Normativa

Made in Italy, la Camera dice sì alla tracciatura “blindata” dei prodotti

La proposta di legge presentata da Quintarelli e altri introduce la tracciabilità digitale delle nostre eccellenze attraverso un chip Rfid con tutte le informazioni su produttore, prodotto e relativi indirizzi Internet. Un modo di usare la tecnologia contro contraffazione e tentativi di imitazione. Il testo passa ora al Senato

Pubblicato il 31 Mar 2016

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Per la tutela del Made in Italy dovrebbe arrivare la “blindatura” tecnologica. Ovvero, in altre parole, la tracciabilità digitale del prodotto italiano mediante l’associazione a un codice verificabile online contenuto in un chip RFID (Radio Frequency Identification). Si tratta di una tecnologia in grado di ospitare tutte le informazioni relative al produttore, al prodotto e agli indirizzi internet di questi ultimi. Così il formaggio, la pasta o il vino esclusivamente italiani risulteranno costantemente tracciabili e super-controllabili tecnologicamente. Questo il senso della proposta di legge sul Made in Italy presentata da alcuni parlamentari tra cui Stefano Quintarelli (Gruppo Misto), Paolo Coppola (Pd), Vincenza Bruno Bossio (Pd), Maria Chiara Carrozza (Pd) e molti altri, ed approvata ieri dalla Camera dei deputati. Qui il testo della legge.

La proposta è contenuta in un solo articolo e racchiude, come spiega Stefano Quintarelli, tre diverse proposte presentate in passato sul Made in Italy. Naturalmente il percorso legislativo non è ancora completato. Come detto, il testo per ora è stato approvato a Montecitorio, con la sola astensione di M5S e senza voti contrari. Adesso dovrà passare al Senato: se verranno apportate modifiche, dovrà tornare alla Camera. Ma nel frattempo la battaglia legislativa contro imitazioni e contraffazioni è partita.

“Il Made in Italy – spiegano i firmatari del testo – rappresenta non solo un marchio conosciuto nel mondo, ma anche un tessuto produttivo di altissima qualità, a vari livelli e nei settori più differenti, caratterizzato da ingegno, lavoro e capacità di produrre ricchezza. La contraffazione del marchio Made in Italy si sta diffondendo sempre più, creando danni gravissimi alla nostra economia in un momento di crisi profonda e perdurante come quella attuale, nonché rischi diretti per la salute dei cittadini e per la sicurezza dei consumatori. I settori più colpiti dalla contraffazione sono l’abbigliamento e gli accessori (2,5 miliardi di euro), il comparto dei cd, dvd e software (1,8 miliardi di euro) e i prodotti alimentari (1,1 miliardi di euro)”.

I legislatori ricordano anche la diffusione del fenomeno dell’Italian sounding, ovvero l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promuovere e commercializzare prodotti non riconducibili al nostro Paese. Qualche esempio: il parmisan inglese o il parmesao brasiliano, che niente hanno a che fare con il nostro Parmigiano.

“La contraffazione dei prodotti made in Italy e l’Italian sounding – sottolineano i deputati – rappresentano gravi ostacoli all’espansione delle nostre imprese nel mercato italiano e mondiale, che sottraggono al prodotto interno lordo (Pil) italiano milioni di euro ogni anno”. Ecco le statistiche: secondo le analisi più recenti, il commercio del falso nel nostro Paese, con il solo riferimento al mercato interno (senza dunque considerare la quota di merci contraffatte che partono dall’Italia verso l’estero), avrebbe prodotto un fatturato annuo di circa 7 miliardi e 109 milioni di euro. Le perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali sono state calcolate in 5 miliardi e 281 milioni di euro, mentre sono oltre 130.000 i posti di lavoro sottratti all’economia reale.

Il rimedio per contrastare questi fenomeni è, secondo i firmatari della proposta di legge, il ricorso a “nuove tecnologie più efficaci per tutelare meglio i prodotti made in Italy” e lo “sviluppo di soluzioni innovative specifiche volte alla valorizzazione e alla protezione dei diritti di proprietà industriale”.

La tecnologia è stata appunto individuata nel codice contenuto nel chip RFID, recante le informazioni relative al produttore e al prodotto nonché ai relativi indirizzi internet. Il codice e le altre informazioni memorizzati nel chip possono essere riportati anche in un codice a barre bidimensionale. Il codice sarà rilasciato al produttore da soggetti certificatori, autorizzati a questo scopo dal Ministero dello sviluppo economico. Servirà dunque un decreto, che dovrà essere emesso dal Mise, nel quale verranno definiti i requisiti minimi che i soggetti certificatori dovranno soddisfare per ottenere l’autorizzazione. Sarà sempre il decreto del Mise a disciplinare le modalità di funzionamento e stabilire le eventuali sanzioni di fronte a comportamenti fraudolenti.

Entrerà in gioco anche l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), che dovrà definire le modalità tecniche relative all’emissione dei codici, ai chip RFDI e ai codici a barre bidimensionali, oltre a vigilare sull’operato dei soggetti certificatori e provvedere alla creazione di un database dei codici emessi da questi soggetti.

“L’emendamento approvato quest’oggi – dichiara il deputato di Scelta Civica, Ivan Catalano – introduce la certificazione digitale del prodotto, permettendo così alle nostre aziende di tracciare l’intera filiera del Made in Italy e di certificare i prodotti realmente realizzati in Italia. In questo modo – prosegue – sarà possibile verificare l’autenticità e rendere trasparente l’intera filiera di produzione, anche prevenendo fenomeni di contraffazione, mediante l’associazione ai prodotti di un codice verificabile online, ottimizzato per il sistema mobile e le sue future evoluzioni. Il tutto vigilato dall’Agenzia per l’Italia digitale”.

“Il metodo di tracciamento tramite Rfid non è nuovissimo – spiega a EconomyUp l’onorevole Vincenza Bruno Bossio – c’è già nelle spedizioni postali, ma noi vogliamo renderlo in qualche misura obbligatorio in modo che non si perda mai traccia del prodotto, dalla sua nascita fino al prodotto evoluto e pronto per essere commercializzato”.

Tra i dubbi che potrebbero insorgere ci sono i costi a carico delle imprese per adempiere alla futura legge e/o gli eventuali intoppi di natura burocratica che ne potrebbero derivare. “Il digitale non è mai un intoppo, ma un’opportunità in più” dice Bruno Bossio. “Inoltre nella prossima legge di stabilità vorremmo introdurre incentivi per le imprese che fanno investimenti innovativi: ad oggi sussistono gli stessi incentivi per la fabbrica che acquista una stampante come per quella che compra una stampante 3D. Riteniamo invece che vada premiata la volontà di innovazione. Ma in ogni caso un eventuale maggiore costo da parte delle aziende sarà ripagato da una maggiore capacità di offerta del prodotto, dalla conquista di nuove quote di mercato e dal rafforzamento del posizionamento nell’e-commerce”.

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