Robotica nella sanità, il futuro è cominciato e l’Italia è in partita: ecco 4 storie

Il mercato dei robot in campo ospedaliero è stimato più di 3,5 miliardi di euro. LA rivoluzione è cominciata nel 1999 e sta adesso avendo un’accelerazione, anche per la riduzione dei costi e nuovi modelli di business. In Italia si incontrano le competenze della meccanica e del farmaceutico. Con ottimi risultati.

Pubblicato il 10 Dic 2018

Michele Alloni

MedTech

Quando si sente parlare di robot è naturale pensare ad un futuro ipertecnologico, lontano. A volte connesso a paure. Questo è vero anche nel campo medicale. La verità è che al giorno d’oggi non è insolito entrare in un ospedale e vedere strumenti robotici adibiti ai più disparati scopi. Basti pensare che il mercato dei robot in campo ospedaliero è stimato più di 3,5 miliardi di euro (di cui circa il 70% negli Stati Uniti) e che nel 2017, nel mondo, sono state effettuate più di 700.000 procedure chirurgiche con l’assistenza di un sistema robotizzato, per non parlare delle molte sedute di riabilitazione affidata a dei dispositivi robotici.

La robotica nella sanità: una rivoluzione cominciata nel 1999

La rivoluzione della robotica in sanità è iniziata negli anni ’90 con lo sviluppo e il lancio dei primi prodotti sul mercato ed è progredita fino ad oggi dove le principali società operanti nel settore contano migliaia di brevetti atti a proteggere l’unicità dei loro prodotti.

Era il lontano 1999, si parla ancora del secolo scorso, quando una società statunitense chiamata Intuitive Surgical lanciò il suo robot per chirurgia assistita che in poco tempo divenne il leader del settore. Solo un anno dopo, nel 2000, il dispositivo venne approvato dall’ente regolatorio americano, l’FDA, per operazioni di chirurgia laparoscopica (chirurgia mini-invasiva realizzata tramite pochi piccoli fori nell’addome del paziente). Il dispositivo si compone di una consolle dove il medico, una volta seduto, può controllare con estrema precisone un secondo blocco in cui delle braccia robotiche muovono degli strumenti chirurgici all’interno del paziente. Negli anni successivi Intuitive ha continuato a innovare e sviluppare la propria tecnologia per rimanere sempre al passo con i bisogni dei medici e dei pazienti, creando nuovi modelli e strumenti sempre più avanzati. Oggi la società detiene l’89% del mercato, ha un fatturato di oltre 3 miliardi di dollari e, pur essendo in una posizione predominante, continua a innovare.

Dopo Intuitive Surgical, un numero sempre crescente di società da tutto il mondo si sono cimentate nella creazione di sistemi robotici con le più disparate applicazioni mediche. Alcune società, come MedTech (Francia) e Mako Surgical (Stati Uniti), hanno aggredito il mercato ortopedico con sistemi per aumentare la precisione del medico e sono state in seguito acquisite per cifre considerevoli da grandi gruppi (Mako per 1,6 miliardi da Stryker e Medtech per più di 130 milioni da Zimmer Biomet). Per quanto riguarda il settore cardiovascolare società come Corindus Vascular Robotics (Stati Uniti) e RoboCath (Francia) si stanno concentrando nell’allontanare il medico dal campo operatorio dove, in cardiologia interventistica, vengono usate radiazioni potenzialmente dannose. Altre società hanno deciso invece di competere con Intuitive Sugical per il mercato della chirurgia mini-invasiva, come Transenterix (USA), da poco approvata dall’FDA, e Cambridge Medical Robotics (Regno unito) che ha raccolto di recente investimenti per più di 100 milioni di dollari.

Anche nel settore della robotica riabilitativa all’estero sono nate società di successo quali la Hocoma (Svizzera) e Tyromotion (Germania), che sviluppano sistemi robotizzati per la riabilitazione degli arti superiori, Rewalk (USA) e Ekso Bionics (Israele), che realizzano degli esoscheletri per persone tetraplegiche. Mario Caria, CEO EMAC, uno dei distributori leader in Italia di robotica per la riabilitazione, è convinto che “la robotica sta entrando sempre di più nel mondo della riabilitazione, con il supporto attivo del medico e/o fisioterapista, che ha tralasciato il sospetto e scetticismo a risultati terapeutici importanti sui pazienti (legato anche a un impatto emotivo – antidepressivo) e un dimostrato vantaggio economico. Le cliniche specializzate, quali Don Gnocchi, Inail e Valduce, si stanno attrezzando in maniera importante di sistemi robotici. In alcune regioni italiane si comincia anche a parlare di rimborso. Il futuro sarà la realizzazione di robot meno cari, meglio gestibili e performanti, che il paziente potrà portare a casa per la continuazione della terapia.”

