Innovazione
Card Tech, un team italiano lancia la carta che riconosce l’impronta digitale
Smart Card Biometrica, sul mercato nel 2015, è integrabile in credit card o documenti per l’identificazione sicura. L’ha brevettata un’équipe friulana. Tra le applicazioni possibili i pagamenti in mobilità e il voto elettronico. Il Vp, Enrico Accettola: “Uno Stato africano interessato alla prima carta d’identità biometrica”
di Luciana Maci
Pubblicato il 10 Dic 2014

In realtà la tecnologia biometrica è nota da tempo nel mondo. Quale la peculiarità della smart card Made in Italy?
Altri sistemi biometrici prevedono l’acquisizione dei dati (in questo caso quelli relativi all’impronta digitale) da parte di software e hardware. Per questo la biometria non è mai decollata: si tratta di dati estremamente sensibili che devono restare del tutto riservati. Invece il nostro progetto non fa “viaggiare” le impronte digitali del proprietario al di fuori della carta. Mi spiego: se in banca il direttore mi chiede se desidero una biometric card, e io rispondo sì, lui inserisce una carta vergine in un lettore, poi si apre un software, la mia impronta digitale viene memorizzata sulla carta, quindi il software si chiude. La mia impronta a questo punto rimane solo sulla carta. Così avviene tutto nella massima privacy.
Com’è che non ci ha pensato prima qualcun altro?
Quando 8 anni fa abbiamo deciso per la prima volta di inserire un sensore biometrico su un pezzetto di plastica, la tecnologia non era sufficientemente avanzata per far decollare il progetto. L’idea è venuta a Borracci, dopo aver scoperto che gli avevano clonato il bancomat e prosciugato il conto in banca. Ispirato da una trasmissione sulla biometria, decise di realizzare una card a prova di frode, così contattò l’Università di Udine. Ma all’epoca non esisteva un sensore biometrico in grado di resistere al calore e alle inevitabili flessioni e pressioni a cui è sottoposta una qualsiasi carta di pagamento o altro documento, di solito collocati nelle tasche o all’interno del portafoglio. La tecnologia adatta è arrivata solo un paio di anni fa. Tuttavia noi depositammo comunque il brevetto, anche se non sapevamo come realizzarlo. Una scommessa sul futuro. E anche un modo per bloccare lo sviluppo di iniziative analoghe. Ad oggi abbiamo depositato 80 brevetti in 75 Paesi.
E come siete riusciti a realizzare la card?
Siamo una società di ingegneri. Era certamente un progetto ambizioso, ricco di aspetti tecnici complessi, ma abbiamo lavorato al prototipo con grande impegno. Siamo stati in California, Olanda, Cina e in altre parti del mondo per scovare individui, team e startup che stessero lavorando sulla componentistica nanotecnologica finalizzata al nostro dispositivo. Aziende al lavoro su questa tecnologia non ce n’erano, perché non ancora richiesta dal mercato. Per tutto questo si è reso necessario un investimento di circa 4 milioni di euro. L’idea è stata selezionata da Friuli Innovazione e si è guadagnata un posto nell’incubatore del Parco scientifico e tecnologico presso l’Università di Udine, con una dotazione iniziale di 20 mila euro da parte del ministero delle Attività produttive. Oggi Card Tech è una srl con 8 dipendenti e molti consulenti. Borracci e un altro socio fondatore hanno il 32%, il resto è diviso tra altri 12 soci tra cui 5 libanesi.
Di fatto però la carta non è ancora commercializzata. Siete pronti per la produzione su larga scala?
Sì. Dopo aver partecipato a novembre in Francia a Cartes, grande fiera sul mondo delle carte di pagamento, abbiamo ricevuto richieste da varie parti del mondo: Usa, Cina, Nigeria… Stiamo gestendo queste richieste e contiamo di approdare sul mercato nel 2015. Con alcuni siamo ancora nella fase embrionale delle trattative. Posso solo anticipare che stiamo presentando il prodotto al governo di uno Stato africano interessato a creare il primo documento d’identità digitale biometrico.
Quali gli ambiti operativi della Smart Card Biometrica?
Stiamo spingendo sulla questione “identità certa”. Non esiste a tutt’oggi alcun documento che garantisca al 100% l’identità di una persona: si possono falsificare carte d’identità, passaporti, permessi di soggiorno. Ma anche la PA può essere interessata: pensiamo ai lavoratori che timbrano il cartellino al posto di altri. Con una carta che passa attraverso il riconoscimento dell’impronta digitale questo non avverrebbe. La nostra smart card si potrebbe applicare anche all’ingresso negli stadi, per identificare le persone, o per garantire l’accesso sicuro al computer al posto della vecchia password. Ovviamente c’è tutto il settore bancario e del circuito dei pagamenti in mobilità. E non dimentichiamo, in una prospettiva futura, il voto elettronico: se si deciderà un domani di far votare i cittadini solo online, una carta biometrica sarebbe essenziale per certificarne l’identità.