OSSERVATORIO NOMISMA

Anche il packaging deve essere sostenibile: il 28% sceglie un prodotto perché l’involucro è riciclabile e plastic free

La sostenibilità alimentare dipende anche dal packaging, che deve essere riciclabile, realizzato con materiali sostenibili, senza overpackaging né plastica. Importante anche il marchio BIO. Lo rileva l’Osservatorio Packaging del Largo Consumo di Nomisma. Una impresa su 4, entro il 2023, vuole fare investimenti green

Pubblicato il 19 Apr 2022

Packaging sostenibile

Acquistare un prodotto sostenibile significa,  in prima battuta, acquistare un prodotto realizzato tramite un utilizzo responsabile delle risorse e con un basso impatto ambientale, che riduca e minimizzi cioè le emissioni di CO2 (70%), il consumo idrico (65%) ed energetico (63%). Ma la sostenibilità alimentare dipende anche dal packaging, che contribuisce a definire un prodotto sostenibile soprattutto quando è riciclabile (62%), realizzato con materiali sostenibili (59%), senza overpackaging (46%) e plastic free (41%). Importante nella definizione di sostenibilità anche la presenza del marchio BIO (57%). Lo rilevano i dati dell’Osservatorio Packaging del Largo Consumo di Nomisma presentati lo scorso 12 aprile a Bologna a Marca 2022. Dall’indagine emerge anche che nel periodo 2021-2023 una impresa su 4 è intenzionata ad effettuare “ecoinvestimenti”: lo sostiene Silvia Zucconi, Responsabile della Business Unit Market Intelligence di Nomisma, sottolineando che le performance delle aziende che hanno già effettuato investimenti green sono migliori di quelle realizzate da imprese che non hanno invece acquistato prodotti e tecnologie verdi. Ma vediamo i dati riguardanti il packaging sostenibile.

Il 28% sceglie un prodotto anche in base alla sostenibilità del packaging

La presenza di caratteristiche di sostenibilità rappresenta tuttora un buon motivo per scegliere un prodotto alimentare al posto di un altro. Il 34% degli italiani indica la sostenibilità ambientale tra i principali driver di scelta di un prodotto alimentare e il 28% sceglie anche in base alla sostenibilità del packaging. Tra gli altri motivi che spingono i consumatori a mettere nel carrello un prodotto alimentare la presenza di offerte e promozioni (38%) e l’italianità delle materie prime (40%).

Pur salvaguardando il budget familiare il consumatore italiano non rinuncia al suo sistema valoriale, che diventa una bussola a cui affidare le scelte di consumo al punto che il 70% degli italiani nel corso del 2021 ha acquistato da aziende attive sul piano ambientale e il 63% da imprese con cui si condividono i medesimi valori.

Italiani e sostenibilità: l’89% fa ogni giorno una scelta sostenibile

Quelli degli italiani non saranno solo carrelli sinonimo di qualità ma anche di sostenibilità: il 59% della popolazione presta più attenzione ai temi green rispetto al 2019. Sostenibilità che per gli italiani significa soprattutto fare scelte di responsabilità verso le generazioni future (43%), che contrastino gli sprechi e che anzi portino un risparmio e un vantaggio economico (30%), come testimonia il fatto che l’89% degli italiani adottano quotidianamente scelte sostenibili contenendo gli sprechi idrici ed energetici. Per l’84% degli italiani la sostenibilità passa invece dalle scelte di acquisto alimentari.

Le strategie anti-crisi delle imprese

La presentazione dei dati è stata preceduta da una breve panoramica sull’attuale situazione economica e sociale. Il conflitto russo-ucraino – ricorda l’Osservatorio –  unitamente all’indisponibilità di materie prime ha condotto ad un importante aumento dei costi di gas, petrolio, rame e alluminio con ricadute tanto nel mondo produttivo quanto nelle scelte di consumo familiari. L’approvvigionamento energetico italiano dipende, infatti, per il 42% dal gas, per il 36% dal petrolio e per l’11% da energie rinnovabili. Una simile dipendenza da gas e petrolio ha prodotto un aumento della bolletta energetica italiana di 68 miliardi di euro. L’aumento dei costi energetici e delle materie prime sono tra le principali difficoltà prodotte dal conflitto e lamentate da oltre 9 imprese su 10.

Le imprese italiane stanno pensando a strategie per superare le nuove difficoltà imposte dallo scenario conflittuale e dagli spillover prodotti sull’intero sistema produttivo. La revisione dei prezzi di vendita è la prima via d’uscita indicata dall’87% delle imprese. 1 impresa su 2 sta poi valutando nuovi mercati di approvvigionamento così da oltrepassare le criticità attuali.

Tuttavia, il clima di fiducia delle imprese – che a marzo si attesta a 105,4 contro il valore di 107,9 registrato a febbraio – testimonia la complessità del momento attuale e i precari equilibri su cui si sta muovendo il mondo produttivo italiano.

La congiuntura appena descritta induce una frenata del PIL italiano, che, nel caso in cui il conflitto terminasse a luglio 2022, si prevede del +1,9% nel 2022 e +1,6% nel 2023.

Come si traduce un simile scenario nelle scelte di consumo delle famiglie italiane preoccupate per la guerra russo-ucraina e per il generale aumento dei prezzi? Come stanno reagendo e come reagiranno gli italiani alle conseguenze prodotte dal conflitto e da un’inflazione di cui già si paventava nel 2021? Si assiste, innanzitutto, ad un crollo del clima di fiducia dei consumatori, che scende al di sotto dei livelli pre-pandemici.

GDO: il 45% degli utenti acquisterà solo prodotti indispensabili

Nonostante la GDO stia contenendo il trasferimento degli aumentati costi di produzione e trasporto ai consumatori, gli italiani hanno già ben chiare le strategie di risparmio da adottare per salvaguardare il budget familiare in caso di un aumento generale dei prezzi. Per il 45% la soluzione sarà quella di concentrare gli acquisti su soli prodotti e servizi indispensabili effettuando un decuttering del carrello. 1 italiano su 5 prevede invece di ridurre le quantità acquistate senza però rinunciare alla qualità dei prodotti e dei servizi scelti. L’11% dovrà invece effettuare un “doppio taglio” al carrello – sia in termini di quantità che di qualità.

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