I robot medicali prodotti in Italia

Al di là del successo commerciale della robotica in Italia (si contano un centinaio di sistemi Da Vinci), è interessante far presente che la forza manufatturiera italiana nella produzione di macchinari si è espressa anche in produzione e sviluppo di nuovi robot medicali.

Parlando di Transenterix, forse non tutti sanno che la tecnologia alla base del loro prodotto è di origine 100% italiana. La sua culla è stata la divisione robotica di SOFAR SPA, società di Trezzano Rosa (MI) specializzata in Prodotti Farmaceutici, Integratori Alimentari e Dispositivi Medici. Andrea Biffi, CEO di Sofar, ha commentato: “il Robot Alf-X (ora Senhance) è espressione dell’incontro di due eccellenze produttive italiane: la farmaceutica e la robotica. L’idea, inizialmente racchiusa in una tesi di laurea discussa al Politecnico di Milano, grazie alla costanza e alle competenze dei ricercatori e dei collaboratori di Sofar ha assunto le sembianze che conosciamo oggi, conquistando l’attenzione di grandi poli ospedalieri italiani, come il Policlinico Gemelli di Roma e l’Humanitas di Milano, fino ad arrivare all’incontro con Transenterix. Nel 2015 l’azienda statunitense che produce innovativi dispositivi medicali ha scelto di scommettere su Alf-X, acquisendo la nostra divisione robotica e investendo su idee, innovazioni e produzioni italiane. Senhance deve molto al made in Italy. Il nostro Paese esprime eccellenze tra le migliori al mondo negli ambiti della robotica e della farmaceutica. Dalle maestranze ai ricercatori, dalla progettazione alla manodopera, il marchio di fabbrica italiano è il valore aggiunto di questo sistema per laparoscopia digitale. La scelta di Transenterix di lasciare in Italia la produzione di Senhance è la prova di quanto contino le competenze e la qualità del lavoro e della creatività italiane. Alla fine del 2016 Transenterix ha aperto a Milano l’unico centro di formazione sul suo dispositivo presente in Europa che, in circa un anno e mezzo, ha ospitato oltre 200 chirurghi provenienti da tutto il mondo”.

La storia di Sofar non deve sorprendere, grazie ad un network di imprese specializzate nella produzione di macchinari di alta qualità, figlia di un’industria meccanica con più di un secolo di esperienza, alla presenza di eccellenze nella ricerca come l’Università Sant’Anna di Pisa e l’IIT di Genova, è infatti possibile trovare nel nostro paese svariate storie legate alla robotica in campo sanitario.

Il robot M.I.L.A.N.O. di Value Biotech

Il robot M.I.L.A.N.O., progettato per supportare operazioni laparoscopiche attraverso un singolo foro, è stato sviluppato dalla società Value Biotech, fondata da Antonello Forgione, un medico chirurgo dell’Ospedale Niguarda di Milano con esperienza internazionale. Per Antonello Forgione la robotica è chiaramente il futuro: “la robotica consente di raggiungere performance impossibili da replicare per l’essere umano, oltre ad aggiungere riproducibilità, controllabilità e confort al medico. Il robot premetterà la democratizzazione della pratica chirurgica”. La società ha raccolto capitali da investitori israeliani e asiatici.

Medical Micro Instruments di Pisa

Un ulteriore esempio è Medical Micro Instruments (MMI), a Calci (Pisa), società fondata nel 2015 dal CEO Giuseppe Prisco, ingegnere italiano con precedente esperienza in Intuitive Surgical, che ha sviluppato un sistema dedicato alla microchirurgia. La microchirurgia è una branca della medicina dove il medico si trova a maneggiare e suturare tessuti di dimensioni inferiori al millimetro. Per rendere l’idea, in Italia i chirurghi capaci di tale tecnica si possono contare sulle dita di una mano. Il sistema proposto potrebbe permettere ad un maggior numero di medici di utilizzare queste tecniche in modo sicuro. Nel 2018, in uno degli investimenti di Venture Capital più grandi mai effettuati in Italia, MMI ha raccolto da un gruppo di investitori Italiani (Panakes Partners, Sambatech) ed esteri (Andera, Fountain) 20 milioni per portare a termine lo sviluppo della tecnologia. Giuseppe Prisco ama sottolineare: “In Italia ci sono ingegneri eccezionali, con fortissima cultura tecnica e capacità di innovare e risolvere problemi complessi. Inoltre, in Italia si possono trovare dei partners industriali di primo livello per quanto riguarda la meccanica di precisione. A mancare è forse il connubio tra elettronica-software-semiconduttore, molto più forte in Silicon Valley”.

