Amministrazioni pubbliche

Regione Lazio, dopo un anno la Commissione Startup finisce nell’oblio

Nata a gennaio per volontà del presidente Zingaretti e dell’assessore Fabiani e composta da esperti locali, è da considerarsi “esaurita”. I singoli membri saranno consultati occasionalmente su questioni strategiche. “Eppure abbiamo cambiato il Dna dei bandi regionali” rivendica il presidente Pratesi

Pubblicato il 26 Nov 2014

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Carlo Alberti Pratesi, presidente della Commissione Startup

È vissuta appena un anno la Commissione Startup annunciata con una certa risonanza e partita ufficialmente a inizio 2014 in seno alla Regione Lazio. Nata a gennaio per dare suggerimenti sull’ecosistema laziale delle startup e individuare gli ambiti prioritari in cui intervenire da parte della Regione per sostenere e stimolare questo tipo di realtà, sta andando verso lo scioglimento dopo aver prodotto almeno un frutto: il recente bando regionale che prevede un contributo pubblico a startup già coltivate all’interno di un incubatore o finanziate da un venture capitalist, pari all’importo investito in esse dall’incubatore o dall’investitore stesso. Lo scioglimento della Commissione ovviamente non risulta gradito ai suoi componenti, o perlomeno ad alcuni di essi, anche perché ci sono in ballo circa 200 milioni di euro che il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha annunciato di voler erogare per le startup nei prossimi anni. E tutti, a questo punto, vorrebbero poter dire la loro sulle strategie future.

La Commissione – composta da 16 esperti ritenuti tra i più rappresentativi del Lazio nel mondo delle aziende, della finanza, della consulenza e delle università, e presieduta da Carlo Alberto Pratesi, docente all’Università RomaTre e cofondatore di InnovAction Lab – era stata istituita con una lettera d’incarico dal presidente della Regione Zingaretti e dell’assessore allo Sviluppo economico Guido Fabiani. Nessuna data di scadenza indicata nel documento.

Ma al momento sembra che possa considerarsi sciolta o comunque trasformata in una sorta di organismo di consulenza molto fluido: dalla Regione hanno fatto sapere che i suoi componenti verranno interpellati, anche singolarmente, ogni qual volta ci sarà una decisione strategica da prendere. Si è parlato di due o tre riunioni all’anno, quando finora se ne tenevano un paio al mese. Per la precisione se ne sono tenute in tutto 11, in Regione o presso Sviluppo Lazio, l’ultima nel mese di luglio. Ora più niente. E sembra proprio che a questo punto la Regione voglia fare da sé.

È stata utile? Ha portato frutti concreti? Una cosa è certa: nessuno dei 16 componenti è mai stato retribuito per la sua attività, né sono stati previsti rimborsi spese. Oltre a Pratesi i componenti sono Giovanni Aliverti (Esperto ICT, Luiss), Gianmarco Carnovale (presidente associazione Roma Startup), Paolo Cellini (Innogest), Michele Costabile (Luiss–Principia), Livio Cricelli, (Università di Cassino), Luca De Biase (Nova 24), Matteo Fago (Venture Capitalist), Renato Giallombardo (studio G.O.& Partners), Andrea Granelli (Kanso), Riccardo Luna (Repubblica), Gian Paolo Manzella (Consiglio Regionale del Lazio), Salvo Mizzi (Telecom Italia), Alberto Piglia (Ars et inventio), Chiara Tonelli (Roma Tre – Solar Decathlon e Andrea Vannini, (Università degli Studi della Tuscia). Nomi scelti appunto per le loro competenze in ambito startup, ma anche in settori contigui come la finanza, la comunicazione e la ricerca.

L’elemento concreto di novità apportato dalla Commissione va identificato essenzialmente nel Bando per startup innovative, operativo dal 20 novembre. Una piccola rivoluzione copernicana nell’erogazione dei finanziamenti da parte della Regione: non più soldi attribuiti a pioggia a startup selezionate da interni in base a criteri di selezione interni, ma denaro concesso a chi ha già un investitore alle spalle, (che deve essere però regolarmente iscritto in un apposito registro), il quale ha precedentemente provveduto alla selezione e aperto il portafoglio, facendo leva sui criteri di competenza che gli derivano dall’esercizio della professione. “Abbiamo contribuito a cambiare il Dna dei bandi” dice fiero Pratesi.

Secondo alcuni si è trattato in realtà della montagna che ha partorito il topolino: un parterre di super-esperti chiamato a raccolta per produrre alla fine un unico provvedimento che può essere letto anche come “pro domo” propria, in quanto va a favorire l’attività di venture capitalists e incubatori (presenti, appunto, all’interno della Commissione). D’altra parte il meccanismo introdotto dal bando è fondamentalmente sano: è noto che una startup ha bisogno di denaro per partire e che i grant d’impresa da 25mila euro (più o meno) concessi dagli incubatori sono necessari ma spesso non sufficienti. È vero anche che, se già selezionata da un incubatore o da un venture capitalist che fa questo di mestiere e che ha deciso di puntarci soldi sopra, la startup a cui andranno i fondi regionali è già in qualche modo certificata e ci sono maggiori probabilità che l’investimento vada a buon fine.

La Commissione Startup ha inoltre prodotto un documento, consegnato in Regione alcune settimane fa. Una panoramica sull’ecosistema delle startup nel Lazio, dal quale è emerso un quadro sostanzialmente positivo. “L’ecosistema c’è – dice Pratesi – perché a Roma ci sono circa 300mila studenti universitari, laboratori di ricerca, eccellenze come il Cnr, aziende multinazionali, incubatori e acceleratori. Quello che manca è il venture capital. Per attrarlo e poter considerare la capitale un vero e proprio hub occorre lavorare sulla mentalità di giovani, ricercatori e famiglie, su strutture e servizi quali incubatori e centri di consulenza, sulla finanza e sugli sbocchi finali per le neo-aziende”.

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