NEGOZI E INNOVAZIONE

Punti vendita in Italia: quanti sono e come cambiano le chiavi di servizio

Punti vendita in Italia prima e dopo il lockdown. A resistere e vincere sono tutte quelle realtà che hanno integrato per tempo fisico e digitale, riuscendo a ragionare oltre al prodotto per costruire relazioni stabili con i clienti e servizi di qualità

Pubblicato il 01 Giu 2020

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Punti vendita in Italia: quanti sono? Prima della pandemia le stime aggiornate censivano ben 375mila realtà (Fonte: FederDistribuzione 2019). La regione con il numero più alto di negozi? Secondo l’Istat, nel 2018 nella Top Ten c’erano, nell’ordine:

  1. Campania: 97.430 negozi
  2. Lombardia: 86.050 negozi
  3. Lazio: 75.296 negozi
  4. Sicilia: 67.112 negozi
  5. Puglia: 55.901 negozi
  6. Veneto: 48.845 negozi
  7. Toscana: 47.027 negozi
  8. Emilia Romagna: 46.896 negozi
  9. Piemonte: 46.335 negozi
  10. Calabria: 31.842 negozi

Dietro ai numeri una pluralità di imprese molto diverse: dalla bottega della frutta all’ipermercato, dalla tabaccheria al negozio di animali, dalla gioielleria alla farmacia. Al di là delle dimensioni e dei settori di riferimento, quando si parla di distribuzione non si può prescindere da una considerazione fondamentale: l’Italia è un Paese lungo e vario. Ci sono alcune differenze sostanziali tra Nord, Centro e Sud, centri urbani e periferie, località turistiche e zone industriali o rurali. Oltre all’offerta, cambiano gli approcci e le logiche di servizio. Ma non i processi di back end e di front end, che rimangono uguali per tutti.

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Punti vendita in Italia: non ci sono soltanto i negozi

Esiste anche tutta un’altra tipologia di punti vendita in Italia estremamente rilevanti. Sono gli operatori dell’Ho.Re.Ca. (Hotellerie, Ristorazione e Catering), settore tra i più rappresentativi del Paese. Rispetto all’Europa, infatti, l’Italia è il terzo mercato della ristorazione, dopo Regno Unito e Spagna. Il peso del comparto rappresenta il 35,7% del totale dei consumi alimentari: la variazione della domanda nel mercato della ristorazione in Italia è stata di 4,9 miliardi di euro a fronte di un taglio nei consumi alimentari in casa di oltre 8 miliardi di euro. Le abitudini degli italiani indicano una progressiva fuga dai fornelli: se nel 2008 la quota dei consumi alimentari si aggirava a 81,5 Mld, nel 2018 è arrivata a 84,3 Mld, con il 26% degli italiani che già prima del lockdown si faceva consegnare cibo a domicilio, di cui il 7% ordinato da siti e app e il 19% tramite ordine telefonico (Fonte: Istat 2019).

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Ho.Re.Ca. sotto la lente degli analisti

Prima dell’effetto Covid-19 le imprese attive nella ristorazione erano 336.137, di cui 148.274 bar (Fonte: FIPE 2019 su dati di Infocamere – Rapporto Annuale Ristorazione). E se prima il ruolo del take away e delle pizzerie d’asporto vedeva 39.522 esercizi commerciali, durante il lockdown molti ristoratori si sono convertiti ai servizi di consegna a domicilio. A livello regionale, la gerarchia delle Top Ten vede, nell’ordine:

  1. Lombardia: 51.016 attività
  2. Lazio: 37.515 attività
  3. Campania: 32.587 attività
  4. Veneto: 26.177 attività
  5. Emilia Romagna: 25.402 attività
  6. Piemonte: 23.741 attività
  7. Toscana: 22.538 attività
  8. Sicilia: 22.487 attività
  9. Puglia: 19.688 attività
  10. Liguria: 12.917 attività

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L’impatto del Covid-19 sulla distribuzione