Movendo Technolgy, spin-off dell’ITT di Genova

Nel campo della riabilitazione, il più bell’esempio è senza ombra di dubbio Movendo Technology, uno spin-off dell’IIT di Genova. In questo caso si tratta di un macchinario per supportare fisioterapisti e altri operatori medici nella movimentazione del paziente tramite una struttura robotica. Il dispositivo è associato a protocolli riabilitativi dell’arto inferiore, del tronco e dell’equilibrio sottoforma di videogame. Uno dei punti di forza della tecnologia è il poter misurare le limitazioni motorie del paziente durante la terapia stessa. La società ha ricevuto nel 2016 un investimento di 10 milioni da parte di Sergio Dompè per portare, ormai un anno e mezzo fa, il prodotto sul mercato. L’investimento ha permesso di creare una nuova realtà industriale sul territorio e da allora Movendo ha ricevuto svariati premi e conta circa 50 dispositivi funzionanti in Italia, Stati Uniti, Germania, Spagna e Medio Oriente. Secondo Simone Ungaro, CEO di Movendo: “La riabilitazione robotica, in particolare nel settore ortopedico, permette di passare a delle terapie più efficaci e efficienti, con maggiore produttività per il medico – fisioterapista e con risultati evidenti e certificabili. Inoltre, un sistema come Hunova permette di realizzare una migliore diagnostica iniziale e programmare una terapia personalizzata, con forte interesse da parte delle assicurazioni e del medico-fisioterapista”.

Wereable Robotics, spin-off dell’Università Sant’Anna

Sempre parlando di riabilitazione, in Italia è possibile trovare Wearable Robotics, una società Toscana spin-off dell’Università Sant’Anna, che ha sviluppato ALEx. Questo robot permette la riabilitazione degli arti superiori in pazienti affetti da ictus e altre patologie neurologiche. Lucia Lencioni, CEO di Wearable Robotics, afferma: “la robotica riabilitativa con sistemi come ALEx ha dimostrato risultati importanti per i pazienti grazie all’efficacia di ripetizioni, mirror therapy e utilizzo del gioco. Anche per il medico-fisioterapista i vantaggi sono molteplici, in quanto il sistema permette di focalizzarsi sulla definizione di una specifica terapia (piuttosto di una standardizzata), curare più pazienti in parallelo e ridurre la fatica per l’operatore”.

L’Italia quindi potrebbe, con gli adeguati investimenti pubblici e privati, diventare un attore importante in un’industria nascente in cui ha già forti competenze ingegneristiche e industriali.

Robotica nella sanità: dove ci porterà il futuro

È facile vedere un futuro dove questa tecnologia cambierà radicalmente il flusso di lavoro e la gestione delle strutture sanitarie, con sistemi capaci di analizzare varie grandezze come durata dell’intervento e quali strumenti e impianti sono stati utilizzati.

Se si pensa che il primo sistema robotico DaVinci è stato venduto nel 1999, appare chiaro come questa rivoluzione robotica sia stato un processo lento che probabilmente avrà bisogno di un ulteriore decina di anni per cambiare il mondo sanitario come ci si aspetta. Ciò può essere in parte dovuto allo spauracchio presente in ogni settore secondo il quale la robotica ruberebbe il lavoro all’uomo, dove invece nei fatti ne perfeziona solo la pratica.

Vi sono poi altri fattori che hanno limitato l’adozione di tali soluzioni e la prima tra queste è il costo: basti pensare che il prezzo medio di vendita di un sistema di Intuitive nel 2016 è stato di poco più di un milione e mezzo di dollari. A questo vanno poi aggiunti più di mille euro di componenti mono-uso per ogni intervento. A limitare il possibile bacino di utenza è anche l’ingombro di questi sistemi. Tutto ciò fa sì che solo grandi strutture, con alti volumi di operazioni e ampie sale operatorie, a volte costruite ad hoc, siano in grado di ospitare questi colossi e sostenerne i costi. Inoltre, varie soluzioni robotiche hanno in molti casi fallito nel dimostrare la loro utilità nel portare un effettivo beneficio al paziente. Questo risulta essere un fattore molto limitante in un campo, come quello della sanità, dove la prova scientifica la fa da padrone. La mancanza, in certi casi, di forti dati scientifici potrebbe portare nel breve periodo a una stretta sui rimborsi da parte di sistemi sanitari e assicurazioni, impattando ulteriormente sulla problematica dei costi. Ultimo, ma non meno importante, fattore è la lunga curva di apprendimento che spesso è necessaria per imparare a utilizzare al meglio un sistema complesso come può essere un sistema robotico.

