligrafici Editoriale) e dell’acceleratore Nanabianca. In seguito hanno investito 700mila euro su Wiman Tim Ventures insieme all’operatore di venture capital P101, a Club Italia Investimenti 2 e di nuovo a Nanabianca.

La startup permette alle attività commerciali di condividere con i clienti la propria rete wi-fi, garantendo un

Il Ceo di Wiman Massimo Ciuffreda

accesso gratuito e immediato tramite l’autenticazione con l’account Facebook o Google. In Brasile, però, è andata a fare qualcosa di diverso. A Rio de Janeiro la startup emiliana offre un servizio di wifi gratuito a bordo di circa quattromila taxi. La connessione è il 4G di Tim Brasil, la controllata brasiliana di Telecom Italia, che ha rilasciato un’applicazione ad hoc, Detaxi, in collaborazione con Tyros e, appunto, Wiman. Quest’ultima si è occupata di fornire il sistema che trasforma lo smartphone dell’autista in un hotspot. “Per avere connettività sul taxi – spiega il Ceo Massimo Ciuffreda – ci sarebbe bisogno di un modem, come quello di casa, con una sim all’interno. Un sistema ingombrante e costoso. Invece la app permette di convertire lo smartphone in un hotspot. E il cliente che che sale sulla vettura si connette automaticamente senza dover digitare password. A livello mondiale è il primo progetto di questo genere”.

Secondo quali procedure e modalità è stata effettuata questa operazione di internazionalizzazione? Vediamolo punto per punto.

Individuare un modello di business scalabile – “La nostra azienda è molto cambiata nel tempo” chiarisce Ciuffreda. “Nella nostra prima fase abbiamo realizzato un router per aiutare a condividere il wi-fi all’interno dei negozi. In Italia stiamo andando bene, ma presto ci siamo resi conto che il modello era poco scalabile. Questo ha comportato una sorta di prima evoluzione mentale. Siamo passati dal fornire hardware a creare una piattaforma basata su un’applicazione. Dal 2014 in poi abbiamo passato mesi e mesi a mappare tutte le reti wi-fi in giro per il mondo. Chi scarica la nostra app può vedere e connettersi gratuitamente con circa 60 milioni di reti free wi-fi in tutto il mondo”. Passando al mercato B2C gli startupper sono riusciti a dare un carattere internazionale all’azienda. Ma a un certo punto si sono resi conto che dovevano “costruire una storia internazionale. È facile scalare il mercato con un’app – dice il Ceo – difficile costruire rapporti con l’estero.

Creare mini-team nei Paesi esteri – Come approcciare l’estero? Creando dei miniteam composti da singole persone o più spesso appoggiandosi ad aziende strutturate sul territorio che hanno già clienti e hanno bisogno di fornire prodotti nuovi. “Il Brasile è il caso per eccellenza” spiega Ciuffreda. “Il team Wiman è fatto da persone che vivono e lavorano in Brasile e si occupano di piattaforme. Per individuarle ci siamo confrontati con i nostri partner, abbiamo cercato relazioni, contattato aziende. A volte, in altri casi, intercettiamo le aziende che ci richiedono la tecnologia, facciamo scouting su quelle aziende e ci affidiamo a quella che ci trasmette più fiducia. Non frammentiamo il prodotto. Iniziamo a lavorare con un’unica azienda per Paese e quella spinge il prodotto”. Qualche vantaggio dall’essere stati finanziati da Tim Ventures? “È normale che, essendo Tim Brasil una partecipata di Tim, siamo partiti avvantaggiati” dice Ciuffreda. “Grazie a loro siamo entrati in questo deal con i tassisti di Rio, ma va detto he loro, grazie a noi, lo hanno chiuso, perché nessun altro poteva fornire la tecnologia che noi forniamo”.

Nessuna necessità di un ufficio – “Rio è un’eccezione: abbiamo aperto un ufficio Wiman nella metropoli brasiliana perché che c’è un team che ci crede molto. Ma tecnicamente non apriamo sedi all’estero, preferiamo creare rapporti diretti con un’azienda. Il nostro obiettivo è diventare regional partner. Per il nostro tipo di lavoro non c’è necessità di una sede fisica, non facciamo produzione”.

Tecnologia esclusiva e replicabile – La tecnologia fornita da Wiman in Brasile è particolarmente innovativa. “Siamo riusciti a creare un hotspot senza utilizzare un modem” spiega il Ceo. “Per avere il wi-fi all’interno di un taxi o il tassista lascia la rete aperta oppure fornisce una password. Con noi l’utente si autoconnette appena sale sul taxi. Abbiamo il controllo completo delle interazioni e dei consumi. Controlliamo sia chi fornisce l’hotspot sia chi si connette, in modo da calibrare gli abbonamenti. I ricavi provengono infatti dall’abbonamento stipulato dalla compagnia dei taxi”. Perché questa proposta non è stata già adottata dai tassisti italiani? “È una tecnologia molto innovativa – prosegue lo startupper – e in Italia non è così forte la percezione di quanto sia importante portare innovatività nei trasporti privati. Ci vuole ancora tempo per far digerire l’innovazione. In effetti la nostra tecnologia è integrabile con qualsiasi app di prenotazione taxi, basterebbe che il tassista usasse il suo smartphone o quello fornito dalla società telefonica. Comunque ci stiamo lavorando, non è escluso che qualcosa accada in futuro. Inoltre da noi i numeri sono più piccoli rispetto a un Paese come il Brasile”. L’internazionalizzazione procede: “Con questa logica stiamo creando team in Messico, in Canada e in alcuni Paesi europei. Replicheremo il modello brasiliano”. Ad oggi Wiman ha raccolto in tutto poco più di un milione di euro e non esclude la possibilità di un nuovo round di finanziamenti.

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