Sull’onda dell’emergenza coronavirus il numero degli e-shopper è lievitato del 40%, con delle performance che hanno superato persino quelle della passata stagione natalizia. Questa la fotografia scattata dal Q1 Shopping Index di Salesforce: in dettaglio, si legge nel report, solo nel periodo compreso tra il 10 e il 20 marzo la spesa per beni essenziali attraverso i canali digitali era cresciuta del 200%. La pandemia infatti, ha spinto a rivolgersi all’online anche chi non lo aveva mai fatto prima: gli analisti di Netcomm dicono che nei primi sei mesi del 2020 l’e-commerce ha guadagnato 1,3 milioni di nuovi consumatori online.

Certo è che l’impatto del Covid-19 sul mondo della distribuzione è stata la prova del nove delle capacità organizzative e di servizio. Chi, malgrado il lockdown, ha saputo per tempo diversificare le proprie catene di fornitura e garantire le proprie scorte è riuscito a sfruttare l’e-commerce e l’omnicanalità in tutte le sue forme. Questo ha permesso ai negozianti italiani di assicurare la disponibilità dell’offerta associate a modalità di consegna efficienti grazie all’agilità delle terze parti addette al meal delivery. Glovo, Deliveroo o Foodora, hanno dimostrato grande agilità, diversificando le consegne potenziando la consegna dei prodotti della GDO e di altre tipologie di negozi: dalle profumerie alle cartolerie, abbigliamento incluso.

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Le tecnologie al servizio dei punti vendita in Italia

Come sottolineano i ricercatori dell’IRI, è degno di rilievo come, in situazioni di emergenza, il consumatore già da tempo omnicanale abbia fatto ricorso a tutti gli strumenti digitali che gli operatori hanno messo a disposizione. In un contesto di incertezza, al fine di recuperare il prima possibile il prodotto ordinato online, molti consumatori oltre alla consegna a domicilio hanno optato per il cosiddetto Click&Collect (ritiro dell’ordine presso un punto vendita fisico o deposito del distributore), che ha così registrato tassi di incremento sopra ogni possibile aspettativa. Di fatto, i punti vendita in Italia che hanno saputo lavorare sui servizi di pre e post vendita, sfruttando il digitale in ogni sua forma, hanno mantenuto la loro continuità operativa. A beneficio di tutti.

La digitalizzazione dei servizi di pre e post vendita significa tante cose. Solo per citarne alcune:

  1. e-mail marketing e digital marketing: SMS e messaggistica legata all’uso di piattaforme social (Whatsapp, Instagram, Facebook, …) permettono di mantenere viva la relazione e la comunicazione one to one con ogni singolo cliente
  2. assistenza online: centralino, call center o i chatbot sono uno strumento di corredo indispensabile per dimostrare al cliente capacità di ascolto e di servizio
  3. augmented reality: grazie alla realtà aumentata (da pc in modalità e-commerce o da specchio magico in store) è possibile far provare un capo o un accessorio al cliente in una logica di simulazione. La tecnologia (che utilizza il rendering 3D) consente di verificare la vestibilità del prodotto e come si muove il tessuto, ma anche di avere accesso a primi piani dei materiali e delle cartelle colore, così come ad altri prodotti correlati a supporto di upselling e cross-selling. Per altro la tecnologia, in questo regime di pandemia, usata nei negozi fisici, riduce le necessità di sanificazione da parte degli addetti alla vendita.
  4. servizi di reso/consegna: agganciati alle piattaforme di e-commerce al cliente vengono date più opzioni per un cambio della merce che può essere fatta in store o a domicilio. E per gli acquisti in store la consegna dei prodotti può avvenire in un secondo momento, a seconda dei desiderata del cliente.

