L'INTERVENTO

Telecomunicazioni in Italia, o si cambia o si muore

Nel 2018 sono emerse le contraddizioni del sistema: guerra dei prezzi, alti costi per il 5G con il rischio di un dualismo economico fra chi investe sulla rete e chi ne coglierà i benefici. Va ridiscusso il quadro normativo, ma con una strategia che tocca ora alla politica definire

Pubblicato il 13 Dic 2018

Andrea Rangone, fondatore e presidente di Digital360

Giovedì 13 dicembre si è tenuto a Roma il 360 Summit “5G, l’Italia sarà leader?”, evento sulle telecomunicazioni in Italia durante il quale Digital360 Group ha messo a confronto operatori Telco, esponenti della politica e delle istituzioni, fornitori di tecnologia, di servizi e di soluzioni digitali per approfondire uno dei temi cruciali per il futuro delle telecomunicazioni nel nostro Paese. Ecco il punto di vista di Andrea Rangone, CEO di Digital360 Group.

È stato un anno il 2018 speciale per le telecomunicazioni italiane, a momenti travagliato, tra pesanti eredità del passato e forte spinta verso il futuro. Anche nelle ultime settimane il tema delle infrastrutture di comunicazione del Paese è tornata al centro del dibattito economico e politico ed è stata il tema del 360 Digital Summit 5G di metà dicembre a Roma. Ecco alcuni punti che ritengo fondamentali per comprendere lo stato delle telecomunicazioni in Italia.

Primo. Non può essere considerato come un “qualsiasi” settore regolamentato. È’ fondamentale coglierne la sua “unicità” nell’attuale contesto storico: gestisce l’infrastruttura in assoluto più strategica per un paese nel ventunesimo secolo, quella che abilita la quarta rivoluzione industriale, basata sul digitale pervasivo, l’internet delle cose, l’intelligenza artificiale, i big data, il cloud, la blockchain. Pensiamo alle rivoluzioni industriali precedenti e alle relative infrastrutture abilitanti, quali ad esempio la rete elettrica o la rete ferroviaria: quante attenzioni specifiche hanno avuto nel periodo storico di riferimento?

Secondo. I prezzi nel settore delle telecomunicazioni hanno subito una fortissima contrazione – pari ad oltre il 40% negli ultimi 16 anni[1] – dovuta sia ad una eccessiva pressione regolatoria sia ad una assurda guerra di prezzo tra gli operatori sul mercato (mentre i prezzi degli altri servizi di utilità sono cresciuti). Questo ha determinato una forte riduzione dei ricavi, pari a circa il 30% nell’ultimo decennio[2]. Nello stesso periodo gli operatori Telco hanno però continuato ad investire per il rinnovo delle reti e gli effetti di questi investimenti si sono visti chiaramente: le coperture della rete fissa larga >30 Mbps e della rete LTE hanno raggiunto oramai in Italia quelle dei Paesi europei più avanzati. La contrazione dei ricavi, da una parte, e i continui investimenti, dall’altra, hanno inciso notevolmente sulla generazione di cassa netta – misurata dalla differenza tra Ebitda e Capex – che si è ridotta del 70% negli ultimi 10 anni[3]. Questo non è solo un indicatore “finanziario” ma è anche un indicatore della salute di un settore, della sua possibilità di dare valore a tutti gli stakeholeder, della sua capacità di investire nel futuro, di innovare. Una contrazione così forte pone dubbi sulla sostenibilità stessa di un comparto così strategico per il nostro futuro.

Terzo. In parallelo a queste dinamiche che hanno caratterizzato il settore delle telecomunicazioni, sono cresciuti enormemente tutti i mercati dei nuovi servizi digitali abilitati dalle reti di telecomunicazione (ecommerce, internet advertising, cloud, ecc.). Questi mercati sono stati fino ad oggi ad appannaggio degli over-the-top, che infatti hanno visto crescere notevolmente in questi anni i loro fatturati e i loro margini. Le Telco hanno invece stentato a trovare un ruolo realmente rilevante in questi nuovi mercati, culturalmente molto lontani dal loro dna.

In questo scenario, il 2018 è stato un anno che ha messo alla luce in modo ancor più eclatante queste contraddizioni:

  • è ritornata impietosa la guerra di prezzi, soprattutto nel comparto mobile, indotta in primis dall’ingresso dei nuovi operatori low cost;
  • si è chiusa la gara sulle frequenze 5G, con un esborso da parte degli operatori molto rilevante, ben più alto di quello che è avvenuto in altri paesi;
  • sono uscite molte analisi sui nuovi mercati digitali aperti o potenziati dalla rete 5G, enfatizzando ancora di più il rischio di un dualismo economico, tra gli operatori che investono per la nuova infrastruttura e le altre imprese che ne colgono i benefici.

Basta! Così non si può continuare: io penso che occorra un cambiamento importante di direzione, che tocchi alcune regole del gioco del settore, quali ad esempio quelle relative alla net neutrality, alla separazione della rete, alla condivisione degli investimenti in nuove reti, al pricing dei servizi e alle condizioni per l’ingresso sul mercato di nuovi operatori. Sono tutti temi “critici” che toccano interessi importanti ma su cui occorre avviare una profonda e attenta riflessione, in particolare a livello politico e regolatorio.

[1] Osservatorio sulle comunicazioni, terzo trimestre 2018.

[2] Rapporto sulla filiera delle Telecomunicazioni in Italia, 2018, Asstel e Osservatori Digital Innovation Politecnico di Milano.

[3] Rapporto sulla filiera delle Telecomunicazioni in Italia, 2018, Asstel e Osservatori Digital Innovation Politecnico di Milano.

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Andrea Rangone, presidente Digital360
Andrea Rangone, presidente Digital360

Da oltre due decenni attento osservatore e analista delle tecnologie digitali e dei processi di trasformazione digitale, è co-founder degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano e del gruppo Digital360

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