Tuttavia, le problematiche che ad oggi limitano l’affermarsi della robotica stanno lentamente passando in secondo piano, con la progressiva riduzione dei prezzi dettata da un aumento della competizione e dalla nascita di business model, basati su fee di utilizzo, che vanno a ridurre, o addirittura azzerare, l’investimento iniziale. Cresce allo stesso tempo la schiera di studi clinici randomizzati a sostegno dell’utilità di queste tecniche, portando sistemi sanitari e assicurazioni a istituire rimborsi per questi dispositivi.

L’interesse di Google per la robotica nella sanità

Vi sono poi dei fattori esterni che sicuramente favoriranno queste tecnologie come, per la riabilitazione robotizzata, l’avvento di nuove tecnologie per il trattamento di Ictus che da un lato salveranno un grande numero di persone, ma che dall’altro lasceranno molti pazienti con necessità di trattamento riabilitativo.

Grandi gruppi nel settore dei dispositivi medicali, in aggiunta ai già citati Stryker e Zimmer, hanno mostrato il loro interesse nel campo della robotica, come Medtronic con l’acquisizione di Mazor e con l’annuncio di un progetto interno finalizzato alla chirurgia mini-invasiva. Anche Google tramite Verb Surgical, una Joint Venture con Johnson & Johnson, ha deciso di esplorare il settore della robotica chirurgica e in particolare sta lavorando ad un dispositivo che competerà per lo stesso mercato di Intuitive.

Questo interessamento di Google e di società simili fa capire come questo settore si stia muovendo in direzione di una sempre più forte digitalizzazione. Molti nel settore si aspettano di vedere, entro il prossimo decennio, questi sistemi fornire un’esperienza a pazienti e medici ben al di sopra della attuale capacità del singolo medico. Magari, permettendo a un medico di farsi assistere da operatori con maggiore esperienza anche a centinaia di chilometri di distanza, oppure, lasciando al robot il compito di svolgere in semi-autonomia semplici procedure chirurgiche.

Uno dei fenomeni che più ha caratterizzato questo settore negli ultimi anni è la tendenza muoversi verso nuove applicazioni. Appare ovvio come sia un colosso come Intuitive, che ha recentemente lanciato uno strumento per biopsia polmonare, che una piccola start-up, per poter sopravvivere in un mercato sempre più affollato debbano trovarne di nuovi. Questo potrebbe portare al successo di quelle società che per prime hanno fatto questa scelta, come nel caso della microchirurgia di MMI o come Restoration Robotics (Stati Uniti) che con ARTAS, un robot per il trapianto di capelli, si è affermata da anni sul mercato.

Appare dunque chiaro come la robotica in medicina sia al tempo stesso presente e futuro. Con l’invecchiamento della popolazione, l’aumento della domanda da parte dei pazienti e l’espansione delle indicazioni e dei progressi tecnologici, l’utilizzo di questi sistemi diventerà sempre più la normalità.

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Alessio Beverina
Alessio Beverina

Alessio Beverina è co-founder e partner di Panakes Partners, venture capital dedicato al Medtech. Ha diversi anni di esperienza in VC per aver lavorato in Sofinnova Partners, uno dei più grandi VC europei. Ha iniziato la carriera nel1997 come ricercatore in LETI, poi si è unito al gruppo centrale R&D di STMicroelectronics. Ha conseguito un MSC al Politecnico di Milano e un MBA presso l'ESCP-EAP. È un Kauffman Fellow e siede nei board di Alesi Surgical e MMI.

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Michele Alloni
Michele Alloni

Michele Alloni lavora come business analyst in Panakes Partners. Da sempre ha una passione per la biologia, l’ingegneria e la scienza in generale che l’ha portato pochi anni fa a conseguire un MSc in Ingegneria Biomedica al Politecnico di Milano con specializzazione in biomeccanica e biomateriali.

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