Working Capital Stories

Smarfle, fare start up non è un hobby e non è roba da fighetti

“Ho passato le pause pranzo in macchina a lavorare alla mia idea e ho rinunciato a un lavoro fisso. Ma se va male rivaluto la laurea in ingegneria”. Massimo Michetti, founder della mobile app che rivoluziona il modo di ascoltare musica, racconta la vita degli startupper italiani. “È difficile, bisogna smuovere pachidermi”

Pubblicato il 20 Gen 2014

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Il team di Smarfle

“Sia chiaro: fare una start up non è un gioco. Non si fa impresa nel weekend e non è il passatempo della domenica pomeriggio. Chi fa start up deve lavorare giorno e notte, compresi i finesettimana”. Per Massimo Michetti ‘start up’ non è solo roba da fighetti o qualcosa che fa tendenza. E lui lo sa bene: quando ha iniziato a lavorare a Smarfle, una mobile app che riconosce le preferenze musicali e seleziona la musica adatta per la specifica situazione, creando playlist speciali per ogni momento della vita degli utenti, Massimo lavorava per un’azienda di Bari. Per lui un contratto a tempo indeterminato e un futuro tranquillo. “Nelle pausa pranzo, invece di andare a mangiare con i colleghi, mi chiudevo in macchina per lavorare al progetto. Così, prima ho messo a rischio affetti e vita sociale, poi mi sono licenziato per buttarmi a capofitto in ciò in cui credevo” racconta. Non a caso, Smarfle è una delle start up che non è passata inosservata a Working Capital, il programma di accelerazione di Telecom Italia, e si è aggiudicata il grant d’impresa di 25 mila euro. “Al di là del contributo economico, Working Capital mi ha convinto del fatto che stessi andando nella direzione giusta” racconta questo 31enne pugliese, ingegnere informatico, laureato al Politecnico di Bari.

E proprio al Politecnico, Massimo Michettii conosce Francesco Capozzi, 29 anni, una laurea in ingegneria delle telecomunicazioni e un dottorato di ricerca. Francesco ha collaborato con una società di social gaming a Bari e ora è assistente di ricerca al CNR.
Insieme, i due ragazzi hanno pensato di creare qualcosa di innovativo nel mondo della musica. “Quello musicale è uno spazio inflazionato, ci sono grossi competitor, da Apple ad Amazon, ma abbiamo notato che mancava qualcosa di preciso: uno strumento capace di interpretare le preferenze musicali dell’utente. L’obiettivo di Smarfle è rivoluzionare il modo in cui si ascolta la musica. Il nostro motto, infatti è Your music, Smarter”.

Ai due ragazzi si sono uniti, poi, Emiliano Mancini, 40 anni di Roma, laurea in Scienze dell’Informazione alla Sapienza ed esperienza come

consulente in diverse società, ha lasciato la capitale dopo aver capito il potenziale di Smarfle trasferendosi definitivamente a Bari; e Giovanni Talesco, 36 anni, ingegnere informatico di Bari, esperto di social game.

Tra settembre e ottobre del 2012 i quattro decidono di provarci sul serio: “Mi danno tutti del pazzo perché ho rinunciato a un posto di lavoro per un’idea: se la mia fidanzata mi sostenuto fin dall’inizio, la mia famiglia ha fatto fatica a capire che non era una follia. Ho convinto i miei genitori a sostenermi dicendo che, nel caso in cui la start up dovesse andare male, posso sempre rigiocarmi la carta della laurea in ingegneria informatica. Ma questa è davvero l’unica cosa che voglio fare ed il modo per massimizzare le mie capacità. Il mio sogno è sempre stato quello di creare un prodotto mio e metterlo a disposizione della gente” continua Massimo.

E proprio per realizzare questo sogno il team si riunisce tutti i giorni in uno spazio di coworking messo a disposizione dalla fiera di Bari. Ogni lunedì c’è la riunione per pianificare il lavoro fatto in precedenza e valutare quello da svolgere in futuro e ogni giorno c’è uno scambio di mail per aggiornare i colleghi su eventuali problemi e sui risultati raggiunti. “Siamo una squadra, ma anche una macchina di lavoro – continua il founder –. Del resto se in Italia vuoi fare impresa non puoi che muoverti in questo modo. Nel nostro Paese chi vuole fare innovazione deve smuovere pachidermi fatti di pregiudizi e impicci burocratici. Bisogna lavorare a pieno ritmo per emergere e non fermarsi mai”.

Le ambizioni di Smarfle sono altissime: “Puntiamo a un progetto di respiro internazionale, fatto su misura per gli utenti, che non miri a sostituirsi a quanto già esistente nel pianeta musicale, ma a stringere partnership con i grossi competitors (Amazon, Google, Apple)”. Strategie e business plan sono chiari: “Creare un prodotto di qualità cercando di seguire il feedback degli utenti, sperimentare e verificare il corretto funzionamento delle applicazioni e crescere lentamente. Almeno in un primo momento, infatti, vogliamo captare l’attenzione del pubblico sul prodotto, a quel punto possiamo prendere la rincorsa. Non a caso, per quest’anno abbiamo deciso di rendere forte il prodotto solo sull’iphone, poi punteremo a conquistare le altre piattaforme. È ovvio che da idee così chiare non possiamo che aspirare al massimo: un fatturato a doppia cifra con tanti zeri. Forse non alla fine del primo anno, ma sicuramente molto presto” conclude Massimo Michetti.

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