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  5. tracciabilità e rintracciabilità: associata all’uso di etichette intelligenti (RFID o NFC) o di smart code, un prodotto può essere identificato in maniera univoca, il che agevola movimentazioni ed inventari, evitando gli out of stock. Le etichette intelligenti, per altro, garantiscono al cliente l’unicità di un capo, un orologio, un alimento, un mobile o quant’altro. Le smart label, infatti, contengono tantissime informazioni di dettaglio: oltre ai dati anagrafici ci sono i dati relativi all’origini e alla provenienza o alle modalità di lavorazione. Quando un prodotto ha qualcosa che non va la tecnologia permette di risalire a tutti gli eventi legati alla sua movimentazione (ad esempio permettendo di ritirare tutti i lotti di un prodotto avariato o fabbricato male). Questo tutela gli acquisti dei clienti ma anche i brand dal mercato grigio, dalla contraffazione e dall’italian sounding.
  6. app: sostituire alla carta fedeltà una app permette di seguire meglio la comunicazione e l’interazione con ogni singolo cliente, moltiplicando le possibilità di costruire un servizio praticamente su misura. La app permette di attivare iniziative di gamification e diversificare le proposte legate al couponing o altre iniziative di marketing.
  7. beacon: basato sulla tecnologia BLE (Bluetooth Low Energy) i beacon sono dei piccoli sensori che servono come soluzione di localizzazione indoor, permettendo il trasferimento di dati (messaggi) con smartphone, tablet e, in generale, tutti i dispositivi mobili. Questi dispositivi devono però essere dotati di una app che permette loro di leggere la comunicazione che arriva dai beacon BLE.
  8. geofencing: il geofencing è associato a tecniche di geomarketing per mandare messaggi informativi/pubblicitari specifici a determinate persone che transitano in un certo luogo. La tecnologia consente alle app mobile di tracciare i movimenti degli utenti registrati (Android e iOS) all’interno di una area geografica circolare (chiamata geo-fence), definita da due punti (sia indoor che outdoor). Il sistema prevede l’utilizzo di smartphone, tabel o tecnologie indossabili per determinarne la posizione (location-aware), tramite un location-based service (LBS). Quando un utente entra o esce da un geo-fence, il dispositivo o il gestore del servizio ricevono una notifica, usata per controllare azioni prestabilite.

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I negozi italiani nell’era degli smart service

Postazioni e teche interattive, tavoli e scaffali intelligenti, camerini virtuali e sensori di ogni tipo generano flussi di informazioni a cui può avere accesso il negozio per capire sempre meglio come orientare l’offerta e l’ingaggio. Con il vantaggio che, una volta messe a sistema, queste informazioni sono tutte integrate e immediatamente disponibili per fare delle analisi accurate a supporto dei processi decisionali. È su questi aspetti che i punti vendita in Italia possono giocare le loro carte migliori, analizzando i suoi asset e i suoi valori per definire al meglio strategie e investimenti.

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Ripartenza grazie a una nuova agilità digitale

Al di là del distanziamento sociale, infatti, oggi il consumatore ha tante occasioni per avvicinarsi a un prodotto o a un brand  perché la distribuzione ha trovato nuove formule di offerta e di proposizione. Nella piazza del Mercato Globale i vecchi modelli commerciali si incontrano con i nuovi, permeati da una serie di tecnologie visibili ed invisibili. I punti vendita in Italia hanno già commessi preparati, negozi ben forniti. Ma per la ripartenza sono i servizi a valore aggiunto a fare davvero la differenza. Dietro deve lavorare un’architettura di tecnologie composite, integrate, agili, scalabili. E, grazie al cloud, a basso impegno dal punto di vista della gestione e dell’interazione.

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Laura Zanotti
Laura Zanotti

Ha iniziato a lavorare come technical writer e giornalista negli anni '80, collaborando con tutte le nascenti riviste di informatica e Telco. In oltre 30 anni di attività ha intervistato centinaia di Cio, Ceo e manager, raccontando le innovazioni, i problemi e le strategie vincenti delle imprese nazionali e multinazionali alle prese con la progressiva convergenza tra mondo analogico e digitale. E ancora oggi continua a farlo...

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