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Startup biotech nel mondo: quante sono, quali sono, il ruolo fondamentale dell’AI



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Le startup biotech sono oggi tra i principali motori d’innovazione in ambito farmaceutico grazie anche all’AI che sta trasformando i modelli di ricerca, attirando investimenti e attraendo le aziende farmaceutiche tradizionali. L’Osservatorio Life Science Innovation del Politecnico di Milano ha censito 183 nuove imprese nel mondo: ecco quali

Pubblicato il 8 set 2025



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La trasformazione digitale della ricerca clinica non si gioca solo nei laboratori delle grandi aziende farmaceutiche. Sempre più spesso, i protagonisti sono piccoli team imprenditoriali che hanno deciso di puntare sull’intelligenza artificiale come leva per ridurre tempi e costi dello sviluppo di farmaci. Sono le startup biotech, realtà dinamiche capaci di sperimentare modelli innovativi e attrarre investimenti significativi.

Il loro ruolo è stato analizzato dall’Osservatorio Life Science Innovation del Politecnico di Milano, che nel 2025 ha pubblicato un censimento dettagliato delle nuove imprese internazionali attive nell’uso dell’AI per la ricerca clinica.

Dove nascono le startup biotech dell’AI

Secondo l’indagine, sono 183 le startup censite a livello globale che utilizzano l’AI per applicazioni in ambito clinico. Di queste, la maggior parte – 152 imprese – opera nella drug discovery, cioè nella fase di individuazione di nuovi target terapeutici e nello sviluppo di molecole innovative. Si tratta del punto più critico e costoso della pipeline farmaceutica, tradizionalmente caratterizzato da lunghi tempi di ricerca e da un elevato tasso di fallimento.

Un numero più ridotto di startup concentra gli sforzi su fasi successive: 54 aziende hanno sviluppato soluzioni per ottimizzare i trial clinici, dal reclutamento dei pazienti alla gestione dei dati, mentre 18 si occupano del monitoraggio post-marketing, con sistemi di farmacovigilanza basati su dati real-world.

Questa distribuzione riflette un trend chiaro: l’AI è vista come strumento prioritario per affrontare la complessità della scoperta di nuovi farmaci, ma comincia a dimostrare potenziale anche nelle fasi successive della ricerca e nella sorveglianza della sicurezza.

Startup biotech e investimenti: numeri significativi

Le startup biotech dedicate alla drug discovery non solo sono numericamente prevalenti, ma attirano anche i maggiori capitali. L’Osservatorio segnala che gli investimenti medi in queste realtà raggiungono i 28,4 milioni di dollari, quasi il doppio della media complessiva di 16,3 milioni.

Questo divario si spiega con la complessità tecnologica delle soluzioni proposte: reti neurali profonde per la generazione di nuove molecole, modelli in silico per ridurre la sperimentazione animale, e applicazioni di AI generativa in grado di simulare interazioni farmacologiche.

Dal punto di vista terapeutico, circa il 75% delle startup biotech ha un approccio “orizzontale”, sviluppando tecnologie valide in più aree cliniche, mentre circa il 10% si concentra sull’oncologia, settore che storicamente catalizza gran parte degli investimenti e delle sperimentazioni.

La spinta dal basso e i segnali dall’alto

Se le startup rappresentano la spinta “dal basso”, le aziende farmaceutiche consolidate offrono il contraltare istituzionale. La survey condotta dall’Osservatorio su Direzioni Mediche, Clinical Operations e R&S di imprese attive in Italia evidenzia un’adozione crescente ma ancora parziale dell’AI.

Il 78% delle aziende utilizza algoritmi per la ricerca e l’analisi di articoli scientifici, il 59% ha introdotto strumenti per la redazione automatica di documenti amministrativi e circa il 52% applica AI alla progettazione e al monitoraggio dei trial clinici.

Questi dati mostrano che l’AI non è più percepita come un elemento sperimentale, ma come un supporto operativo concreto. Tuttavia, la penetrazione rimane frammentata: molte aziende utilizzano soluzioni generaliste disponibili sul mercato, come ChatGPT o Copilot, mentre solo il 36% ha scelto di sviluppare sistemi proprietari basati su dati interni.

Un ecosistema a due velocità

Quella che emerge è l’immagine di un ecosistema a due velocità. Le startup biotech, libere dai vincoli di strutture organizzative complesse, sperimentano con rapidità e attraggono investimenti cospicui. Le big pharma, invece, procedono in maniera più cauta, frenate da barriere regolatorie, dalla difficoltà di quantificare i ritorni sugli investimenti e dalla necessità di integrare nuove competenze digitali.

Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio, meno della metà delle aziende dichiara di avere già le risorse economiche, le infrastrutture tecnologiche e le competenze necessarie per implementare pienamente le nuove tecnologie digitali. Le principali barriere individuate includono la complessità normativa (46%), le risorse economiche limitate (39%) e l’incertezza sul ritorno degli investimenti (39%).

Le opportunità di collaborazione

La sfida dei prossimi anni sarà favorire un incontro virtuoso tra le spinte innovative delle startup biotech e le capacità strutturali delle grandi aziende. Le prime portano agilità e visione tecnologica, le seconde offrono risorse, competenze regolatorie e accesso ai mercati globali.

Partnership, acquisizioni e modelli di co-sviluppo possono rappresentare la via maestra per tradurre le potenzialità dell’AI in farmaci concreti. Per gli investitori, questo scenario apre prospettive interessanti: da un lato sostenere startup ad alto potenziale, dall’altro contribuire a creare sinergie con le big pharma, riducendo i rischi e moltiplicando le possibilità di successo.

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